Rita Charbonnier nel museo di Nunzio Bruno a Floridia (sr)

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Rita Charbonnier

Rita Charbonnier  nel museo di Nunzio Bruno. A scanso di equivoci: non abbiamo inteso collocare la simpatica Rita nel museo del maestro Bruno a causa di qualche acciacco che incombe con l’avanzare dell’età, ma in questo articolo si vuole raccontare  un evento organizzato dalla vulcanica Cetty Bruno a Floridia.  Una serata in cui si presentava “Le due vite di Elsa” l’ultimo romanzo della famosa scrittrice, venuta da Roma per l’occasione. Rita ha un rapporto privilegiato con la Sicilia e quando la invitano, viene sempre con entusiasmo.

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… “Grazie. A Cetty Bruno, Maria Granata, Enza Vasile, a tutto lo staff del Museo Etnografico Nunzio Bruno di Floridia, un esempio di eccellenza nel cuore della Sicilia. grazie di cuore per avermi consentito di tornare, dopo tanto tempo, a Siracusa. Il mio primo romanzo è uscito nel 2006, e da allora ho trottato per l’Italia tra paesi e città facendo presentazioni, ma non ero mai stata in Sicilia! Dove tutto cominciò, per me, con la scuola di teatro dell’ Inda, che frequentai un numero incalcolabile (o forse dimenticabile) di anni fa.

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“Sono arrivata quindi con il cuore pieno di aspettative, tutte ampiamente soddisfatte se non superate. Cetty non ha inteso organizzare una presentazione ordinaria (la classica conferenza nel corso della quale tutti si preoccupano di dire cose molto intelligenti…), ma un vero “evento”, come lei l’ha definito. Arricchito dalla presenza visiva degli scatti fotografici di Franca Centaro, dalla recitazione di Cristina Mirto, dalla musica di Fabio Barbagallo; e dall’intervento della psicologa Aurelia Spagnolo. Una serata nella quale la parola, la musica, l’arte visiva e il pensiero si sono fuse, dando vita a un’esperienza teatrale, emozionante per me e senz’altro anche per i numerosissimi, e partecipi, intervenuti…

Molto più di una semplice presentazione, quindi, ma una serata dedicata alle donne, alle donne della storia, a quelle presenti e alle donne del futuro. Cosa ci facevo io in mezzo a tanto ben di dio? Mah, diciamo che ero stato tirato per i capelli dalla stravulcanica Cetty, minacciato, ricattato, vittima di indicibili violenze psicologiche. Non potevo rifiutarmi. Il mio intervento è stato brevissimo, non avevo molta voglia di parlare, causa anche un gran mal di stomaco. Il frullato di lumache con i peperoni, gustato da don Mariano la sera precedente, non aveva ancora esaurito il suo effetto devastante (benedetto  uomo, va bene le ricette stravaganti, va bene cercare di fare colpo sui turisti, va bene anche il frullato di lumache ma le conchiglie avrebbe potuto toglierle!) E poi a parlare sempre dei libri di Rita Charbonnier si rischia di andare in overdose e prendere la charbonite, una brutta malattia che crea dipendenza. Comunque eccomi ancora a recensire un romanzo di questa autrice, giunta alla terza prova narrativa. L’aspettavo al varco, consapevole che questo libro rappresentava una tappa fondamentale del suo percorso letterario. Uno scrittore a un certo punto della sua carriera o si appiattisce, si adagia sugli allori delle opere precedenti, o va oltre, spinto dal demone della competitività, dal sacro ardore della continua ricerca, dall’ambizione, dal desiderio di mostrare soprattutto a se stesso che è in grado di scardinare qualsiasi barriera; di possedere il grimaldello per impadronirsi dei segreti che la scrittura contiene nei suoi meandri più reconditi.

"Le due vite di Elsa", copertina

L’aspettavo al varco curioso, da lettore innamorato dei suoi scritti, pronto a “vendicarmi” con una sonora stroncatura nel caso mi avesse riservato una delusione. Una biografia romanzata di un altro personaggio femminile, seppur eccelsa, seppur scritta divinamente come solo lei riesce a fare, l’avrei considerata un altro passo avanti nella sua già luminosa carriera ma che probabilmente nulla avrebbe aggiunto e nulla tolto. E invece eccola qui l’ulteriore impennata: Le due vite di Elsa, (edizioni Piemme, pagg. 344, € 17,00): ci voleva questo romanzo, profondamente diverso dagli altri due, le ragioni è la stessa Rita Charbonnier a spiegarle:  “Elsa, la protagonista del romanzo, non è una persona famosa. Non è una grande artista, né è legata a un grande artista. Non è, per la prima volta, un personaggio realmente esistito; ma forse è la più vera di tutte le mie eroine. Sullo sfondo, però, c’è Anita Garibaldi”.

    Elsa ha il fuoco dentro, trasmette al lettore sentimenti di grande dolore, spesso violenti, persino disperati. Elsa, a differenza di Annamaria Mozart e di Maria Stella Chiappini, non appartiene alla storia, ma scaturisce direttamente dalle viscere della sua autrice, dal suo cuore, dalla sua intelligenza, dalla sua profonda sensibilità artistica. La protagonista di questo romanzo si dibatte furiosamente, come un pesce tirato fuori dall’acqua a cui manca il respiro, si dibatte nel groviglio del suo drammatico conflitto esistenziale, nel silenzio allucinante di una identità incerta; si rifugia nel suo mutismo ostinato per difendersi dagli elementi esterni ritenuti ostili. Elsa è un personaggio estremamente complesso e complicato, vive a Roma durante l’era fascista e deve fare i conti anche con una famiglia dalle idee ristrette che in fondo non fa nulla per aiutarla (a parte il padre il quale tuttavia non ha la personalità necessaria per imporre le proprie decisioni). E’ sola in un mondo racchiuso dentro una bolla di sapone, colpevolmente lasciata sola come spesso accade alle persone in difficoltà; sola in una società votata al perbenismo, la cui unica preoccupazione è quella di sbarazzarsi in fretta e furia dell’oggetto causa dello scandalo, come fosse il fagotto ingombrante di un pargolo concepito illegittimamente. Elsa lotterà con tutte le proprie forze per emergere dall’abisso in cui è sprofondata (e qui ancora una volta riscontro la grande forza di Rita Charbonnier.

La determinazione di Rita è la stessa dei suoi personaggi. Direi quasi una proiezione della sua personalità, un ‘alter ego’, lotterà con le unghie e con i denti per affermare il proprio diritto all’esistenza, le saranno d’aiuto la potente figura di Anita Garibaldi, nella quale Elsa si identifica, e di un medico che  prende a cuore la sua condizione.  Il quale, guarda caso, si chiama Giuseppe come il suo fantasticato eroe dei due mondi. Il pregio più importante di questo romanzo è l’ incessante lavoro  dell’autrice  per analizzare la psicologia di Elsa, la capacità di scavare tra le pieghe nascoste della sua anima e riconsegnarla alla vita. Il finale è di straordinario effetto,  risente sicuramente della sua (quella di Rita) predisposizione per il teatro.

Evito di parlarne per non rovinare la sorpresa, ma sicuramente un colpo d’ala di questa autrice di cui non sono ancora riuscito a individuare un difetto nella scrittura (Così, anche solo per il piacere perfido di poter scrivere qualcosa di negativo). Che altro aggiungere ancora? Complimenti. E appuntamento alla prossima stroncatura.

Salvo Zappulla

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