Il miglior tempo della nostra storia

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Paul Ginsburg

La Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania ha organizzato ed ospitato un appuntamento importante delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità: si tratta di Il Miglior tempo… ( 1848 – 1911 ) – convegno Internazionale sull’Unità d’Italia, tenutosi qualche mese addietro nel Monastero dei Benedettini di Catania, del quale è giusto parlare.

Si è trattato di un ricchissimo incontro che ha ospitato le discipline e i temi più diversi, cogliendo i molti aspetti del nostro Risorgimento nazionale: il tema politico nelle relazioni di Antonino De Francesco, L’eredità dei secoli: le patrie, la patria, Francesca Biondi, Pensiero e azione dell’Italia democratica, Charles Dalli, Il ruolo di Malta nel Risorgimento Italiano, Salvatore Adorno, L’iniziativa meridionale, quello artistico, negli interventi di Daniela Vasta sulla pittura nel Risorgimento, le funzioni e le tematiche del Teatro in età risorgimentale analizzate da Maria Rosa De Luca e Graziella Seminara… sarebbe lungo trascrivere qui tutti gli studi presentati che hanno abbracciato i percorsi della  letteratura, della lingua, della storiografia, dell’archivistica, della scuola in Italia nel periodo compreso tra l’esistenza degli stati pre – unitari e la nuova realtà nazionale costituita dal Regno d’Italia.

Il convegno ha ospitato anche Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, che ha dedicato una relazione a Garibaldi il massone , aspetto poco conosciuto dell’attività e degli ideali dell’Eroe dei due mondi. Raffi ha inoltre evidenziato i nessi trala Massoneria italiana ed il Risorgimento.

Prof. Enrico Iachellio

Di particolare spessore ed importanza è stato l’intervento inaugurale del Preside della Facoltà, il prof. Enrico Iachello, (L’Italia degli italiani ) una lunga dissertazione sulla attuale storiografia risorgimentale e sui principali argomenti sollevati dalle celebrazioni del 2011; ne riassumiamo qui i nessi  principali.

Iachello si è pronunciato in termini molto critici su alcuni importanti testi pubblicati in questi anni sul Risorgimento italiano. In particolare, l’operazione dell’Annale Einaudi “Storia d’Italia” n. 22 dedicato proprio al Risorgimento e pubblicato nel2007 acura di Paul Ginsborg e Alberto Mario Banti, docenti rispettivamente presso l’Università di Firenze e l’Università di Pisa.

Lo storico della Sicilia borbonica definisce i saggi pubblicati nel volume in questione studi “neo – culturalisti”; ci sarebbe una povertà nella tesi di fondo: l’oggetto di questi studi è costituito più dalle emozioni, dalla mentalità dei protagonisti del Risorgimento. Ci si potrebbe aspettare allora per la direzione intrapresa una analisi all’insegna de la “nuova storia” di Jacques Le Goff inaugurata nel 1974.

Il riferimento esplicito è invece il testo La nazionalizzazione delle masse dello storico tedesco George Mosse: in esso Mosse individua un nuovo stile politico contrassegnato da emozioni più che razionalità, alla ricerca di suggestioni mitografiche, collocando nel nazionalismo ottocentesco le radici del nazismo.

Ginsburg e Banti cercano nel Risorgimento italiano le radici del Fascismo, su una strada parallela alla ricerca di Mosse.

Ma il più grande storico del Fascismo che abbiamo avuto, Renzo De Felice, ha invece marcato la novità del Fascismo come fenomeno politico: c’è dunque una spaccatura, una discontinuità con il Risorgimento.

L’intero operato politico di Mazzini farebbe parte integrante di questo “schema emotivo” coniato da Banti e Ginsborg.

E fuori da questo stile rimangono certamente però, Cavour e Cattaneo; come li interpretano allora questi protagonisti del Risorgimento i due studiosi “neoculturalisti”? Li ignorano, non sono oggetto di studio.

Alberto Mario Banti

Banti nel suo ultime volume Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo, 2011, è alla ricerca di “figure profonde” del Risorgimento che perdurerebbero fino al Fascismo; ma questi non sarebbero altro che fuorvianti “approcci freudiani” come li definisce Iachello.

Il Risorgimento, sottolinea lo storico siciliano, è stato fatto da rivoluzioni politiche. Se si deve parlare di rivoluzioni, allora le conclusioni di Banti e Ginsborg vanno rigettate.

I due studiosi non tengono conto dei contesti ideologici in Italia, dell’umanitarismo, della lotta per la libertà dei popoli: come si può ignorare la compartecipazione dei patrioti italiani alla lotta della Grecia per la libertà?  Il libro di Eva Cecchinato , Le camicie rosse. I garibaldini dall’Unità alla Grande Guerra, 2007, evidenzia bene queste vicende.

Più che storici del Risorgimento sulla scia di Gobetti e Gramsci, Banti e Ginsborg sembrano più “fautori di antistorie”, sostiene Iachello.

Ecco di cosa si preferisce parlare oggi in Italia: delle vittorie mancate, delle mancate riforme agrarie; tra Cavour , Mazzini e Garibaldi sono state sottolineate le contrapposizioni, i contrasti più che i motivi di accordo.

Ma non si spiega tutto così: resta il mistero, allora: com’è nata questa nazione , come ha resistito l’Unità ai 150 anni di vicende e di drammi che l’Italia ha attraversato?

Se il 1861 è l’anno dell’Unità, è vero che  nel ’62 si è dovuto superare la crisi di Aspromonte, nel 1866 andare avanti nonostante una guerra sostanzialmente persa. Ma la nazione regge. Perché? Ci devono essere motivazioni più profonde.

Questi, a ben considerare, gli aspetti positivi insiti nella formazione del Regno d’Italia: 1) La formazione di una classe liberale, laica, democratica, civile italiana. 2) L’affermazione di un sistema parlamentare, al di là delle maglie dello Statuto Albertino. 3) La  risorsa democratica popolare.

Sì, perché unità d’Italia è stata fatta in Sicilia da una forza democratica, rivoluzionaria: il popolo. L’Unità è stata fatta conla Sicilia, non controla Sicilia: nel ’48 la classe dirigente siciliana ha chiuso con i Borboni; gli uomini del Governo provvisorio in Sicilia in nome della Dittatura Garibaldi del 1860 sono proprio gli stessi che erano stati sconfitti nel ’48.

E gli esuli siciliani del ’48 – ’49 rifugiati a Torino, contribuirono affinché il Piemonte liberale guardasse a Sud per un progetto di unificazione che includesse il Mezzogiorno.

È questo un contributo importante della nostra intellighenzia siciliana all’Unità, che si evidenzia poco, oggi.

Garibaldi rappresenta l’apice di questo momento rivoluzionario; Lucy Riall ha parlato di un’”invenzione di un eroe”, nella sua recente e fortunata monografia, ma va sottolineato che Garibaldi è un’eroe vero, non un eroe inventato.

La religione civile di Mazzini tiene insieme tutti, in modo associativo, derivato dalla Massoneria;la Massoneriasarà infatti uno dei punti di riferimento forti della formazione dell’Italia unita, liberale, laica. I Massoni giocheranno un ruolo fondamentale in Italia, almeno fino alla Prima Guerra Mondiale.

Grande importanza ha avuto l’opera del conte di Cavour nella costruzione di uno stato laico, nonostante le pressioni esercitate da Pio IX su Vittorio Emanuele II per ostacolare l’opera riformatrice del primo ministro liberale.

L’unità italiana è stata un’operazione che ha retto nel tempo: l’Italia unita non deflagra perché i conflitti del paese risolti nella democrazia parlamentare. È dunque possibile e necessario, conclude il prof. Iachello, costruire in positivo la storia d’Italia, una ricostruzione che tenga conto della complessità degli elementi di forza del moto unitario.

Nelle conclusioni del convegno, l’illustre storico Giuseppe Giarrizzo tornerà su alcuni aspetti sollevati dal Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia: in particolare, ancora sul libro di Lucy Riall dedicato a Garibaldi, evidenziando un uso improprio del termine mito.

Lucy Riall ignora del tutto la lezione del grande storico di origini siciliane Adolfo Omodeo in proposito, su ciò che storicamente il mito significa ed implica.

Giarrizzo definisce gli storici inglesi che si sono occupati recentemente del nostro Risorgimento “storici di quinta categoria”; è vero anche che le traduzioni dei loro lavori in italiano sono spesso orrende, rendendo meno chiare ed attendibili le loro tesi.

Rosario Romeo ha dedicato la vita a studiare Cavour ( ricordiamo la sua fondamentale opera, risultato di questi studi: Cavour e il suo tempo, in 3 volumi ).

A Garibaldi, lamenta lo storico dei Lincei, non sono state riservate le stesse attenzioni, ma gli storici italiani hanno improvvisato di volta in volta. La storiografia attuale sul Risorgimento è “una bassa cucina”;in Italia, accusa Giarrizzo, le cure degli storici sono rivolte principalmente ed esclusivamente al Fascismo, diventato pietra di scandalo della nostra storia ed incubo della nostra coscienza civile e politica.

Come sostenne Benedetto Croce, quella italiana fu una unificazione autenticamente liberale; più dignitoso e diverso il caso italiano da quello tedesco, a torto le due unificazioni sono spesso paragonate ed interpretate parallelamente.

Il re di Prussia era allo stesso tempo imperatore di tutti gli stati tedeschi. Ma si può definire il Secondo Reich un capolavoro politico? Quale democrazia ha espresso questo modello?

Il caso siciliano peculiare, noi abbiamo avuto il privilegio di una classe politica esule che si è europeizzata, cresciuta e tornata grazie all’esilio nel Piemonte liberale. Esuli che arricchirono il dibattito, che contribuirono a fare la lotta politica. Gli storici piemontesi non conoscono appieno questa realtà.

Fare una storia d’Italia guardata dal Sud, dalla prospettiva meridionale, conclude Giuseppe Giarrizzo: questo è il compito dei futuri storici, di chi verrà dopo.

Luca Platania

 

                                                                                                                      

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