Catania. Prospettive per una città che cambia, dentro la crisi

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Questo il titolo del dibattito che si è svolto ieri, venerdì 16 dicembre, presso i locali del laboratorio politico “Il Prezioso Avanzo”, di Catania. Partecipanti all’incontro il neo-direttore della Banca per il Mezzogiorno dr. Piero Cirrito (già Direttore Centrale del Banco di Sicilia, prima del passaggio a Unicredit, poi vice direttore generale del Credito Valtellinese) e l’assessore alla Famiglia e Politiche Sociali del Comune di Catania, dr. Carlo Pennisi (Professore di sociologia del diritto presso la Facoltà di Scienze Politiche di Catania -Direttore del LAPOSS – Laboratorio di politica e servizi sociali dell’Ateneo di Catania – già direttore del Dipartimento di Sociologia). Moderatrice del dibattito la giornalista catanese d.ssa Pinella Leocata.

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Entrando subito nel vivo del dibattito, Pinella Leocata ha snocciolato alcuni preoccupanti dati sulla crisi catanese che vede il terzo settore in primo piano nel provare a porre un argine alla difficilissima situazione. Secondo la Caritas di Catania nel mese di aprile 2011 i nuovi poveri catanesi compresi nella fascia d’età tra i 40 e i 50 anni (e senza contare i cittadini stranieri che si rivolgono alle strutture territoriali Caritas) sarebbero stati il 67% in più rispetto all’aprile dello scorso 2010 e citando dati ministeriali il reddito pro-capite catanese è pari a circa 7.000 € contro i 25.000 € di Milano. Uno squilibrio che negli ultimi anni, complice il dissesto finanziario del Comune di Catania, ha visto la forbice nord-sud allargarsi a dismisura. Sempre secondo la Caritas, nel corso di questo 2011 ben 3.000 donne catanesi di media età, quindi una percentuale altissima pari a una su 100 si è dovuta rivolgere ai dormitori Caritas per la mancanza di una casa.

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Dal suo lato il Comune di Catania ha dovuto far fronte al dissesto finanziario ereditato dalle precedenti Giunte diminuendo il personale da 5 a 4.000 unità, una riorganizzazione che grazie ai pensionamenti ha prodotto però un calo del ricambio del personale con evidenti disservizi, soprattutto sul fronte dei servizi alla cittadinanza e alle fasce più deboli.

Per far fronte all’emergenza abitativa la Caritas insiste sulla sua proposta di arrivare a un accordo per la riapertura di numerose case sfitte e lasciate chiuse dai proprietari immobiliari in una città dove per ben due decenni i capitali si sono mossi prevalentemente nell’acquisizione di patrimonio immobiliare, che rimane però difficilmente gestibile in un periodo di crisi così forte che non consente alle famiglie, anche del cosiddetto ceto medio, di farsi carico di onerosi canoni di locazione. Preferendo soluzioni più economiche, spesso fuori città. Altro fattore che ha inciso sugli introiti comunali. Il comune contava infatti circa 100.000 abitanti in più fino a circa 15 anni fa.

Da parte del comune di Catania, e nel pieno rispetto delle sue competenze, l’intervento dell’assessore Pennisi, che ha fatto rilevare intanto come quella di Catania sia una crisi che viene da lontano, da quando cioè, intorno agli anni ’90, il comune ha iniziato a “spendere a debito”, ha cioè acceso mutui e fatto ricorso al finanziamento di capitali bancari per dare servizi alla cittadinanza senza la necessaria copertura finanziaria. Questa crisi è certamente oggi accentuata dalla ben più ampia crisi globale che ha investito tutti i settori e che non dà più spazio alcuno di manovra.

In ogni caso l’assessore ha annunciato lo sblocco di 14 milioni di euro, destinati proprio all’attività dei servizi sociali in applicazione della Legge 285/97 (Legge per finanziamento e sussidi all’infanzia e adolescenza), la ristrettezza dei fondi però richiede il taglio nette delle rette agli istituti che si occupano di minori in favore di un intervento più diretto alle famiglie interessate. Famiglie che però temono come questa sia un’altra promessa destinata a vanificarsi nelle pastoie burocratiche. Magari a torto, ma l’esperienza recente fa pensare che a volte a pensar male ci si indovina.

Molto incisivo ed apprezzato è stato poi l’intervento di Piero Cirrito, che con poche e chiare parole ha saputo ben spiegare alla foltissima platea il meccanismo di questa crisi strutturale che avvolge il sistema globale, partendo dagli Stati Uniti d’America e che rischia di travolgere il fragile “sistema Europa”. Schierandosi apertamente contro l’iniquità di questa manovra “salva Italia” che non contiene misure chiare sulla crescita e che rischia seriamente di deprimere ulteriormente i consumi colpendo categorie che invece andrebbero aiutate, a suo dire, facendo diminuire lo squilibrio fra redditi milionari e redditi da povertà assoluta. Chiede insomma una manovra che dovrebbe tassare i grandi capitali e prevedere incentivi per le fasce più deboli. Parole che paiono quasi strane per una persona che proviene da uno dei settori forse ritenuti maggiormente responsabili di questo crac globale.

Crisi che però, a onor del vero, è dovuta anche all’ingresso di nuovi importanti Paesi nel mercato globale. Dalla Cina all’India passando per il Brasile una torta, quella del mercato globale, che ha visto –negli ultimi 10 anni- la ricchezza europea totale diminuire del 25%.

Sulla base delle gravi incertezze che colpiscono lo sviluppo di Catania e del sud in genere la certezza è che non c’è spazio per nuovi “posti pubblici”. Il settore pubblico non è in grado di assorbire altro personale se non aumentando ulteriormente la pressione fiscale. Cosa che appare improponibile. Si deve invece creare impresa, agevolare i giovani con valide idee a realizzarle con la collaborazione del settore pubblico.

L’invito fatto ai giovani e a tutte le categorie produttive è quello di “mettersi in gioco”, creare sinergie, credere soprattutto in sé stessi. Assumersi le proprie responsabilità, ognuno per le proprie competenze. Diventare tutti più responsabili per esigere che anche gli altri lo diventino, non essere più soggetti passivi della vita sociale e politica ma diventare tutti insieme parte attiva, propositiva.

Compito non facile, in una regione come la Sicilia dove incombe il potere mafioso –come ha fatto notare in un breve intervento Dario Montana per “Libera”-, ma è forse l’unica soluzione, sbracciarsi tutti, credere in un domani che mafia e sottosviluppo ci hanno rubato, perché Catania torni a essere “la Milano del Sud”. O almeno un città euro-mediterranea degna di questo nome.

Altri incontri saranno organizzati in un prossimo futuro e vi daremo puntuale resoconto. Intanto precisiamo che l’incontro di ieri è stato organizzato dal laboratorio  “Il Prezioso Avanzo”, le ACLI catanesi, LIBERA, il gruppo Homoweb, il Centro Astalli, l’Associazione dei  commercianti di via Umberto “Fuori le mura” e l’ACP (Associazione Condomini Proprietari immobiliari).

Luigi Asero

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