In tutta Italia (molto, molto meno in Sicilia) si scatenano battaglie (politiche) sull’integrazione dei migranti nelle collettività del territorio nazionale. La “voce” che risuona più alta è quella a favore dell’integrazione. Una “voce” che andrebbe ascoltata e seguita sul piano prettamente “umanitario”, ma inevitabilmente (poiché di “umanitario” sta rimanendo ben poco nell’aria globale) in molti si chiedono quali possano essere i reali motivi di questo interesse pressante verso la povera gente (migliaia e migliaia e migliaia di persone) che ha lasciato la propria casa in cerca di un futuro migliore. Lo scandalo di “Mafia Capitale” (che sembra quasi passato nel dimenticatoio) ha messo in luce speculazioni su speculazioni nel “sistema” di “accoglienza” dei migranti e, di conseguenza, la “questione integrazione” presenta aspetti a dir poco “equivoci”.
Sulla pelle dei migranti c’è un vero e proprio business, a dirla in italiano un “giro d’affari” di grossa entità. Stando alle informazioni che giungono dall’altra sponda del Mediterraneo, in Libia sarebbero due milioni i clandestini in attesa di potersi imbarcare sui gommoni o su navigli in disuso diretti in Sicilia. Se si calcola che ogni disperato paga cifre che oscillano dai tremila ai cinquemila euro per un passaggio a rischio, già si comprende quale può essere l’utile degli scafisti spregiudicati che si prestano a simile, lucrosa attività. Dopo c’è (fortunatamente non in tutti i casi) il business dell’accoglienza.
La magistratura ha già alzato il velo su queste ignobili speculazioni, e adesso punta gli occhi su quanto è accaduto (e probabilmente) accade ancora nell’isola: due inchieste aperte sul Cara di Mineo, dalla Dda di Catania e dalla Procura di Caltagirone, partite dalla documentazione raccolta dei pm di Roma. L’anello di congiunzione tra Mafia Capitale e Sicilia è Luca Odevaine (a suo tempo vice capo del gabinetto del sindaco Walter Veltroni), nominato il 24 maggio del 2013 dirigente del Cara di Mineo ed esperto del Consorzio Terre d’Accoglienza dall’allora presidente della Provincia Regionale di Catania Giuseppe Castiglione.
Ma non è soltanto il Cara di Mineo che è sotto la lente d’ingrandimento, quanto l’intero sistema delle case di accoglienza dei migranti: in tutta la regione sono spuntate dal nulla 350 strutture. Tante, forse fin troppe e i servizi non appaiono adeguati. “Il sistema accoglienza è disorganizzato”, denuncia il sindacato di polizia Consap, che sottolinea come la situazione appare sempre più insostenibile “visto che l’emergenza immigrazione non sembra arrestarsi”.
In queste condizioni perché c’è chi si ostina a parlare di “integrazione” là dove già per la “prima” accoglienza dei migranti i problemi non mancano, ma anzi si accentuano? L’interrogativo potrebbe essere un ottimo spunto di partenza in questa direzione per chi volesse vederci veramente chiaro nell’intera “questione” dei migranti.