Di Salvo Barbagallo
Paese un po’ “strano” L’Italia: si chiede il Nobel per Lampedusa, dimenticando che l’accoglienza è un fatto umanitario “spontaneo” che non è mai andato e non va in cerca di “riconoscimenti”, e nello stesso tempo si lasciano irrisolti i problemi. Lampedusa è “ritornata” alla ribalta grazie al film Gianfranco Rosi “Fuocoammare” che si è guadagnato un giusto Orso d’Oro, ma contemporaneamente ci si ritrova al non stop del flusso dei profughi del quale si parla poco e dei quali non si conosce il loro destino: meno di 24 ore fa 242 giovani provenienti da Mali, Guinea Conakry, Costa d’Avorio, Senegal, Camerun e Ghana sono approdati a Lampedusa, mentre complessivamente sempre nelle ultime ore sono stati 599 i profughi soccorsi tra sabato e domenica dai pattugliatori Bettica e Cigala Fulgosi della Marina Militare durante il pattugliamento del Canale di Sicilia nell’ambito delle operazioni Mare sicuro. Rimarranno nei centri di accoglienza in Sicilia o saranno trasferiti altrove? Non è il momento di discutere su questo interrogativo: il premier Matteo Renzi ha festeggiato i suoi “primi” anni di governo ed ha a che fare con la legge sulle unioni civili e su come deve fare il paladino di una Europa che di unito, oggi come oggi, ha ben poco, cercando di imporre il proprio acuto “pensiero”.
I fuggitivi (la parola “migranti” è stata eliminata dal dizionario dei mass media) trovano nuove mura e nuove incomprensioni, la questione della loro integrazione è lontana anni luce, considerando che non è stato risolto a livello europeo il problema dell’accoglienza. Indubbiamente il bel film di Gianfranco Rosi ha portato un certo “tipo” di attenzione su quanto accade nel Mediterraneo e nelle isole che si bagnano in questo mare, ma è certo che il problema non si risolve nelle sale cinematografiche. Resta una nuova, ennesima denuncia o, meglio, una forte testimonianza.
A fronte di questa situazione le previsioni a breve termine: nel 2016 gli arrivi dei fuggitivi dall’Africa occidentale potrebbero aumentare del 40 per cento. È quanto emerso dall’ultimo rapporto Frontex. Una situazione, pertanto, che diverrà ancora più insostenibile e che, inevitabilmente, provocherà ulteriori contrasti fra i Paesi d’Europa sulla metodologia d’accoglienza da adottare.
A fronte di questo stato di cose, un dato che sta passando (quasi) inosservato: il “record” della Sicilia per le opere pubbliche incompiute. Da una indagine del Codacons emerge che la regione che “vanta” 215 infrastrutture non portate a compimento (su 868 in tutta Italia) è proprio la Sicilia! Si tratta di ponti, strade, dighe e infrastrutture di interesse primario, iniziate e mai portate a termine. La notizia si presta a qualsiasi commento, sicuramente non positivo, ma a chi governa la Sicilia poco importa, a quel che sembra: nessuna reazione, infatti, a una denuncia così appariscente e importante.
E purtroppo si è consapevoli che le “incompiute” non riguardano solo strade e ponti, ma soprattutto le “promesse” di un cambiamento che in Sicilia non c’è stato e che non si intravede, come lo sviluppo e l’occupazione, trasformati in sottosviluppo e disoccupazione. Di tutto ciò Matteo Renzi non parla. Non c’è da meravigliarsi: tanto, non ne parlano neanche autorevoli personaggi Siciliani che rivestono ruoli di primo piano nella vita del Paese Italia e che, se agissero come dovuto, potrebbero fare la “differenza”!…