di Salvo Barbagallo
Cosa accade in Italia lo apprendiamo perché i mass media ci inondano di messaggi, ma di quanto si verifica in Sicilia di veramente importante ne veniamo a conoscenza spesso in ritardo e quasi mai dalla stampa locale. Un esempio potrebbe essere quello degli scandalosi malaffari del centro d’accoglienza profughi Cara di Mineo, denunciati e portati alla luce da “Il Fatto quotidiano” e non da un giornale regionale. Un esempio, ma anche a fronte di altre questioni delicate che riguardano la Sicilia, i Siciliani spesso e volentieri sono tenuti all’oscuro: non ne parla chi governa la Regione, raramente si apprendono eventi importanti, riferiti però in maniera superficiale, come cronaca spicciola. Ora vogliamo riferirci a quello che – a nostro avviso – dovrebbe essere preso come un “caso” emblematico di mancata (ma dovuta) informazione che si sta consumando in questi giorni e fino novembre: l’operazione aero-navale-terrestre “Trident Juncture 2015” definita dagli stessi soggetti interessati la più grande esercitazione Nato nel Mediterraneo dalla fine della guerra fredda. Ebbene, di questa esercitazione che vede impiegati solo in Sicilia circa 6mila militari (3mila dei quali giunti in Europa direttamente dagli Stati Uniti), 200 tra cacciabombardieri, aerei-spia e grandi velivoli e una sessantina di unità navali di superficie e sottomarini che ruotano attorno allo scalo aereo di Trapani-Birgi (e anche altrove?) le nostre cosiddette “autorità” non hanno informato (per quel che ci risulta) le collettività del territorio, ignare (o quasi) di quanto sta accadendo nell’area marittima e terrestre dell’Isola. Tutto ciò è da considerare “normale”? E’ comprensibile che le notizie che si riesce a raccogliere possono essere incomplete o distorte, ma chi dovrebbe fornire i dovuti ragguagli tace, Ministero Difesa italiano in testa, a seguire le Autorità locali. Allora? Tutto ciò è da considerare “normale”?
In realtà non c’è da stupirsi. Sulla progressiva e sempre più pericolosa militarizzazione straniera della Sicilia, da parte del Governo regionale e da parte dei governi locali del territorio c’è stato (e permane) un compiacente (oscuro, inquietante e complice) silenzio da decenni e decenni, sin dall’inizio degli Anni Cinquanta, da quando, cioè, iniziò, da parte degli Stati Uniti d’America, la costruzione dell’autonoma base di Sigonella, in origine Naval Air Facility (NAF), oggi Naval Air Station (NAS) della Marina USA. Poi con i supporti nella base di Augusta, quindi a Niscemi (dal 1991), venuta alla ribalta con la costruzione del MUOS.
Tanto per tenerle in mente (ed elenchiamo solo ciò che è noto e non secretato) questa la costellazione militare USA in Sicilia:
- Sigonella.
- Motta S. Anastasia [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
- Caltagirone [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
- Vizzini [Ct]. Diversi depositi Usa.
- Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell’Usaf.
- Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni Usa e Nato.
- Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
- Augusta [Sr]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni.
- Monte Lauro [Sr]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
- Centuripe [En]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
- Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us Navy ], ora anche con il MUOS,
- Trapani. Base Usaf con copertura Nato.
- Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar.
Abbiamo elencato installazioni conosciute, ma c’è chi afferma che altre basi non note sono sparse per il territorio isolano. A prescindere di ciò che è verificabile e ciò che non è verificabile, la questione più eclatante (è nostra opinione radicata) riguarda gli accordi bilaterali Italia-USA che hanno violato (e non semplicemente “disatteso”) il Trattato di pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 (dall’Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste (URSS) insieme a Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, Stati Uniti d’America (USA), Cina, Francia, Australia, Belgio, Repubblica Sovietica Socialista di Bielorussia, Brasile, Canada, Cecoslovacchia, Etiopia, Grecia, India, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Polonia, Repubblica Sovietica Socialista d’Ucraina, Unione del Sud Africa, Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia), Trattato che all’articolo 50, comma 4, stabilisce in maniera chiara “In Sicilia e Sardegna è vietato all’Italia di costruire alcuna installazione o fortificazione navale, militare o per l’aeronautica militare, fatta eccezione per quelle opere destinate agli alloggiamenti di quelle forze di sicurezza, che fossero necessarie per compiti d’ordine interno”.
Ci siamo sempre meravigliati come nessun Paese firmatario di questo Trattato abbia mai fatto attenzione a quanto sottoscritto e non abbia reagito adeguatamente, neppure l’URSS in tempo di “guerra fredda”. Ovviamente non parliamo di possibili reazioni da parte dell’Italia o degli USA che proprio hanno “disatteso” una norma sancita a livello internazionale.
Ma tant’è, la militarizzazione è proseguita negli anni (quasi un’escalation) e prosegue.
E’ risaputo che l’installazione di Sigonella è considerata dagli esperti non solo la più avanzata del sistema difensivo statunitense a sud dell’area euro-mediterranea, ma quella con più capacità operative. Lo stanziamento stabile dei Global Hawks (i velivoli senza pilota, fortemente armati) ormai da qualche anno a questa parte, rende la base siciliana temibile a prescindere da tutte le altre componenti belliche ivi residenti da tempo. C’è chi sostiene che lavori segreti in corso intorno a Sigonella (da Lentini a Gerbini) facciano presupporre la presenza in atto (?) o in un imminente futuro (?) di ordigni nucleari. Ovviamente essendo informazioni militari segrete nessuno ne parla, né le competenti autorità, né (?) i mass media. Già è più che pericoloso quanto è noto. E quel che è conosciuto è che sono 12 le basi aeree che, dislocate in 7 Paesi, sono in grado di ospitare armamenti atomici sotto il controllo degli Stati Uniti d’America. Nel 2005 le testate nucleari ivi presenti ammontavano a 480 unità. I dettagli del Programma di Accordi sul dispiegamento nucleare della NATO – come detto – sono segreti. Le bombe sono gestite attraverso un Sistema di Sicurezza per l’Immagazzinamento degli Armamenti, ideato durante la Guerra Fredda, che prevedeva di collocare le testate nucleari, insieme ad armi convenzionali, in rifugi sotterranei con apertura a tempo. Tali rifugi sono stati costruiti a partire dal 1987 al di sotto della superficie degli hangar che ospitano i velivoli che possono trasportare le testate stesse. In alcune basi, la custodia e manutenzione degli ordigni è affidata ai cosiddetti Munitions Support Squadron (MUNSS), a ciascuno dei quali sono approssimativamente assegnate 150 unità di personale. Per quanto riguarda l’Italia in più occasioni la stampa ha sostenuto che Aviano– sede di F-16 statunitensi – possiede 18 rifugi e 50 testate nucleari. La presunta presenza a Sigonella di un Munitions Support Squadron, unitamente a questi presunti lavori nelle aree di competenza, sta facendo ipotizzare che ora anche in Sicilia verranno “depositate” bombe atomiche.
In un recente articolo, Antonio Mazzeo riporta alcuni dati che dovrebbero far riflettere: il 2 febbraio scorso, il Dipartimento della difesa USA ha chiesto al Congresso l’autorizzazione per l’anno fiscale 2016 a spendere 102.943.000 dollari per costruire nella base siciliana di Sigonella gli hangar e una serie di infrastrutture di supporto per i nuovi velivoli senza pilota e gli aerei da guerra. Il prossimo anno saranno stanziati invece 54.530.000 dollari per avviare i lavori di una Stazione di telecomunicazione e, tra il 2017 e il 2019, saranno richiesti per Sigonella “investimenti aggiuntivi” per 236.366.000 dollari.
Montagne di dollari spesi in installazioni militari fisse in Sicilia dovrebbero porre i governanti la nostra Regione nelle condizioni di chiedere “conto e ragione” al governo centrale; dovrebbero chiedere come e perché si è voluta trasformare la Sicilia da ‘Terra di Pace’ in Terra di guerra; dovrebbero chiedere il perché gli USA si sono impadroniti di una Terra non loro per farne un uso bellico. Dovrebbero chiedere tante e tante altre cose. Ma il presidente Rosario Crocetta, il suo governo, l’intera classe politica siciliana attuale e passata tacciono in merito a questioni di questo genere. Quel che dovrebbe allarmare è anche il silenzio pesante del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che Siciliano è, e che sembra ignorare quanto accade nella sua Terra. Per tutti loro non possono esserci alibi di sorta.
Che ci siano o ci saranno armi nucleari in Sicilia sembra un volersi prendere in giro: certi mezzi aerei statunitensi a Sigonella anche se solo in transito li trasportano; i mezzi subacquei (i sottomarini, nucleari e no), anche se solo in transito ad Augusta, li trasportano già. Cosa andiamo domandando, allora?
Forse vorremmo conoscere semplicemente e senza essere presi per i fondelli (è il meno che possa pretendere la nostra collettività isolana), quale è il destino riservato alla Sicilia.