E’ stata eseguita questa mattina un’ ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Filippo Riela, con il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre una seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere, per reato di associazione mafiosa, è stata notificata a Francesco Riela, attualmente detenuto con la pena dell’ergastolo con l’accusa di omicidio e per associazione a delinquere di stampo mafiosa; sono stati, inoltre, sequestrati beni per oltre 30 milioni di euro in aziende e auto di lusso, nella disponibilità della famiglia Riela.
L’indagine, condotta dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catania e coordinata dalla locale Procura Distrettuale Antimafia, ha coinvolto altre 26 persone, nei confronti delle quali è in corso la notifica di avvisi della conclusione delle indagini preliminari, e ha messo in luce come secondo l’accusa, la famiglia Riela, guidata dal fratello maggiore Francesco, dal carcere dove è recluso avrebbe continuato ad impartire disposizioni indicando la strategia di mercato tenendo importanti contatti con i vertici mafiosi siciliani, riuscendo, secondo l’accusa, con l’ausilio di numerosi prestanome, a mantenere il predominio nel settore del trasporto di merci deperibili su strada.
Ai 28 indagati, tra cui alcuni stretti familiari degli arrestati e uomini di fiducia della famiglia Riela, sono contestate numerose ipotesi di intestazione fittizia di beni oltre la truffa ai danni dello Stato per aver indotto in errore l’Agenzia del demanio riuscendo a rientrare nuovamente in possesso, mediante la costituzione del Consorzio Se.Tra, gestito, secondo l’accusa da un prestanome della famiglia, della “Riela Group”, complesso aziendale confiscato in via definitiva per mafia alla fine degli anni ‘90.
Gli esiti della complessa attività di indagine, prevalentemente tecnica, sono stati riscontrati dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia da ultimo quelle di Santo La Causa che hanno consentito, tra l’altro, di accertare come Riela tenessero fittissimi rapporti relazionali con numerose famiglie mafiose siciliane (tra cui, oltre Cosa Nostra Catanese, i Lo Piccolo di Palermo ed i Nardo di Lentini che, di volta in volta, venivano contattati per ottenere protezione per le aziende di famiglia, per ottenere nuove fette di mercato (o mantenere quelle già acquisite) o per dirimere contrasti sorti con altre imprese. Tali rapporti venivano mantenuti con regali di lusso, assunzioni di amici e familiari dei mafiosi presso le aziende familiari nonché attraverso la dazione di somme di denaro di notevole importo.