Giallo e rosso, colori di Sicilia

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di Salvo Barbagallo

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Sono il giallo e il rosso i colori della bandiera della Regione Siciliana, e sono colori che ben caratterizzano questa Terra. Giallo, come quello dei misteri, rosso come il sangue delle tante e tante vittime che per questa Terra hanno speso (invano) la loro vita.

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A guardare la sequenza degli avvenimenti che stanno caratterizzando attualmente la Sicilia, sorge spontanea la domanda: “ma quante realtà ci sono in Sicilia? Interrogativo forse posto in malo modo, perché ci si dovrebbe chiedere più opportunamente “quanti livelli di realtà ci sono in Sicilia?”. Un interrogativo dietro l’altro, il percorso delle “risposte” è tortuoso e quasi sempre conduce a un vicolo cieco. Lo stesso discorso, ovviamente, può riguardare anche l’Italia (ma la Sicilia, dove sta?), con meno “intensità”, però.

Se dovessimo limitarci a guardare l’Italia attraverso i titoli della cronaca verrebbe subito da chiedersi in che Paese viviamo: “Renzi lancia il patto con gli italiani” (ma non lo aveva fatto qualcuno prima di lui, senza alla fine rispettarlo?); “Si è impiccato nel carcere di massima sorveglianza” (ma quale sorveglianza?); “Tagli ai ministeri per abbassare le tasse” (ma chi ci crede, infatti i “tagli” sono ancora allo studio”; “Romani in tenda, casa agli immigrati”, e così via. La Sicilia, estrema periferia d’Italia, confine estremo con il caos dell’altra sponda del Mediterraneo, la Sicilia avanposto di un’Europa che non c’è. La Sicilia, come detto, presenta fin troppi livelli della realtà e tutti, in un modo o in un altro, rispecchiano una situazione che si adatta perfettamente al “giallo” e al “rosso” delle bandiere che sventolano dai pennoni del Palazzi più o meno istituzionali.

Nei vari livelli dell’odierna realtà siciliana “vittime” e “carnefici” si mescolano in un cocktail ambiguo nel quale non si riconoscono i sapori, provocando una inevitabile confusione. Anche la “confusione” è una realtà, solo che appare talmente pilotata che si potrebbe credere il contrario. Certo, la Sicilia è la Terra di Pirandello, quanti, però, fuori dall’Isola hanno appreso e fatta propria la lezione dello scrittore siciliano?

I professionisti dell’antimafia hanno operato così bene che oggi nessuno più crede all’antimafia: un ottimo risultato, no? Allora, o si è “autodidatti” nella lotta al male, oppure è meglio non affidarsi a nessuno, considerato che il termine “mafia” da tempo non rappresenta adeguatamente il livello della realtà del malcostume, dell’accaparramento, della corruzione, del latrocinio non-stop operato non dai delinquenti tradizionali, ma dai delinquenti dai colletti bianchi.

La Sicilia Terra di “pupi” e di “pupari”? Di “pupi” probabilmente, di “pupari” non tanto perché i veri “pupari” stanno fuori e se vengono nell’Isola lo fanno solo per prendersi una vacanza.

Il presidente della Regione Siciliana non si dimette? Lo avevamo ampiamente previsto, ma non è perché lui si ritiene un combattente: è perché forse è sicuro di poter mantenere ancora la sua poltrona, almeno fino a quando quei poteri forti ai quali fa riferimento conviene. Rosario Crocetta conosce i poteri forti che cita a difesa del suo ruolo? Se li conosce dovrebbe fare nome e cognome e denunciarli apertamente e ciò in nome di quel contrasto anti mafia che ha sempre sostenuto di mettere in atto. Per quel che è apparso, da questi poteri forti tutto sommato non è stato ostacolato prima che esplodesse lo scandalo  (della vera o presunta) telefonata con Matteo Tutino: ha tirato avanti come ha voluto. Affermare che ora sono i poteri forti che lo vogliono abbattere appare un po’ fuori da un reale livello di realtà. Forse è più semplice ipotizzare, a conclusione di un iter presidenziale regionale, che Crocetta venga ritenuto elemento non gradito (si dice “scomodo”) in uno scenario che deve necessariamente registrare avvicendamenti di personale attivo nelle prossime partite (pseudo) politiche che si devono giocare in Sicilia. Rosario Crocetta, dunque, una vittima? Rimanendo nel campo delle ipotesi, potrebbe essere soltanto una pedina (magari inconsapevole) come un’altra che si può togliere e sostituire per favorire (o predisporre) una nuova partita (quale?) che si dovrà giocare in Sicilia.

Il tavolo resta giallo e rosso.

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