Le guerre alimentate per cercare di negoziare una pace concordata?

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Esiste solo sulla carta il nostro diritto all’autodeterminazione

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Non tutto, forse, è ancora perduto, a condizione di essere disponibili ad una severa autocritica, ricreando la “magia” di un nuovo modello

A proposito di reazione a difesa della italianità, negli ultimi tempi tre elementi potrebbero contribuire ad alimentare le guerre, per cercare di negoziare una pace concordata tra i contendenti:

  • l’assoluzione dei così detti “spioni Telecom” dal reato di appropriazione indebita ed il patteggiamento sia di Pirelli che degli ex vertici Telecom per i presunti danni allo Stato e la richiesta di supplemento di indagine sui vertici da parte del Tribunale in merito alle effettive responsabilità degli ex vertici. Da una prima lettura, le vicende di cui sopra convergono univocamente sul fatto che si era agito su precise istruzioni dei vertici che, del resto, avevano sempre pagato le prestazioni. Certo, su Telecom si schiudono scenari inquietanti e bisognerebbe partire dall’inizio. Da quella operazione di acquisto, messa a segno da una traballante Pirelli nel 1998, di una oscura società di fibre ottiche in U.S.A. che, se non ricordo male, si chiamava Cornell o qualcosa di simile, per 200 miliardi di vecchie lire. Sarebbe interessante sapere attraverso quale Banca, presumibilmente in U.S.A., la Pirelli avesse reperito tali fondi perché, dato lo stato della Pirelli di allora, sembra improbabile che potesse avere la liquidità in cassa. L’operazione è stata certamente una operazione che definire memorabile è riduttivo. Basti pensare che il gruppo Pirelli, essendo il dr. Marco Tronchetti Provera presidente e maggior azionista attraverso la Camfin SpA, nel 2000, cioè solo 2 anni dopo, rivendeva la società americana (che aveva acquistato per 200 miliardi di vecchie lire), ad un grosso gruppo U.S.A. per 7.500 miliardi . Quindi realizzando una plusvalenza stratosferica. Piccolo particolare, poco tempo dopo, il colosso acquirente falliva in U.S.A. Tralasciando i passaggi fiscali che, attraverso il meccanismo di stock options sulle azioni che avevano consentito al gruppo dei top manager (Tronchetti; Buora ed un terzo di cui non ricordo il nome) di portare a casa un meritato guadagno personale di 500 miliardi tassati al 12,50% invece che al 45% e, forse, alla Pirelli un non improbabile transito in una consociata in Delaware, di fatto il tesoretto Pirelli, derivante dall’operazione, è stato investito nell’acquisto, a prezzi esorbitanti (euro 4,25 per azione con una quotazione di Borsa allora intorno a euro 2,00) del pacchetto di controllo di Telecom Italia. In questi anni, per le note vicende, abbiamo scoperto che Telecom Italia è stata per anni una centrale di ascolto del ns. Paese e che nel famigerato centro Telecom di Termini Imerese venivano conservate tutte le registrazioni telefoniche e abbiamo appreso dalla trasmissione televisiva “Report” che molti esponenti dei Servizi U.S.A. erano soliti andare lì a reperire informazioni. La Telecom è, inoltre, proprietaria della consociata guidata da Renato Ruggiero (figlio dell’ex ministro molto vicino al gruppo Agnelli) che vendeva ingenti quantità di propri prodotti a quello strano personaggio vicino ai Servizi U.S.A. ed a Finmeccanica che risponde al nome di Gennaro Mokbel che, ovviamente, nessuno conosce e di cui nessuno sapeva nulla! Tanto meno una società che disponeva di un servizio segreto interno da fare invidia alla stessa C.I.A.! La Procura di Roma, che ha acceso i riflettori su questi personaggi, non li ha accusati di divieti di sosta, ma di una serie di corpose accuse tra le quali anche il riciclaggio di denaro. Oggi la Telecom venduta dal gruppo Pirelli di Tronchetti Provera, cui sono rimasti i soldi e i processi, è di proprietà di un gruppo i cui i maggiori azionisti sono gli Spagnoli di Telefonica che tentano, da tempo, di aumentare la propria partecipazione di controllo. La Spagna è, notoriamente, vicina agli U.S.A.. Vuoi vedere che tutto l’interesse di Obama al salvataggio dell’Europa nella famosa domenica di un mese fa, camuffava in realtà l’interesse a salvare la Spagna, oltre che sé stesso?
  • La storia del presunto tesoretto estero di Gianni Agnelli, tirata fuori molto poco elegantemente dalla ignara figlia Margherita in una causa per vili interessi di bottega. Siamo propensi ad escludere categoricamente, come si sente dire secondo la logica del “tutti colpevoli, nessun colpevole” che il tesoretto possa essere frutto di arricchimenti personali di Gianni Agnelli in danno dei fratelli. L’avvocato sarà anche stato, in certe circostanze, spregiudicato ma, di sicuro, era un personaggio che ha sempre “volato alto”. Proprio non lo vediamo in questi panni, sia perché preferiamo credere che le persone possano agire per scopi anche sbagliati ma, comunque, “nobili”, sia perché la reazione del suo gruppo familiare che avrebbe dovuto essere “parte lesa”, è stata unanime e senza incrinature sull’argomento, a testimonianza che, forse, tutti erano a conoscenza di una ipotetica intestazione fiduciaria per conto terzi e non in una reale propria disponibilità e, quindi, sapevano bene che non era loro diritto accampare pretese. Su questo argomento pare esistano indagini in corso atte ad arrivare alle fonti del presunto “tesoretto”. Certo l’avvocato ha sempre avuto un ruolo rilevante nei rapporti con gli U.S.A. e, presumibilmente, doveva essere socio del “Club Bildenberg”, a giudicare da certe foto, certe liste inserite in certi libri in commercio e, prima ancora, la sua famiglia, in particolare suo nonno, doveva fare parte del “Gruppo di Dresda” a ben analizzare certe vicende storiche riguardanti la prima e soprattutto la seconda guerra mondiale.
  • Gli strani rapporti tra il su menzionato Gennaro Mokbel, inquietante personaggio vicino alla estrema destra romana, che da oltre 30 anni paga la latitanza all’estremista nero romano, killer del capo della Banda della Magliana Renatino De Pedis. Ricordiamo che la Banda della Magliana è stata negli anni 70/80 misteriosamente vicina ad ambienti vaticani, ed è accusata del rapimento e della misteriosa morte di Emanuela Orlandi; è stata altrettanto misteriosamente vicina alla P2 ed è stata implicata, tra gli altri, in tutta una serie di misteri italiani che vanno dal caso Calvi (Banco Ambrosiano) alla strage della stazione di Bologna e tanti altri, in rapporti con i nostri servizi deviati, il cui capo, appunto Renatino De Pedis, non si capisce bene come mai e per quali meriti, sembrerebbe seppellito nella Chiesa di S.Apollinare nel centro di Roma! Gennaro Mokbel è, tra l’altro, implicato nella elezione, con un accordo con la ndrangheta, in Germania del nostro sen. Di Girolamo, eletto in collegio estero, attualmente in carcere, alla cui vicenda è stato dato grande risalto forse per oscurare i veri motivi per cui Gennaro Mokbel potrebbe essere un personaggio veramente inquietante. Forse, per fare passare sotto silenzio gli stranissimi rapporti tra Gennaro Mokbel ed i Servizi di intelligence U.S.A., i suoi rapporti con Finmeccanica, azienda notoriamente vicina agli U.S.A.(forse più con il vecchio establishment, che con il gruppo di Barack Obama, anche se, solo una settimana fa, una società del gruppo Finmeccanica, la Alenia Spazio, ha vinto una enorme commessa di 21 miliardi di dollari e, pari, quindi, a quasi l’intero importo della manovra Tremonti con l’attuale Amministrazione U.S.A.). Forse, per fare passare sotto silenzio la sua eterogenea qualità di acquirente di una azienda militare, operante nel campo dei sistemi elettronici e di puntamento, di cui Finmeccanica ha acquistato il 49% , finanziandogli di fatto e senza interessi ben 8 milioni di euro. Provateci voi, normali imprenditori, a portare a compimento una operazione di questo genere! Se riuscirete a salvarvi la vita, certo non riuscirete ad evitare di essere presi a calci e scaricati dalle scale dagli uscieri di Finmeccanica. Per esserci riuscito Gennaro Mokbel, che proprio non appare come un socio del prestigioso “Circolo della Caccia” di Roma, qualcuno di molto autorevole, magari con uffici in via Veneto a Roma, deve averlo garantito e deve essere stato in condizione da “consigliare” l’operazione.
  • Gennaro Mokbel, infine, è quell’eterogeneo imprenditore acquirente di colossali quantità di traffico telefonico da Fastweb (Scaglia) e Telecom Sparkle, società del gruppo Tronchetti Provera (Telecom Italia), il cui amministratore delegato era, all’epoca dei fatti, Renato Ruggiero, figlio dell’ex ambasciatore Ruggiero, molto vicino al gruppo Agnelli, ministro degli Esteri del Governo Berlusconi, la cui cacciata fu la causa della rottura tra Agnelli e Berlusconi, nel 2002. La cacciata fu originata da un tentativo di sostituire Berlusconi per una trama fallita ordita tra Torino, Washington e Roma in via Veneto. Gennaro Mokbel è attualmente in carcere, a causa dell’inchiesta della Procura di Roma e, tra i reati attribuitigli, c’è quello di riciclaggio in concorso con i gruppi Fastweb (Scaglia) e Telecom Italia (Tronchetti Provera) e fosche nubi sembrano addensarsi in proposito anche sui suoi rapporti con il gruppo Finmeccanica. Sembrerebbe che una parte del grosso giro finanziario, attraverso complicati meccanismi societari, tornasse all’origine, sotto forma di “disponibilità nere”.

Se proviamo una sintetica analisi di tutti questi fatti, la considerazione potrebbe essere: tutte le inchieste della Procura di Roma tendono a colpire direttamente “le casse”. Tutte le inchieste della Procura di Firenze tendono a colpire le ramificazioni, gli intrecci e le persone, in un ipotetico “campo avverso”. La Procura di Roma parrebbe, altresì, titolare di una inchiesta contro il gruppo ENI ed il dr. Paolo Scaroni in merito a presunte mancate fatturazioni in rapporto ai conteggi dei flussi di energia in ingresso in Italia, finalizzate alla creazione di fondi neri. Certo, con il quadro di cui sopra, c’è poco da stare allegri. Bisogna, però, considerare che gruppi ramificati di potere, sia nazionali che internazionali, sia tra loro in connessione o, come si suole dire in certi ambienti, in “concorso”, per portare a compimento progetti globali, necessitano di mezzi, molti mezzi che, per il tipo di sistema globale, per essere veicolati, ha bisogno di sistemi imprenditoriali credibile, possibilmente collaudati.
Due vecchi adagi, “all’origine di ogni grande fortuna c’è sempre un grande delitto” e “ senza soldi non si canta messa”, potrebbero meglio sintetizzare la situazione.

A proposito di libri, di foto e del Club Bildenberg, ne esiste una che ha un particolare significato emblematico. La foto è stata presa a Stresa nel 2001, durante l’annuale convegno dello Studio Ambrosetti. In un angolo, seduti ad un tavolo da soli, Gianni Agnelli, in una sua tipica posa (il gomito poggiato sul tavolo a sostegno della mano che, a sua volta, sostiene una parte della mascella) ascolta molto attentamente Marco Tronchetti Provera che gli parla. La sensazione, guardando la foto, è quella di un “passaggio di consegne”. Gianni Agnelli morirà poco tempo dopo per la malattia che lo aveva già colpito!
A proposito di controreazione: la scorsa settimana il sottosegretario U.S.A. alla Giustizia, durante un convegno in Italia, si è detto contrario alla legge sulle intercettazioni telefoniche in discussione alle Camere perché impedirebbe, a suo dire, la lotta alla mafia. A prescindere dalla assurda ingerenza U.S.A. in fatti interni del nostro Paese, dove l’autodeterminazione dovrebbe essere un diritto non negoziabile, l’intervento era pure assai poco documentato, poiché i reati di mafia sono esclusi dalle nuove disposizioni in discussione. Poiché non è pensabile che un sottosegretario U.S.A. parli pubblicamente a vanvera, c’è da ritenere come il pericolo paventato che la nuova legge possa mettere in discussione la lotta alla mafia, fosse la foglia di fico dietro la quale nascondere il vero intento della dichiarazione e, cioè, una perdita di strumenti di controllo. Immancabile, dopo due giorni, è arrivata una smentita U.S.A., dicendo che le dichiarazioni erano state….male interpretate e che mai ci si sarebbe permessi di interferire con vicende politiche di un Paese….amico! La cosa che, comunque, ci ha più stupito è che, il giorno dopo, nessuno dei nostri autorevoli giornali ha scritto un fondo sul nostro diritto all’autodeterminazione e che essere alleati non significa essere lacchè! L’unico che ha fatto un breve cenno alla questione è stato Filippo Facci su “Il Giornale” che, in maniera assai blanda, parlava di consiglio sbagliato, tendendo a minimizzare la questione! A questo punto, vale la pena fare una considerazione! Noi tutti siamo grati agli americani per quanto fatto durante la guerra, in difesa della libertà e, dopo, per la ricostruzione. E fino ad un certo punto ci è sembrato che i nostri modelli avessero molti punti in comune. Da troppo tempo, però, abbiamo dovuto assistere ad un decadimento progressivo che si è tradotto in assoluta mancanza di mettere a punto strategie adeguate, di interesse generale, condotte con professionalità ed assoluta certezza di obiettivi che non fossero solo interessi di bottega, ma che avessero almeno la tendenza e la propensione al Bene dell’Umanità e non solo al proprio interesse o che, almeno, dove il proprio interesse fosse inserito in un contesto di interessi più generali. Non si può proporsi quale modello, se perfino nei bar si parla di complotti che si intende portare a compimento e non si può avere la pretesa di imporre linee, se ci si fa sempre scoprire con “le mani nella marmellata”. Un modello, per essere tale, deve soprattutto essere credibile ed autorevole, il controllo deve essere una conseguenza e non il contrario.
Prima di ogni cosa, gli U.S.A. se non vogliono perdere il loro ruolo, devono ricreare una loro classe dirigente autorevole, pensante e colta, attenta alle istanze di un mondo complesso, perché sempre più multietnico, recuperando le migliori professionalità ed eliminando le scorie ed imparando meglio ad analizzare cause ed effetti, perché solo conoscendo a fondo i problemi, si possono proporre delle soluzioni durature, senza la tentazione di prendere scorciatoie.
Tra l’altro, il mondo ha bisogno di modelli cui ispirarsi e l’incapacità ad essere tale finirà per accelerare il loro processo di decomposizione. Non tutto, forse, è ancora perduto, a condizione di essere disponibili ad una severa autocritica, ricreando la “magia” di un nuovo modello.

Francis Drake

Originariamente pubblicato su “La Voce dell’Isola” n°11 in edicola il 22/06/2010

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