“La guerra fredda è cominciata con la divisione dell’Europa, e finirà solo quando sarà di nuovo unita”, così Georg H. W. Bush parlava della Guerra Fredda e di come sconvolse l’Europa.
Un aforisma significativo proprio alla luce della successiva disamina che faremo nel presente articolo, tratto da una ricerca su fonti giornalistiche russe e sulla sitografia specializzata, e che disvela una strana congiuntura: “proprio quando l’Europa unita (sempre se di unità si possa appieno parlare) scricchiola sotto i colpi della crisi economica mondiale e si divide su vari fronti, ecco che ricomincia la corsa ad accaparrarsi le migliori posizioni all’interno di essa”.
E come dice la stessa etimologia greca del termine Europa (Euros = lontano Ops= sguardo), bisogna avere uno sguardo lontano e d’assieme per cogliere questa sottile, quasi impercettibile sfumatura.
Da qualche anno i gruppi imprenditoriali russi, specializzati nella raffinazione del petrolio, quali Gunvor, Rosneft, e Lukoil stanno promuovendo quello che sembra un’ acquisizione di massa della capacità di raffinazione dell’Europa occidentale.
Le autorità nazionali e locali non solo accettano senza scrupoli ma danno addirittura il benvenuto alle acquisizioni russe, apparentemente considerandole delle vere e proprie misure in soccorso alla crisi che ha colpito le raffinerie europee e la forza lavoro coinvolta.
Il 2 marzo Gunvor, la compagnia di oil-trading di Gennady Timchenko, amico di Putin, ha annunciato la totale acquisizione della raffineria di Antwerp in Belgio. Questa è una delle 5 raffinerie della Holding Petroplus, la più grande compagnia di raffinazione europea per capacità di lavorazione (per un totale di 33,5 milioni di tonnellate all’anno) nonché il più grande raffinatore europeo indipendente, ovvero non coinvolto nel campo dell’estrazione o del commercio. Colpita dalla recessione europea e da bassi profitti causati degli elevati prezzi del petrolio, Petroplus ha alla fine cessato la produzione delle sue raffinerie ed è stata dichiarata insolvente tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012. Acquisendo la raffineria di Antwerp, Gunvor si sta espandendo per la prima volta dal commercio alla raffinazione di petrolio; e non in Russia, ma in Europa.
Con una capacità di processamento di greggio di 107.000 barili al giorno, o 5,2 milioni di tonnellate all’anno, la raffineria di Antwerp ha una posizione ideale collocata all’interno della zona ARA (Antwerp-Amsterdam-Rotterdam), un hub industriale e commerciale. Con una capacità di stoccaggio minima di 1,2 milioni di metri cubi, la raffineria gode di un accesso diretto al trasporto marittimo delle forniture di greggio e a canali interni per il carico dei suoi prodotti raffinati .
Questa raffineria ha un indice di complessità Nelson2 basso di 4.5 ma (nonostante e a causa di questo) è ben posizionata in nicchie di mercato dei prodotti derivati dalla miscela di greggio russo di qualità Urals e anche dalla miscela del greggio non convenzionale con il greggio Urals (“crude blending”). Questa raffineria già utilizzava una miscela di greggio Urals come materia prima e Gunvor è interessata a raffinarvi anche petrolio non convenzionale.
Gunvor vinse la gara per la raffineria di Antwerpen perché altri offerenti (apparentemente meri investitori finanziari) non potevano garantire le forniture di greggio e il mantenimento della forza lavoro. Il Belgio e le autorità provinciali perciò hanno approvato l’acquisizione di Gunvor. Il prezzo non è stato ancora divulgato ma alcuni analisti di Mosca stimano un prezzo scontato di circa 700 milioni di dollari.
La compagnia ha venduto 1,26 milioni di barili di greggio russo e non russo in media giornaliera durante il 2010 (i dati del 2011 non sono ancora disponibili.
Gunvor si sta lanciando ora in una strategia di integrazione verticale del proprio business petrolifero, cercando di associare il commercio e la raffinazione, e potenzialmente anche l’estrazione (più probabilmente fuori dalla Russia), anche se più in là nel tempo.
La raffineria Ingolstadt in Germania rientra tra le raffinerie insolventi di Petroplus Holding (la compagnia ha iniziato 5 distinti procedimenti di insolvenza per ognuno dei 5 impianti che possiede in Europa). La compagnia di stato russa Rosneft, appesantita dall’affare Yukos, è uno dei candidati alla gara, ancora non ufficializzata, per l’acquisizione di Ingolstadt. Molti altri gruppi di private equity e fondi si sono detti interessati alla raffineria tedesca, ma nessuno possiede direttamente del petrolio di sua proprietà. L’unica a possedere il greggio è Rosnfet, che grazie a questo potrebbe definirsi ben posizionata a vincere tra le altre, così come è avvenuto nel caso di Gunvor per la raffineria di Antwerpen.
Con una capacità di lavorazione di 110.000 barili al giorno, o circa 5,3 milioni di tonnellate per anno, volumi uguali a quelli registrati dalla raffineria di Antwerpen, la raffineria di Ingolstadt ha un indice Nelson superiore e pari a 7.3. Pensata per produrre distillati leggeri e medi, questa raffineria è un importante fornitore di prodotti petroliferi per le aree meridionali e centrali della Germania. Riceve il greggio principalmente dal porto di Trieste, attraverso il TAL, l’oleodotto Trans Alpino che dalla Baviera arriva fino alla Repubblica ceca. Nelle vicinanze di Ingolstadt, Rosneft possiede dal 2010 il 25% di Bayernoil (due raffinerie con una capacità di raffinazione di 10 mln di tonnellate) .
Il primo febbraio, la russa Lukoil ha incrementato la sua quota di partecipazione fino all’80% nel complesso di raffinazione ISAB, sito a Siracusa, in Sicilia, composto da due raffinerie – la cui capacità di raffinazione si aggira a 320.000 barili al giorno, o 16 mln di tonnellate all’anno – e gli altri impianti ad esse correlate. La compagnia russa ne ha acquisito una prima quota del 49% nel 2008, pagando al gruppo ERG 2,1 mld di dollari, con l’opzione di incrementare la sua partecipazione in futuro. E così è stato: il 31 Gennaio 2011 il Consiglio di Amministrazione di ERG S.p.A. ha approvato l’esercizio dell’opzione put per una quota pari all’11% di ISAB S.r.l. (60% LUKOIL – 40%ERG), mentre il 31 gennaio 2012, è stato approvato l’esercizio dell’opzione put per una quota pari al 20% , acquisita da Lukoil per un controvalore di 400 milioni di Euro. Lukoil ha, inoltre, l’opzione di acquisire il rimanente 20% nel giro di tre anni.
Secondo quanto emerso dalle dichiarazioni dell’amministratore delegato di ERG, “questa operazione consente a ERG di ridurre la propria presenza nella raffinazione in un perdurante scenario di crisi e di rafforzare ulteriormente la struttura finanziaria del Gruppo a sostegno dei futuri progetti di sviluppo in un difficile contesto finanziario”, una frase che può essere riassunta in “tagliare le perdite”. Posizionata per ricevere il greggio del Nord Africa, del Medio Oriente e della Russia, ISAB è considerata uno dei maggiori fornitori di distillati medi del mercato italiano e non solo, e rappresenta una delle più importanti acquisizioni fatte da Lukoil, in termini di capacità di raffinazione.
Lukoil possiede già “un altro piccolo boccone” nella raffineria Vlissingen nei Paesi Passi, una quota del 45% acquisita dalla francese Total nel 2009. Rosneft è proprietaria dal 2010, del 50% del più grande conglomerato di raffinazione della Germania, Ruhr Oel. Con questa acquisizione, Rosneft detiene una quota del 10% del mercato dei carburanti e lubrificanti in Germania.
Concludendo, si può affermare che la crisi economico-finanziaria dell’Europa Occidentale ha esposto l’industria della raffinazione ad acquisizioni e takeovers. E le compagnie russe si stanno ora accingendo ad una seconda tornata di espansione nel settore della raffinazione in Europa (la prima è stata nel 2009-2010). La strategia messa in atto e le tempistiche sembrano essere propizie in questa fase. Approfittando della loro ampia disponibilità economica, le compagnie russe stanno acquistando a prezzi convenienti le compagnie europee in crisi, si accontentano di bassi margini durante questa fase di recessione, e investono per riconvertire alcune raffinerie in modo da poter lavorare il greggio russo, in attesa di un’eventuale ripresa dell’economia europea e dell’arrivo di più alti profitti nel settore della raffinazione.
Come effetto cumulato, le compagnie russe stanno assorbendo flussi di reddito europeo su scale crescente. Un quadro, dunque, che fa subito rimbalzare agli occhi del lettore attento una sorta di “accerchiamento” economico da parte di questi potentati imprenditoriali che cercano di accaparrarsi location appetibili all’interno della fascia occidentale del vecchio continente.
E proprio quando si sta minando seriamente la credibilità del progetto federalista europeo a causa delle anzidette problematiche economico – finanziarie, e si dovrebbe pensare ad un recupero di quell’esperienza storica e politica che consentirebbe di mettere l’accento della disamina geopolitica ed economica sul “mare nostrum”, ecco che le “Super Potenze” tornano prepotentemente sulla scena, incominciando a brandire divisioni e condizionando la vita economica dei Paesi europei.
Senza infarcire di ideologie la presente trattazione , che attiene meramente alla sfera della geopolitica e della politica economica, sembra sempre più necessario che l’opinione pubblica europea e nostrana focalizzi l’attenzione su questi processi e si interroghi su quale modello di sviluppo intraprendere.
La società civile deve , infatti, porsi la domanda se per resistere alla crisi economica occorre farsi “assimilare” da altri modelli socio – economici o se bisogna essere fautori di un proprio modello di sviluppo con il quale , gli eventuali investitori stranieri si devono confrontare.
L’esempio non è lontano e per noi Italiani bisogna pensare ad un’altra penisola: la penisola scandinava.
La Scandinavia (Finlandia, Norvegia e Svezia) nella loro storia , che definirla isolazionistica è riduttivo, hanno saputo sviluppare quella coscienza di essere una comunità unita da valori fondamentali, quali le risorse naturali ed il mare e su di esse hanno fatto perno per imporsi a livello europeo come blocco geo – politicamente coeso.
Perché i popoli del Mediterraneo, uniti storicamente dall’Impero Romano, ed oggi divisi dai potentati mondiali non elaborano un’autocoscienza collettiva?
La categoria della filosofia del diritto, tipica della tradizione tedesca, del “volksgeist” ovvero dell’autocoscienza del popolo dovrebbe essere riscoperta ed attualizzata dai popoli del Mediterraneo, che “capitalizzando” quei valori identitari potranno creare una nuova “alleanza per lo sviluppo dei popoli” che sia foriera di un nuovo ordine globale.
Daniel Amato