E’ difficile rassegnarsi, è difficile comprendere le logiche del mercato o le logiche aziendali dopo decenni di lavoro, di produttività: per gli operai degli stabilimenti Fiat di Termine Imerese, per l’intera collettività del territorio, la parola “fine” equivale ad una condanna a morte immeritata, senza ragione. La “trasferta” della Fiat in Sicilia si è conclusa, la permanenza in Sicilia non è più utile, si butta via come un “usa e getta”. Fin quando conviene.
Le riunioni con i sindacati, con l’azienda stessa, con i rappresentanti del Governo non hanno portato a nulla, anche se continuano: l’orizzonte più scuro di quanto è non può essere, e la speranza sembra finita in fondo allo stesso mare di Termine Imerese.
Anche l’ennesima, ultima protesta degli operai, quella di bloccare l’uscita degli autoarticolati con le ultime “Ypsilon” prodotte nella fabbrica cade nel vuoto.
Questi stabilimenti abbandonati dalla Fiat si chiameranno “Dr Motor”, che a pieno regime nel 2016 dovrebbero occupare poco più di mille operai. La parola d’ordine data dai sindacati “Faremo di tutto affinché dalla fabbrica non esca neanche un bullone se prima non c’è un accordo che garantisca ai lavoratori ciò che è stato assicurato ai dipendenti Fiat di altri siti” non può essere sufficiente garanzia, e tutti lo sanno. Gli operai non toglieranno il presidio davanti ai cancelli, con un centinaio di Lancia Ypsilon bloccate fino a quando non sarà siglato un accordo soddisfacente.
«È un giorno che davvero speravamo non arrivasse mai a Termini Imerese. Siamo qui a raccogliere i cocci di questa esperienza della Fiat, che dopo 41 anni va via». Lo ha affermato il sindaco Salvatore Burrafato, davanti ai cancelli della Fiat, che ha tenuto a sottolineare «Siamo ancora impelagati al ministero per lo Sviluppo economico, l’unica certezza è che la prossima settimana scade il tempo utile a nostra disposizione per siglare l’accordo».
“Un giorno di lutto per l’imprenditoria italiana e per la storia della Fiat, trasformata da Marchionne in una macchina mangiasoldi che non ha più scopi produttivi e industriali, ma finanziari – ha dichiarato il leader di Italia dei valori Antonio Di Pietro -. Marchionne solo tre anni fa aveva promesso per lo stabilimento siciliano 100 milioni di investimenti per il suo rilancio, ottenendo anche soldi pubblici.
Salvo Barbagallo