Sicilia come la Scozia? Torna la voglia d’Indipendenza

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tretreDi Salvo Barbagallo

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Si registrano in Sicilia fermenti più o meno sotterranei, più o meno appariscenti di un ritorno a un passato che difficilmente può ripetersi. Un passato che a metà degli Anni Quaranta infiammò la Sicilia e che la Sicilia stava trasformando in una Terra indipendente, staccata dall’Italia, con un suo Governo che avrebbe autoderminato il futuro dell’Isola. Quella spinta spontanea e popolare, a conti fatti e come una larga documentazione ha potuto dimostrare, era però “pilotata” da grandi potenze, come Gran Bretagna e Stati Uniti d’America, e quando le Grandi potenze, a conclusione del secondo conflitto mondiale, raggiunsero precisi accordi di spartizione delle aree d’influenza, quella spinta venne soffocata e si esaurì quando venne “concessa” alla regione l’Autonomia Speciale, prima ancora che l’Italia divenisse una Repubblica.

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Episodi oscuri hanno caratterizzato quegli anni, italiani contro Siciliani, Siciliani contro Siciliani, una lotta spietata che aveva come posta in gioco la gestione del territorio con tutto ciò che già allora rappresentava. Decine e decine di morti costellarono quella guerra nella guerra più grande: ribellioni e rivolte, forze dell’ordine di quella “nuova” Italia ancora non definita, che massacravano quanti protestavano per la lunga fame, per la lunga oppressione subita, prima a seguito dell’occupazione nazifascista, poi a seguito di quella angloamericana. La “concessione” dello Statuto Speciale – un vero “patto” tra il nascente Stato italiano e la Sicilia, o meglio un compromesso imposto – placò gli animi e i Siciliani sperarono che le cose cambiassero, ma la strumentalizzazione dell’Indipendentismo si protrasse sino al 1950, quando venne eliminato dalla scena, perché non più utile, il bandito Salvatore Giuliano.

Una storia raccontata in tanti modi, a seconda della convenienza o dei punti di vista politici, alla fine cancellata perché scomoda a tutti, o a quasi a tutti.

In momenti particolari, in momenti di crisi totale o parziale del Paese, a seconda anche dei molti e variegati interessi che ruotano nell’area del Mediterraneo – interessi politici, economici, militari – ecco che riaffiora lo “spettro” dell’Indipendenza della Sicilia che nasce sempre spontaneo, ma c’è sempre lì, dietro l’angolo, chi sa cogliere la possibilità di sfruttarlo, di strumentalizzarlo: c’è sempre chi si avvede dell’enorme potenziale di questo strumento che si chiama “Indipendenza”. Uno “strumento” che può servire per raggiungere gli obbiettivi più disparati a seconda di chi lo ha in mano. E’ una storia che si ripete ciclicamente, con pedissequa regolarità, con scadenze fisse – ad ogni trent’anni – che aprono parentesi di speranza in chi crede veramente nell’idea di una Sicilia indipendente, ma che aprono contemporaneamente impensabili scenari di profitto a chi agisce per opportunismi dell’ultima ora, a chi non ha prospettive concrete e razionali di giusto cambiamento e spera solo di ricavarne qualcosa da un eventuale mutamento temporaneo.

A svantaggio di quanti stanno ipotizzando di operare in questo senso, ci sono i tempi e i mezzi che sono diversi: siamo nel Terzo Millennio e, volente o nolente, l’informazione non corre più solo attraverso le rotative dei giornali e non è più stretta solo dagli schemi fissi dei mass media che hanno imposto false verità per decenni e decenni. Oggi c’è anche una informazione che può considerarsi libera, sebbene non sia forte e adeguata, e sebbene possa essere a volte di parte. Una informazione alternativa c’è, basta cercarla.

La vera incognita per politici e politicanti e per quanti sulla carta progettano pseudo iniziative secessionistiche è costituita dai giovani, forse non molti ora come ora, che oltre a cercare lavoro, cercano anche “conoscenza” di ciò che è stato un passato a loro negato e che vogliono costruire un futuro non dominato dai soliti noti e ignoti che li rappresentano nelle istituzioni senza avere avuto da loro un mandato. Questi giovani vorrebbero conoscere cosa fu veramente l’Indipendentismo siciliano, quello che prese vita negli anni turbolenti della seconda guerra mondiale, vorrebbero conoscerne la “Storia”. Ma questa “Storia”, purtroppo, non si insegna nelle scuole e gli storici di professione abitualmente non la trattano. Questi giovani vorrebbero conoscere le ragioni che portarono – negli anni 1943-45 quando i partiti maggiori contavano poche migliaia di iscritti – oltre cinquecentomila siciliani ad aderire  al MIS, Movimento per l’Indipendenza Siciliana: quelle ragioni che spinsero migliaia e migliaia di siciliani a chiedere l’indipendenza della loro Terra non sono mai state affrontate. Sanno soltanto che lo Stato Italiano appena risorto dalle macerie della guerra, si vide costretto a concedere alla Sicilia l’Autonomia e hanno finito con il credere che quella fu una “conquista”. Conquista non fu: la Sicilia se  a tutt’oggi è una Regione a Statuto Speciale è vero lo deve a quelle spinte indipendentiste che costarono la vita a diversi fautori della separazione dell’Isola dall’Italia, ma lo Statuto non è mai stato applicato da chi ha governato la Regione. Il sacrificio di tanti personaggi come Antonio Canepa e decine di sconosciuti caduti sotto il piombo dell’esercito sabaudo nelle sommosse popolari di quel periodo, non è mai stato riconosciuto, ma è stato scientificamente cancellato dalla memoria. L’Autonomia che poteva costituire il riscatto della Sicilia è stata disattesa e nonostante ciò la si vuole eliminare del tutto perché resta lo spauracchio che qualcuno possa tentare di applicarla.

Nel 1980 il regista Damiano Damiani realizzò per Rai Tre un documentario che non è più reperibile neppure negli archivi della Rai: “Sicilia…un sogno”. Damiano Damiani in quasi tre ore di trasmissione riportò il pensiero della gente comune, di protagonisti ancora viventi, di storici, di politici, di imprenditori. Uno spaccato della Sicilia senza precedenti che dimostrava come la richiesta dell’indipendenza della Sicilia fosse una realtà, ma che sarebbe rimasta “un sogno” perché una Sicilia veramente “libera” non fa comodo a nessuno. Da quel documentario sono trascorsi 35 anni, ma la gente di Sicilia quel “sogno” non lo ha cancellato e lo dimostrano le tante e tante associazioni sicilianiste create da giovani che hanno voglia di sapere, di conoscere le proprie radici.

Ora c’è già chi si è accorto di questo impensabile “risveglio” della coscienza giovanile e si prepara a gettare la rete per raccoglierne i frutti. Il momento si presenta propizio, le collettività sono pronte a recepire i messaggi che vengono dalla Scozia che si appresta a votare il referendum sull’indipendenza, dai messaggi che giungono dalla stessa Sardegna dove in migliaia sono scesi in piazza per protestare contro le basi militari che compromettono il territorio. Sui giovani e non certo sui politici e politicanti di vecchia e nuova data, ricade una pesante responsabilità: quella di non fare strumentalizzare la loro legittima richiesta, quella di un cambiamento radicale che può portare anche il nome di “indipendenza” che oggi equivarrebbe a un voler tagliare ogni legame con chi ha mal governato un Paese per decenni e decenni. Ai giovani il compito di fare da “sentinella” affinché non si ripetano gli errori di un passato recente e remoto.

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