di Tania Dipietro
A poche settimane dagli angosciosi avvenimenti di Sciacca prima e Licata successivamente, mentre i volontari ed il mondo animalista tutto non ha ancora terminato la conta delle proprie vittime decedute in seguito ad avvelenamento, appare sempre più urgente la necessità di un’incisiva risposta politica. Quella che agli occhi del resto del mondo potrebbe sembrare una nuova emergenza, per via del numero inaccettabile di animali deceduti, è in realtà una piaga del nostro territorio da sempre nota e che periodicamente si ripete sebbene finora non si era assistito ad uccisioni su così vasta scala. Solo a Sciacca sono 27 i decessi noti in contrada Muciare, 14 a Licata in contrada Cannavecchia mentre numerosi risultano ancora i cani che mancano all’appello. Altri casi si riscontrano sui Paesi Etnei in provincia di Catania ma anche nel siracusano, a Canicattì, Palermo ed in tutta la Sicilia: cifre che sembrano ricordare, solo nell’ultimo periodo, un bollettino di guerra. Dura l’accusa delle associazioni animaliste “Ad uccidere i randagi è stato l’Assenteismo delle Istituzioni”, dopo quasi 18 anni dalla promulgazione della legge regionale 15/2000 innegabilmente si deve prendere atto del fatto che la stessa non è mai stata applicata correttamente.
Con queste premesse il nuovo governatore della regione Sicilia, Nello Musumeci, ha convocato lo scorso 27 Febbraio all’Ars di Palermo alcune tra le più rappresentative Onlus animaliste siciliane. Sebbene tale convocazione fosse stata auspicata già da tempo dal governatore che, durante la sua candidatura ha firmato alcuni protocolli d’intesa proprio con le stesse organizzazioni, i recenti ed infausti avvenimenti ne hanno anticipato lo svolgimento.
L’incontro (di carattere meramente consultivo) è stato aperto da Musumeci chiarendo subito che in tale sede non si sarebbe discusso sull’individuazione dei colpevoli degli avvelenamenti agrigentini, per i quali la Procura ha già avviato apposite indagini, bensì delle azioni necessarie da intraprendere per migliorare il benessere animale in una regione perennemente in “emergenza randagismo”.
Presenti al tavolo del governatore anche medici e dirigenti delle varie Asp veterinarie nonché l’assessore della Salute Ruggero Razza.
La domanda posta dal governatore al pubblico convocato ha preso in considerazione proprio la legge 15/2000, nello specifico è stato chiesto ai presenti se la stessa andasse ancora bene così come promulgata quasi 2 decenni fa o se fosse oggi necessario modificarla. La risposta pervenuta è stata quasi unanime, l’attuale normativa è stata considerata tutt’oggi valida sebbene suscettibile di qualche revisione mentre il problema principale è stato individuato nella sua mancata o tutt’al più parziale applicazione. È stata sottolineata anche la necessità di procedere con massicce sterilizzazioni dei randagi, incentivare l’iscrizione degli animali all’anagrafe canina e censire la loro presenza sul territorio. Per quanto concerne invece l’assenteismo di cui vengono accusate le Istituzioni nella lotta al randagismo, a lanciare un messaggio positivo è stato l’assessore Razza che si è reso disponibile ad inviare alle Asp siciliane ed ai gestori di canili e rifugi un invito a collaborare con le associazioni animaliste e a seguire la normativa vigente.
In conclusione il governatore ha preso in consegna alcuni progetti e suggerimenti cartacei forniti dagli invitati, assumendosi l’impegno di visionarli e ridiscuterne nei prossimi incontri che sicuramente succederanno a questa prima convocazione a Palazzo D’Orleans.
Il messaggio trasmesso è stato chiaro, Musumeci ha sottolineato di non essere purtroppo in possesso di una bacchetta magica per risolvere il problema randagismo ma ha prospettato la possibilità di raggiungere tale obiettivo nell’arco di circa un paio d’anni nell’ipotesi in cui tutti i soggetti coinvolti (dagli enti pubblici ai volontari che operano in prima linea sul territorio) inizino a lavorare duramente e soprattutto collaborando insieme.