A Termini Imerese la Fiat ha iniziato il “countdown”, il conto alla rovescia, per la produzione di auto: da mercoledì 23 novembre gli impianti in Sicilia si fermeranno, e la fabbrica non produrrà né la “Lancia Ypsilon”, né altro tipo di vettura con il marchio del Lingotto.
I mass media nazionali hanno seguito con atteggiamenti contradditori questo che in Sicilia viene considerato un evento sicuramente negativo, ma in tempi di crisi come quelli che il Paese sta attraversando, con un nuovo Governo nazionale che ancora non ha debuttato nella pratica quotidiana, non c’è da stupirsi: il destino di poche migliaia di dipendenti è ben poca cosa di fronte all’incerto futuro di milioni di italiani.
La chiusura dei cancelli di Termine Imerese era stata fissata per il prossimo 31 dicembre, ma Sergio Marchionne ha anticipato i tempi nonostante una trattativa in corso con la Dr Motor per la possibile acquisizione della fabbrica, che forse avrà una svolta domani, lunedì 23 novembre, quando la trattativa si svolgerà al ministero dello Sviluppo. A bloccare la trattativa è la questione degli incentivi da offrire a oltre 500 dipendenti per andare in pensione anticipata, e gli incentivi per rimettere in movimento l’apparato.
E’ il 1970 quando la prima 500 fuoriesce dalla catena di montaggio dello stabilimento di Termini Imerese. Lo stabilimento siciliano si chiama Sicilfiat ed è stato costruito con i soldi della Regione Siciliana. Dopo 7 anni il sostegno pubblico cessa, ma lo stabilimento cresce: dai 350 dipendenti si passa ai 4000 mila della fine degli anni 80. Lo stop alle assunzioni arriva nel ’93, la crisi che investe il mondo colpisce anche la Fiat”. Nel 2003 arriva la scure della chiusura, pericolo che pare essere scongiurato nel 2006 quando Marchionne in visita a Termini presenta un piano di rilancio che prevede un importante intervento del pubblico. Sei mesi dopo arriva un passo indietro da parte della casa automobilistica torinese: al primo piano di rilancio si sostituisce un secondo, di certo più contenuto. Quest’ultimo progetto di ristrutturazione viene ratificato dall’azienda, dalla Regione, e dal ministero dello Sviluppo economico nel 2008. A meno di un anno dalla firma del piano B per Termini maturano gli interessi della Fiat per Crysler e per Opel e a luglio 2009 arriva la decisione: lo stabilimento siciliano chiuderà.
Tolta qualche voce sporadica, dalla politica regionale ben poche reazioni in merito alla cessazione della produzione. Il sindaco di Termine Imerese, Salvo Burrafato, ha sottolineato in più circostanze che questo episodio drammatico si verifica “quando ancora non è stata chiusa la trattativa avviata con Dr Motors per il subentro nello stabilimento siciliano. Di fatto questo annuncio conferma, accrescendo il rammarico, che lo stabilimento di Termini Imerese è l’unico a chiudere in Europa, a causa della crisi dell’auto del 2009”.
Susanna Camusso, segretario della Cgil, ha ricordato come “il governo ha speso molte parole per sostenere che la Fiat fosse un gruppo innovativo, ma non ha mai speso parole per difendere l’occupazione, e per dare risposte agli stabilimenti”.
La lunga agonia della Fiat di Termine Imerese sta per finire: calerà un sipario definitivo, oppure c’è ancora qualche spiraglio di ripresa, si chiedono migliaia di addetti che stanno vivendo ore drammatiche. Un interrogativo che i politici siciliani, a quanto appare, non si sono posti e non si pongono.