Di Salvo Barbagallo
Per l’ultima vicenda (pseudo) politica che ha toccato il presidente della Regione Rosario Crocetta, il termine migliore da adottare, come conclusione (?) “morale” è “caciara”. Tutta una gran “caciara” che, purtroppo, pagano i Siciliani, e solo i Siciliani.
Che la (ormai) famosa (presunta) frase pronunciata dal primario Matteo Tutino sia agli atti o non sia agli atti, come sostiene la Procura di Palermo, perde di rilevanza, pur nella sua gravità che permane. Sarà aperta un’indagine, come per le intercettazioni del Noe sul caso Renzi-Adinolfi? Possibile, ma anche questo “dettaglio”, quello di una eventuale indagine sul perché e sul per come la frase incriminata (“Va fermata, va fatta fuori come suo padre” riferita a Lucia Borsellino pronunciata da Matteo Tutino al telefono con Crocetta) sia finita sulle pagine del settimanale “L’Espresso” (è solo la nostra opinione, badiamo bene) è di secondaria rilevanza. Noi, forse un po’ troppo “superficialmente”, siamo costretti a notare che qualunque personaggio politico legato in un modo o in un’altro all’attuale governo nazionale che venga colpito direttamente o indirettamente da indagini della magistratura, alla fine viene difeso a spada tratta e continua a mantenere la sua poltrona.
Non sappiamo esprimere nel giusto modo l’indignazione che coglie gran parte della collettività poiché, purtroppo, questa indignazione si trasforma ben presto in indifferenza. Una indifferenza che, oggi come oggi, è l’unico “antidoto” che può esserci contro il malessere che si prova guardando i comportamenti di coloro che hanno in mano le sorti del Paese, i destini della collettività, nazionale o regionale che sia.
Al primo impatto dopo la diffusione della “famigerata” (e tale è) presunta frase del primario Mario Tutino e, quindi, dell’altrettanto presunto silenzio del presidente siciliano, Rosario Crocetta si è “autosospeso” (non “dimesso”!) dal suo ruolo. Ora (eeh, già…) le cose sono cambiate, ad appena poche ore di distanza. Il Procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, ha infatti affermato: “Agli atti dell’ufficio non risulta trascritta alcuna telefonata del tenore di quella pubblicata dalla stampa tra il governatore Crocetta e il dottor Matteo Tutino“. Dall’altra parte il settimanale “L’Espresso” ha confermato quanto pubblicato: “La conversazione intercettata tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il primario Matteo Tutino risale al 2013 e fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo”.
Fra qualche giorno la “caciara” si esaurirà, così come si è verificato per le altre, tante vicende che riguardano governanti e politici italiani che hanno “scandalizzato” solo per qualche giorno, per poi passare nel dimenticatoio tritatutto.
Crocetta afferma che non è legato alla “poltrona”, e tutti (o quasi) si chiedono “perché non la lascia?” dal momento che è il suo stesso partito, il PD, che lo ritiene scomodo e gli chiede di andarsene. Probabilmente scardinare Letta per Renzi è stato più facile: Crocetta (che piaccia, oppure no) è un “siciliano”! Una “categoria” a parte, quella dei politici “siciliani” che, come detto prima, qualunque cosa cada dal cielo su di loro non mollano la poltrona sulla quale stanno seduti. Può darsi che siamo in errore, ma siamo convinti che Rosario Crocetta resterà a lungo nel suo ruolo di “governatore” della Regione-Sicilia: i fatti che si verificheranno nei prossimi giorni magari dimostreranno il contrario. Se così accadrà vorrà dire che la matassa imbrogliata non è soltanto “quella” frase che si è trasformata (forse strumentalmente) in “giallo siciliano” alla Montalbano di Camilleri.