Le divergenze tra FBI e CIA e le “spaccature” all’interno del Club Bilderberg
Dove portano i conflitti all’interno dell’establishment statunitense?
E sembrerebbe che di guerre interne ed internazionali ve ne siano molte in atto ed il puzzle si arricchisce di elementi sempre nuovi che aiutano a capire meglio il contesto complessivo. Partiamo da un discorso generale per giungere poi al particolare. Sempre di più appare evidente come il primo conflitto sia all’interno dell’establishment U.S.A.. Per semplificare, da un lato il gruppo di potere che ha espresso Barack Obama, forte tra Boston, Chicago e dintorni, pare vicino all’FBI e dall’altro il gruppo di potere più tradizionale, i cosìdetti neocon, Rockfeller, Dick Cheney, Bush padre, Kissinger etc., pare più vicini alla CIA. Del resto, non è proprio Barack Obama che non perde occasione per conclamare la sua vicinanza con l’F.B.I., mentre non fa altro che criticare la C.I.A.? Un motivo ci deve pure essere, oltre alla naturale simpatia per una sigla invece di un’altra. Potrebbe essere vero quanto si vocifera circa una spaccatura in quello che viene denominato “Club Bilderberg”, una specie di super Gruppo per il controllo del mondo, un pò quello che, alla fine dell’Ottocento poteva essere il così detto “Gruppo di Dresda” che, tra le varie iniziative, ha elaborato e promosso prodotti quali il comunismo, il fascismo, il nazismo, la prima e la seconda guerra mondiale e poi il nuovo ordine mondiale da Yalta in giù e che oggi si da molto da fare in zone cruciali del pianeta, soprattutto ricche di energia ed interessate ad arsenali più o meno sofisticati. Che i gruppi in contrasto siano due e che le evocazioni storiche a conferma dello steccato sono state evidenziate nelle ultime elezioni americane nello Stato del Massachusetts, dove il candidato di Barack Obama, che ha perso le elezioni, si è trovato contro un candidato repubblicano, giovane ed agguerrito, è un fatto. Infatti, il candidato repubblicano ha impostato tutta la sua campagna elettorale sul recupero del “tea party”, evocando così la resistenza che nel 1776 i coloni americani, con base a Philadelphia e dintorni, hanno opposto agli inglesi con base a Boston e dintorni, per la tassa sul tè che gli inglesi avevano appena imposto. Certo, rispolverare oggi questa tradizione storica ha sicuramente un significato simbolico. Forse per semplificare, vedere da una parte un partito in qualche modo legato ad interessi “inglesi” e, dall’altro, i veri interessi dei veri americani, nati dalla Rivoluzione contro gli Inglesi, un messaggio deve pur averlo. Questa riscoperta dello spirito della Rivoluzione americana, nata dalla cacciata degli inglesi, probabilmente contiene il messaggio subliminale che Barack Obama si identifica con interessi del New Commonwealth e che le indiscrezioni circa insoliti, per quantità, finanziamenti esteri piovuti per la sua campagna elettorale forse potrebbero avere un qualche fondamento. Ricordate circa un anno fa la prima tappa europea del viaggio postelettorale di Barack Obama? Non era forse Londra dalla Regina d’Inghilterra che, pochi giorni prima, aveva conferito una prestigiosa onorificenza al sen. Edward Kennedy, bostoniano e tra i principali sponsor elettorali di Barack Obama? Almeno in questo caso non dovrebbe valere la massima legale “in dubio pro reo”. Proviamo a buttare lì una previsione di fantapolitica. Siamo tutti angosciati dal così detto “incidente” alla piattaforma petrolifera della BP ( British Petroleum) nel Golfo del Messico. Un caso? Forse. Ma se non si trattasse di caso, ma di sabotaggio, l’intento contro Obama potrebbe avere il duplice risultato di mettere in crisi la politica ambientalista di Obama e, quindi, la sua “etichetta verde”, ovvero il risultato di rendere conflittuali i rapporti tra Barack Obama e gli interessi inglesi, tagliandogli un probabile ancoraggio. Basta aspettare per vedere le effettive conseguenze di tale previsione, allo stato fantapolitica ma, forse col tempo, non così estemporane come adesso appare. Basta vigilare per capire! Andiamo ad un altro elemento concernente macrocategorie per avere ulteriori conferme della spaccatura di cui sopra e per capire meglio di chi sta con chi e per cosa! Tre mesi fa il finanziere U.S.A. Soros, di origine ungherese, in una intervista dichiarava che lui e gli hedge fund da lui gestiti, oltre ad un’altra costellazione di hedge fund, avrebbero messo in atto una manovra speculativa sull’euro, finalizzata a riportare la parità euro/dollaro. Improvvisamente la speculazione internazionale sferzava un attacco alla Grecia con propaggini e futuri problematiche riguardanti la Spagna ed il Portogallo, attaccando così duramente il ventre molle finanziario dei Paesi dell’euro.
Primo risultato: dopo 3 mesi il rapporto di cambio euro/dollaro rispetto all’obiettivo parità euro/dollaro si è dimezzato da 1,43 dollari per un euro a 1,20 dollari per un euro. Quindi l’obiettivo iniziale della speculazione ha già portato a casa il 50% del suo risultato auspicato. Vedremo se nei prossimi mesi la manovra speculativa raggiungerà l’obiettivo iniziale e, a questo proposito, un attacco alla economia della Spagna consentirà certamente il raggiungimento di tale obiettivo. L’Europa con molte divisioni e molti ritardi, una domenica di un mese fa, di notte, a Bruxelles, poco prima che aprissero le Borse asiatiche, ha approvato, ob torto collo, un piano di sostegno con un deciso intervento di Berlusconi il quale, quando tratta affari, dimostra tutte le sue vere qualità e, con l’insperato e decisivo intervento di Barack Obama che ha messo a disposizione risorse per 150 miliardi di euro, su 750 miliardi del piano complessivo. O meglio, non ha messo ma ha fatto mettere a disposizione dal Fondo Monetario Internazionale, organismo controllato da una parte dell’establishment U.S.A., le somme di cui sopra. Piccola appendice: la Spagna ha lottato per ore per un inserimento straordinario, a proprio vantaggio, di 100 miliardi di euro. Questo la dice lunga sulla reale situazione del sistema economico spagnolo ed è facile prevedere che il prossimo attacco della così detta speculazione colpirà, a breve, proprio lì. Tutti contenti in Europa per il risultato della movimentata domenica; adesso dopo l’impegno a sostenere, tutti dovranno, con politiche di lacrime e sangue , ciascuno nei propri Paesi, trasformare l’impegno in moneta sonante. La vera conseguenza negativa del difficile accordo è stata proprio la notevole difficoltà della trattativa e, soprattutto, le notizie delle varie fasi trapelate all’esterno. Adesso, la così detta speculazione, dopo aver preso atto delle forze del nemico in campo, è in condizione di sapere con certezza che, se avesse a disposizione risorse per mille miliardi di euro, riuscirebbe con certezza a gettare lo scompiglio non solo in Europa, ma anche nella economia americana. Non sarà un caso la notizia che la scorsa settimana il finanziere Soros ha acquistato una grossa società di telefonia cinese. Sta cercando alleati per dilatare la propria forza di impatto economico per il futuro assalto? Forse. Certo è prevedibile che l’attacco ci sarà e che, sicuramente, non sarà indolore. Pensare però che la così detta speculazione abbia come fine il semplice guadagno porta a sottovalutare il pericolo con conseguenze dirompenti. Siamo, invece, propensi a credere che il fine speculativo sia secondario e che il vero obiettivo abbia finalità di geopolitica di rilevanti dimensioni per i futuri assetti mondiali. Se questa valutazione non è errata, con la famosa domenica di Bruxelles, abbiamo capito con certezza che il gruppo eterogeneo del finanziere Soros non è sulla stessa linea di Barack Obama e, per così dire, “lavora” con il contro gruppo U.S.A., quello che in gergo abbiamo sentito chiamare “il contro esercito americano” . Chi sono i più autorevoli personaggi su questa linea anti Obama? Sono i soliti Rockfeller; Dick Cheney; Kissinger, i neocon americani etc.etc. e , quindi, la spaccatura del Club Bilderberg o altri che non conosciamo ancora? Domande complesse cui, però, se stiamo attenti agli eventi futuri, potremo dare risposte certe. Certo, l’obiettivo della parità euro/dollaro in una prima fase finirà per rilanciare apparentemente l’economia europea, rendendola più competitiva, al netto della bolletta petrolifera, di circa il 30%, corrispondente a parecchi punti di Pil per singolo Paese. Poi, dopo poco tempo, ripartiranno tassi ed inflazione che porteranno l’Europa e l’Italia al dissesto. Nel frattempo in U.S.A. il primo effetto sarà negativo sull’economia, perché la renderà meno competitiva (licenziamenti ed ulteriore disoccupazione), in seguito potrebbe venire la ripresa industriale e lo sviluppo. Se il gruppo contrario al gruppo capeggiato da Barack Obama intendesse, nella prima fase, mettere in difficoltà l’Amministrazione Obama, l’occasione sarebbe propizia per disarcionarlo.
Anche la conflittualità di Barack Obama verso gli Israeliani e la totale chiusura dei Cinesi nei suoi confronti potrebbero avere l’effetto di metterlo in difficoltà. Nell’ipotesi di Nazioni guida a livello mondiale, la sola alleanza U.S.A./Gran Bretagna relegherebbe entrambe ad entità provinciali, di nessuna influenza nello scacchiere internazionale. Almeno una alleanza con i Cinesi nelle logiche U.S.A. dovrebbe essere considerata indispensabile. Certo i Cinesi hanno in mano gran parte del debito americano e l’essere entrati da decenni nella economia U.S.A. ha dovuto per forza di cose avere degli autorevoli “basisti” che lo hanno consentito. E se nel gruppo contrario ad Obama ci fossero gli autori che hanno consentito per anni tale penetrazione, il progetto comune potrebbe essere quello di chiusura oggi ad Obama, dialogo un domani, una volta che viene eliminato il problema rappresentato da Obama stesso, magari, con due pensieri dietro, uno cinese di ulteriore penetrazione per buoni investimenti e mercati, l’altro U.S.A. di mettere in difficoltà i cinesi proprietari di un vecchio debito a tassi bassi ed una previsione di ripartenza dell’inflazione e dei tassi con rendimenti elevati, forse raddoppiati e triplicati rispetto a ieri. Questo per gli U.S.A. potrebbe significare il riacquisto del vecchio debito, pagandolo ai Cinesi, di fatto, un terzo. Mica male!
In Europa, a parte la crisi, il fatto nuovo è che gli Israeliani, grazie ai cattivi rapporti con l’Amministrazione Obama, sembra abbiano scelto l’alleanza con la grande Europa, allargata alla Russia e, quindi, un significativo e rilevante cambio di campo per i futuri assetti in Medioriente.
Abbiamo forse capito come mai tempo fa Berlusconi è stato accolto in Israele in maniera tanto calorosa, parlando di un difficilmente comprensibile ingresso di Israele in Europa. Probabilmente il vero accordo è con l’asse Francia-Russia e Berlusconi che ha, inoltre, fatto l’ariete o il mediatore. Sta di fatto che questo nuovo assetto mette in notevole difficoltà U.S.A. e Gran Bretagna, da sempre influenti in Medio ed Estremo Oriente. L’attuale ruolo di Brasile e Turchia nella gestione del nucleare iraniano potrebbe essere sintomo che il super asse anti anglo-americano potrebbe avere effetti devastanti per questi ultimi due Paesi.
Sembriamo veramente alla fine di una lunga era, che in molti si ostinano a non volere capire…!
Forse, la profezia sul 2012 sembra avvicinarsi…. e, con essa, la prevista fine degli “uomini giaguaro”.
Francis Drake
Originariamente pubblicato su “La Voce dell’Isola” n°11 in edicola il 22/06/2010