In Italia sempre meno gas: la Russia taglia le forniture

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La dipendenza energetica dell’Italia sulla carta.

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Passerà anche quest’inverno, e l’Italia sarà sempre meno indipendente dal punto di vista energetico. Nella giornata di lunedì, 13 Febbraio, l’azienda Snam Rete Gas ha lanciato l’allarme circa la diminuzione della quantità di gas ricevuta dalla Russia che, secondo le stime dell’operatore incaricato della gestione dei gasdotti del Belpaese, avrebbe raggiunto numeri alti e preoccupanti.

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Nello specifico, Martedì, 7 Febbraio, l’Italia ha ricevuto solo 94,3 Milioni di metri cubi di oro blu russo, mentre lunedì, 13 Febbraio, dal Tarvisio ne sono transitati 92,5: 15,5 in meno rispetto alla quantità fissata nel contratto che obbliga il monopolista russo, Gazprom, a fornire al colosso italiano ENI 108 metri cubi di gas al giorno.

Dinnanzi alla diminuzione delle forniture da Mosca, l’Amministratore Delegato di ENI, Paolo Scaroni, ha dichiarato l’aumento dell’importazione di gas da Norvegia e Algeria, ma, come accertato da stime ufficiali, questi canali si sono rivelati inadatti per colmare il deficit energetico, a causa del quale, oggi, per il Belpaese è dura reagire all’ondata di freddo eccezionale.

Secondo il parere di diversi esperti, il calo delle forniture è dettato dall’incapacità da parte della Russia di soddisfare la domanda dell’Europa, sopratutto in periodi di condizioni climatiche eccezionali, come il brusco calo delle temperature che, oltre all’Italia, ha interessato negli ultimi giorni tutto il Vecchio Continente.

Da parte sua, Mosca non ha aiutato a fare chiarezza: all’inizio della crisi energetica ha dichiarato di avere aumentato la quantità di gas inviato in Europa Occidentale ma, dinnanzi al calo delle forniture registrato da Italia, Slovacchia, Ungheria, Austria, Germania, Polonia e Slovenia, ha ammesso il taglio dell’emissione di oro blu.

La motivazione di questi tagli – e, con essi, dell’emergenza energetica a cui l’Italia deve fare fronte – va ricercata nella nuova guerra del gas tra Russia e Ucraina e, più in generale, nella politica monopolistica di Mosca nei confronti dell’Unione Europea. Per cercare di ottenere uno sconto sulle tariffe per il gas acquistato da Gazprom, il Presidente ucraino, Viktor Janukovych, ha aperto un negoziato con la Russia che, fin da subito, ha posto come condizione al ritocco della bolletta la cessione al Cremlino della gestione dei gasdotti dell’Ucraina.

Tale scenario avrebbe conseguenze pesanti per l’Europa: l’Unione Europea si troverebbe totalmente dipendente dalla volontà della Russia, in quanto priva della partnership di un Paese – l’Ucraina – che, finora, ha garantito il transito del gas verso il centro e l’occidente del Vecchio Continente.

Per questa ragione, Bruxelles si è detta favorevole alla creazione di un consorzio ucraino-russo-europeo per la ristrutturazione, e la seguente gestione, del sistema infrastrutturale energetico di Kyiv. In risposta, Mosca ha prontamente rigettato la proposta, e, al massimo, ha sostenuto l’idea di un’amministrazione congiunta russo-ucraina.

L’Europa muta, l’Ucraina sottomessa, e l’Italia schiava

I risvolti per l’Unione Europea – e con essa l’Italia – non appaiono rosei. Janukovych, presto o tardi, sarà costretto a cedere al diktat della Russia poiché lo sconto sul gas è l’unica clausola che consentirebbe a Kyiv l’erogazione di un prestito dal Fondo Monetario Internazionale di cui l’economia ucraina – sempre più in crisi – ha disperato bisogno.

Di pari passo, il Presidente ucraino non può più contare sull’appoggio dell’Occidente: l’ondata di repressione politica che, dalla sua salita al potere, ha portato all’arresto della Leader dell’Opposizione Democratica, Julija Tymoshenko, e di un’altra decina di esponenti del campo arancione, ha provocato il raffreddamento delle relazioni con Europa e Stati Uniti e, più in generale, l’isolamento internazionale dello stesso Janukovych.

Per la Russia, il controllo dei gasdotti ucraini è un passo indispensabile per espandere la propria egemonia energetica – e quindi anche politica – nel Vecchio Continente. Consapevole di non potere soddisfare appieno il fabbisogno degli acquirenti dell’Europa Occidentale, Gazprom ha puntato sul controllo diretto – totale o parziale – dei sistemi infrastrutturali dei singoli Paesi UE: accordi in tale direzione sono stati già firmati con Germania, Francia, Slovenia, Slovacchia e Austria.

Per quanto riguarda strettamente l’Italia, la gestione delle condutture ucraine da parte del Cremlino non solo rinsalderebbe la leadership di Mosca nelle trattative con Roma per la compravendita di gas, ma permetterebbe a Gazprom il controllo diretto dell’itinerario con cui il gas russo è inviato nella Penisola.

Priva fonti di approvvigionamento alternative, e non potendo contare su una comune politica energetica UE – continuamente contrastata da chi, come Francia e Germania, perora la causa energetica della Russia per tutelare il proprio fabbisogno nazionale, anche a discapito dell’interesse generale europeo – l’Italia rischia di cadere non solo in una grave crisi finanziaria, ma anche in una schiavitù energetica dal monopolio del Cremlino: destinata a incidere non poco sulla condizione della già instabile economia della Penisola.

Matteo Cazzulani

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