C’è una Milano bella di giorno, efficiente, imprenditoriale, frenetica, dove la gente si organizza in partiti separatisti per prendere le distanze da un Sud palla al piede e scroccone. E c’è una Milano oscura invece, che dal Sud è stata ingoiata, ridotta a metastasi, ingabbiata, schiavizzata, svuotata dall’interno, riempita di rifiuti speciali e scorie radioattive. Questo libro di Giuseppe Catozzella, “Alveare” (edito da Rizzoli, pagg.242, € 17,50) apre scenari inquietanti, ci proietta in una bolgia dantesca nella quale si consumano soprusi e soverchierie, regolamenti di conti, delitti efferati. Tutti in nome del dio denaro. Un mostro ebbro di potere che non vuole ostacoli sul suo cammino.
La ’ndrangheta non concede sconti. La ribellione si paga con la vita. Ho vissuto a Milano negli anni ottanta, l’ho amata e l’amo ancora tantissimo, vendevo il Folletto porta a porta in giro perla Lombardia e già essere arrivato al Nord mi sembrava un grande traguardo conquistato. Abitavo in una zona popolare di Milano, a Baggio, e ricordo che già allora napoletani, calabresi e siciliani spadroneggiavano. Un certo Tonino di Gioia Tauro, basso e tarchiato, tatuato fino alla punta delle dita e persino nelle chiappe e nella faccia (tanto che ormai non si capiva più quale fosse la faccia e quali le chiappe), era il re incontrastato del quartiere. Io, giovane di belle speranze e con sogni di letteratura in testa, ero arrivato da poco. Tonino mi offriva sempre bianchini e dolcetti, mi aveva preso in simpatia. Un giorno lo incontrai, aveva la gamba ingessata, mi chiese la cortesia se potevo andare in un bar due vie distanti e farmi dare cinquecentomila lire dal barista per lui. Mi disse che il barista già sapeva. Andai. Santa ingenuità. Il barista mi diede i soldi senza fiatare. Leggendo ora il libro di Giuseppe mi rendo conto di essermi reso complice di un’estorsione. Dovrò rimanere quindici giorni a pane e acqua per cancellare questo peccato.
In “Alveare” ci sono nomi e cognomi di famiglie dedite al malaffare, cifre, documentazioni, episodi dettagliati. Giuseppe intreccia ricordi di infanzia, a volte commoventi (la figura del padre, onesto lavoratore, che ha fatto una fine indegna. La bambina straniera schiacciata da un camion al mercato ortofrutticolo), altri tremendamente duri e tremendamente drammatici (gli atti di vandalismo e di teppismo nelle scuole e soprattutto l’omertà, la paura che attanaglia la gola e costringe a subire in codardo silenzio). Ne è venuto fuori un libro-inchiesta che apre squarci nel buio, scuote le coscienze, apre gli occhi a quanti, nel Nord, si ritengono immuni dal Male. Quasi una beffa del destino.
Mi sembra di vederli i vari Bossi, Maroni, Calderoli, pontificare dai loro pulpiti per una Padania libera e indipendente, mentre Tonino di Gioia Tauro, da sotto il palco, se la ride intento a lucidare la canna della pistola.
Un libro coraggioso, ci vuole sempre coraggio quando si fanno denunce e si scoperchiano verminai, un libro che solo un giovane idealista poteva scrivere, uno convinto che ci si debba alzare le maniche in prima persona per migliorare questa società di merda. A costo di pagarla cara.
Salvo Zappulla
Incontro con Giuseppe Catozzella
Giuseppe Catozzella collabora con “L’espresso”, ed è l’editor della collana Junior di Giangiacomo Feltrinelli editore. Un ragazzo dal viso pulito e le idee chiare. Di recente è stato a Palermo, ospite di “Radio 100 passi”, invitato a ricordare Peppino Impastato.
Giuseppe, leggendo il tuo libro, la cosa che più mi ha colpito è il fatto che nessuno, o pochissimi, al Nord denunciano i loro aguzzini. A cosa è dovuto? Paura? Complicità? Si sottovaluta il fenomeno? Da noi, in Sicilia, si sono costituite parecchie associazioni antiracket, la gente prende coscienza, comincia a ribellarsi
La situazione della Lombardia e Milano di questi anni assomiglia molto a quella della Sicilia e di Palermo degli anni ’70 e ’80. Tutti sanno che la mafia c’è ed è fortissima, ma la consapevolezza individuale non è ancora diventata consapevolezza collettiva. Sembra un passaggio da nulla, e invece è difficilissimo e segno di un enorme cambiamento. Arriverà anche al Nord, ma la gente ancora non è pronta. Non si denuncia per paura, per complicità e per omertà, esattamente come al Sud. In Lombardia, però, la natura dell’omertà è diversa da quella del Sud. Al Nord c’è un’omertà legata molto meno all’onore del silenzio e al senso di protezione della famiglia, o al fatto che “chi si fa i fatti suoi campa cent’anni”. Al Nord l’omertà è tutta legata al senso imperante dell’individualità, ma più ancora alla volontà di non nuocere alle ricchezze e ai vantaggi personali: di non nuocere al profitto.
‘Ndrangheta, camorra, mafia: tre diverse organizzazioni criminali, accomunate dal fatto di gestire enormi flussi di denaro. Cosa cambia dall’una all’altra nelle loro strutture interne? Nei codici comportamentali?
Tra le tre strutture organizzative delle mafie non cambia moltissimo. Tutte e tre sono società segrete con lo scopo di rimanere tali. La ‘ndrangheta però è di gran lunga la più impenetrabile, per ragioni essenziali e per ragioni storiche. Le prime riguardano da un lato il vincolo di sangue che soltanto esiste tra gli affiliati della mafia calabrese, e non nelle altre due, e dall’altro la struttura molto più ferrea della società segreta, legata a riti arcaici e anche religiosi, formule segrete e quasi magiche da mandare a memoria e vincoli di morte. Le ragioni storiche vogliono da un lato un fortissimo indebolimento di Cosa Nostra dopo gli omicidi Falcone e Borsellino che ha portato a un altissimo numero di pentiti che hanno scardinato l’associazione, e dall’altro la necessità per la Camorra di essere molto più “rumorosa” e presente sul territorio del casertano, per esempio, per la necessità di controllare un territorio profondamente diverso da quello calabrese.
La politica, i partiti del Nord, fino a che punto sono all’oscuro di questo fenomeno e fino a che punto sono inquinati.
La politica del Nord ormai non si può assolutamente dire all’oscuro della presenza della mafia nel tessuto produttivo e sociale delle sue regioni. In primo luogo a seguito di tutte le maxioperazioni che ormai tutte le procure antimafia delle regioni del Nord stanno o hanno già portato a termine (in Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Veneto), che in molti casi hanno visto implicati numerosi politici sia comunali, che provinciali che regionali. In secondo luogo, sempre più si scopre quanto il voto di scambio sia una realtà prevalente anche nelle elezioni del Nord Italia. La trama tra politica locale, mafia e imprenditoria è ormai scoperta. Nessun politico interpellato potrà mai dire di non saperne niente. Sono stati sciolti per mafia comuni in Lombardia, Piemonte, Liguria e molto vicini sono anche alcuni comuni emiliani. È proprio sulla politica locale che si gioca gran parte delle partite. Perché nel piccolo bastano pochissimi voti per prendersi un assessorato, che significa lavori, denaro.
Perché hai voluto scrivere questo libro?
Per dare sfogo alla voce della letteratura: raccontare la verità (ciò che viene tenuto nascosto, o che da solo si nasconde) attraverso la bellezza. Spero di esserci riuscito.
Salvo Zappulla