Patrizia Debicke Van Der Noot è una profonda conoscitrice del Rinascimento italiano, i suoi romanzi sono sempre frutto di una rigorosa documentazione storica, infarciti da trame elaborate e avvincenti, delitti, intrighi di palazzo, amori, tradimenti, cortigiane e cavalieri spinti da nobili ideali. Sullo sfondo le città dell’epoca tratteggiate con pennellate degne di un’artista. In questo caso Venezia, il suo carnevale, il folklore, i colori della gente, i miasmi lagunari, le strette calli; ma anche l’Inghilterra di Enrico VIII nel momento di massima tensione fra cattolici e protestanti e una Roma corrotta e devastata dalla piena del Tevere.
L’uomo dagli occhi glauchi (edizioni Corbaccio, pagg. 295, E €.18.60) è il dipinto di Tiziano Vecellio a metà Cinquecento, conosciuto anche come “Ritratto di giovane inglese”. Attorno a questa figura estremamente affascinante e per certi versi inquietante, Patrizia ha costruito un romanzo potente, di straordinaria intensità, il cui plot narrativo si sviluppa frenetico con repentini cambi di scena e colpi a effetto che tengono avvinghiato il lettore fino all’ultima pagina. Apre squarci di luce nella memoria e riporta a galla frammenti ancestrali di un tempo perduto. Nel ritratto di Tiziano l’autrice identifica Lord Templeton, figlioccio del duca di Norfolk, inviato in Italia in missione per proteggere un membro del concilio di Trento, la cui vita è messa in pericolo da Enrico VIII, determinato a eliminarlo.
La bravura di questa autrice risiede nel fatto di saper assemblare personaggi realmente esistiti ad altri scaturiti dalla sua fantasia in maniera perfetta, senza che il lettore possa accorgersene, in quanto verosimili, dotati di una loro caratteristica particolare che li rende unici nel loro genere ma anche tessere preziose di un mosaico che si compone a incastro con lo scorrere delle pagine. E nonostante la figura del protagonista (l’uomo dagli occhi glauchi) troneggi nell’economia della storia, è la coralità la forza dominante dell’intero romanzo, tutti i personaggi sono destinati a lasciare il segno, anche quelli che dovrebbero all’apparenza mantenere un ruolo di contorno: il piccolo Oliver Twist, le guardie del corpo, la prostituta dall’animo gentile e altri ancora.
Un romanzo in grado di trasmettere profonde e indimenticabili suggestioni, un tuffo nel passato che ci fa conoscere un mondo fintamente scintillante, il suo splendore, ma anche gli intrighi sotterranei, i giochi di potere. Patrizia ci regala un’opera d’indiscutibile valore, oltre che un’avventura di cui impossessarci e coglierne la struggente bellezza.
Incontriamo la scrittrice
A Patrizia chiediamo: ho trovato questo romanzo attualissimo Tutto ruota attorno a intrighi di palazzo, il potere, il denaro, il potere del denaro. Tu sei una scrittrice di successo, hai pubblicato parecchi romanzi, molti tradotti all’estero. Quali sono gli ingredienti per scrivere un grande romanzo storico?
Intrighi? Denaro e potere? Non possiamo negarlo, sono sempre esistiti, contano e rendendo la vita più facile pare. Pertanto se non si hanno sono desiderabili. Poi, se non si hanno per “volontà divina” per averli.. diciamo che si farà di tutto…
Ma restando sullo scherzo, la scrittrice di successo (accetto l’augurio gratissima) descriverà in termini culinari gli ingredienti a suo vedere per scrivere un romanzo storico:
farina: di primissima qualità (triplo zero) e quindi meglio storia vera, reale, inconfutabile che si presti a fare da cornice, ma senza essere di troppo altrimenti “stucca”, annoia. Mai dimenticare che il lettore vuole calarsi in un romanzo e non studiare un saggio;
sale e pepe: avventura, avvenimenti, colpi di scena, scontri, odio, sospetto, sete di possesso, male e bene mischiati in giusta misura, protagonisti intriganti che possano coinvolgere e interessare. Confesso di non amare i personaggi troppo buoni. Mi annoiano (e non credo di essere la sola). Qualche volta ho un debole per i cattivi… Di solito opto per il giusto mezzo…
peperoncino: qualche anticipazione mirata, un colpo di scena imprevisto, stuzzicante che dia la scossa e invogli a girare la pagina…
zucchero: quel tanto di sentimenti veri. Per esempio: amicizia, amore e magari perché no? passione fisica.
Quanto è importante saper costruire attorno ai personaggi una coreografia adeguata facendo risaltare i costumi e i colori dell’epoca?
Importante? Vitale direi!
La coreografia che potrebbe sembrare un orpello, un di più, riesce a rappresentare subito al lettore, anche visivamente, l’epoca, i fatti, la vita, il diverso modo di pensare e di agire che era quello di allora. I sapori, i colori: noi dimentichiamo che i palazzi rinascimentali erano dipinti a colori vivaci e affrescati allegramente, e poi i profumi e magari anche gli odori gradevoli o sgradevoli che fossero.
Perché c’è sempre questa sorta di diffidenza nei confronti del romanzo storico, considerato (a torto secondo me) un genere minore?
Proprio ieri ho letto con piacere Cristina Taglietti (Corriere della Sera, Cultura) che nel suo articolo: L’ignoto, il mare la fuga… Il romanzo leva l’ancora, sostiene che i classici dell’avventura hanno ispirato tanti grandi scrittori dei nostri giorni. Credo che il romanzo storico attuale, facendo sognare e riallacciandosi perfettamente ai classici dell’avventura, contraddica la tesi di un genere minore, ma anzi sia in grado di aprire dei grandi orizzonti.
Chi è Patrizia Debicke Van Der Noot? Raccontaci le tue molteplici attività.
Una persona che ha superato gli “anta” e che ha fatto di tutto. Famiglia, moda, ricerche di mercato, scrittura… Bene? Male? Mah? Ha avuto svariate esperienze di vita e di lavoro. Tanto lavoro che insegna e abitua a fare con gli altri e per gli altri o… almeno spero.
Ma, comunque, una persona che cerca di capire e vivere nel passato, nel presente e nel futuro.
So che vieni spesso in Sicilia e, dato che questa intervista uscirà per una rivista siciliana, ti chiedo cosa ti attrae della nostra terra, e cosa non ti piace.
Sono venuta molto spesso. Fino al 2000, ogni anno direi. Poi… Alcuni ottimi amici purtroppo non ci sono più, ma voglio e DEVO tornare.
La Sicilia è come un grande crogiolo naturale che riesce a mischiare con estrema indifferenza la più straordinarie bellezze con la più estreme difficoltà. L’antica civiltà, insita nella sua gente, affiora ovunque, nelle abitudini, nell’educazione, nella squisita ospitalità che incanta e nelle pietre che l’uomo vorrebbe scioccamente cambiare, forse sbagliando. Si ha come la sensazione che nei secoli, il ruotare delle razze abbia prodotto una piccola frana in continuo movimento, inarrestabile.
L’azzurro del mare, lo stupore del sole si incrociano con il nero vulcanico delle scogliere rocciose e si mischiano alle spine del fico d’india, dal sapore dolcissimo, ma… fate attenzione! Punge!
Salvo Zappulla