A Catania la preparazione dell’attentato a Mattei

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Era diventato un pericolo per le “grandi Compagnie petrolifere internazionali” 

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Nel corso degli anni “La Voce dell’Isola” ha proposto la vicenda oscura della fine di Mattei: ne riparliamo anche in questo numero per l’attualità dell’argomento, per gli avvenimenti che stanno coinvolgendo la Sicilia con la questione degli immigrati provenienti dai Paesi in rivolta e, soprattutto, per la questione “petrolio” che vede e vedrà sempre maggiormente la nostra Isola come territorio di conquista.

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L’aeroporto di Catania Fontanarossa “Filippo Eredia”è stato al centro di fatti misteriosi in più circostanze, il’episodio più inquietante quello che riguarda la fine del presidente dell’Eni, Enrico Mattei. È da Catania, infatti, che decolla l’aereo con a bordo l’uomo politico e “imprenditore” dello Stato più discusso e più temuto del dopoguerra.

Bascapè, in provincia di Pavia, a dodici chilometri dall’aeroporto di Milano-Linate, 27 ottobre 1962: è sabato e nella pianura cade insistente la pioggia. Poco prima delle ore 19 un contadino (Mario Ronchi, 41 anni) cena all’interno del suo cascinale di Londriano quando sente un “rumore fortissimo”. Si affaccia a guardare fuori: «Ci sono rimasto con una paura tremenda. Il cielo era rosso e bruciava come un grande falò, e le fiammelle scendevano tutt’intorno. Sulle prime ho pensato ad un incendio, poi ho capito che doveva trattarsi di un aeroplano. Si era incendiato e i pezzi stavano cadendo sui prati, sotto l’acqua…».

Ciò che aveva visto il contadino è stata la conseguenza di una esplosione, quella di un aereo: il “Morane Saulnier”, sigla “I Snap”dell’Eni con a bordo il presidente dell’ente Enrico Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzi ed il giornalista americano William Mac Hale, capo della redazione romana di “Time”e “Life”.

Il velivolo, un bireattore executive, era esploso in volo a pochi chilometri dall’aeroporto di Linate, dove doveva atterrare. L’aereo di Mattei era precipitato a pezzi in un campo dietro un filare di pioppi, a pochi metri da una roggia, scavando una buca enorme dove a malapena si intravedeva uno spezzone di coda del velivolo. Intorno, i rottami sparsi in mille pezzi, frammisti a brandelli di carne, per un raggio di trecento metri.

Il velivolo della flotta privata dell’Eni era decollato dall’aeroporto di Catania Fontanarossa, diretto a Milano, alle 16,57. Mattei aveva trascorso l’ultima mattinata della sua vita a Gagliano Castelferrato, fra festeggiamenti, discorsi e molte speranze: a poca distanza dal paese era stato trovato il metano e con il metano erano nate le polemiche e le speculazioni. II paese era in agitazione, così come gli ambienti qualificati dell’Isola. Mattei, quel giorno, si è recato appositamente a Gagliano perché vuole calmare le acque, vuol tranquillizzare la piccola comunità. Questo è quanto hanno sostenuto “dopo”le fonti ufficiali sull’improvviso viaggio del presidente dell’Eni in Sicilia, ma, probabilmente – e le ipotesi sono svariate – i reali motivi consistevano in una serie di incontri con personaggi isolani e forse stranieri.

Mattei, quel 27 ottobre del 1962, tiene un discorso dal balcone del Circolo degli Operai, che dà sulla piazza principale del paese. Parla, in quella circostanza, anche il presidente della Regione, D’Angelo, e le sue parole assumono il tono della profezia: «Mattei – dice – porta un carico sulle spalle di tanta responsabilità, di tanto impegno, che non gli consente mai di dormire sonni tranquilli. Questo è un uomo che ha mezzo mondo contro di sé, e deve stare molto attento. Noi possiamo sbagliare e rimediare. Lui se sbaglia una volta è perduto per sempre».

Mattei era stato in Sicilia alcuni giorni prima, e quel viaggio appare, nelle sue connotazioni, ben strano per un uomo occupato in affari internazionali che richiedevano sempre la sua presenza fisica.

Perché avrebbero dovuto uccidere Mattei, e chi era quest’uomo che era diventato un pericolo per le “grandi Compagnie petrolifere internazionali”?

Numerose le pubblicazioni e gli articoli su quotidiani e riviste, nazionali ed esteri, hanno cercato di dare risposte a questi due – apparentemente semplici – interrogativi, ma senza pervenire a spiegazioni definitive. Quel che sembra assodato, e pur tuttavia mai provato, è che la preparazione dell’attentato a Enrico Mattei (il sabotaggio, cioè, dell’aereo), avvenne mentre il “Morane Saulnier”era posteggiato in un’area prospiciente la piccola aerostazione di Fontanarossa.

Salvo Barbagallo

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