Si progetta di potenziare la linea ferrata che già 150 anni fa sfregiò la città di Catania. Insorgono le associazioni catanesi

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L’ipotesi di rimettere mano allo “sfregio” che fu perpetrato alla nostra città alla fine degli Anni ’60 del 1800 ci fa solo rabbrividire. Allora le proteste dei catanesi furono fortissime, ma non furono sufficienti a fermare lo scempio. Fu chiamato un ingegnere non catanese (Giuseppe Nardi di Caltanissetta) per progettare questo “mostruoso viadotto” che ha allontanato definitivamente la città dal mare. Ancora oggi a guardarlo dall’alto appare come una tremenda cicatrice sulla faccia di una bella donna. Per calmare e consolare i catanesi fu realizzato il “passiaturi” di via 6 Aprile, ma poca cosa in cambio di una vera violenza.

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Non parliamo poi dei danni che già quest’opera discutibile provocò nel sottosuolo. La galleria del tracciato cittadino inizia a piazza Currò dove ci sono i resti delle Terme romane della Madonna dell’Indirizzo. Dopo aver sfondato le mura medievali subito prima del cosiddetto pozzo di Gammazita, attraversa il sottosuolo (a pochi metri dalle fondamenta a nord del Castello Ursino. Poi sfondò a suo tempo le mura medievali (sepolte dalla lava del 1669) tra la porta della Decima e il Bastione di san Giorgio devastando probabilmente monumenti classici e necropoli che erano rimasti fuori dalle mura cinquecentesche.

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Oggi un progetto di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) prevede la realizzazione del doppio binario della linea ferrata Catania Siracusa. L’obiettivo è incrementare i collegamenti ferroviari passando dagli attuali 70 ad oltre 270 convogli in transito a Catania. Ma il timore delle associazioni civiche aderenti al Forum Catanese Cultura e Ambiente, tra cui l’Istituto Italiano dei Castelli, l’Inner Wheel di Catania, l’Etna Garden Club, la Delegazione di Catania del Fondo Ambiente Italia e la sezione locale di Italia Nostra è che a farne le spese di questo “allargamento” possa essere ancora una volta quel poco che resta del paesaggio cittadino nel tratto di via Dusmet e il sottosuolo nel tratto interrato che va da piazza Currò a via della Concordia (stazione Acquicella), devastando l’area di piazza Federico II di Svevia sotto la quale passa il percorso interrato che dovrebbe essere ulteriormente allargato (senza contare che una nuova galleria deve necessariamente rispondere alle nuove normative che richiedono sistemi di aerazione e evacuazione in superficie).

Far ripetere alla città questa triste esperienza a più di 150 anni dalla prima è veramente troppo.

«Se venisse attuato l’intervento previsto dalle Ferrovie – ha dichiarato Antonella Mandalà, presidente del FAI Catania – il centro storico della nostra città potrebbe subire danni notevoli, così come rilevato dalla stessa Sovrintendenza ai Beni culturali e dagli esperti del comune. In particolare sarebbero intaccate zone di notevole interesse come gli archi della marina, che dovrebbero sostenere un peso eccessivo e verrebbero snaturate con l’installazione di pannelli fonoassorbenti in plexiglass alti quasi 8 metri». Per il momento i cantieri non saranno aperti in attesa di nuove valutazioni da parte dei vertici di RFI.

Secondo il senatore del Pd, Enzo Bianco, «già la spessa rete metallica montata lungo tutto il “passiatore” prelude al resto del progetto, nascondendo alla vista il mare e il porto» e inoltre si dice pronto a chiedere l’intervento del ministro alle Infrastrutture per bloccare l’opera.

Non sarà facile convincere RFI ad accettare il progetto alternativo realizzato dai tecnici del comune di Catania e già previsto nel nuovo Piano Regolatore.

Per il pomeriggio del prossimo 23 giugno il Forum Cultura e Ambiente ha organizzato una passeggiata sui luoghi in cui dovrebbe essere allestito il cantiere in piazza Federico II di Svevia. Anche il Gruppo Azione e Risveglio ha in programma una serie di iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica. Il 29 giugno in via Etnea si svolgerà la «Parata dei 100 tamburi» che si dirigerà verso gli archi della marina nell’ambito dell’iniziativa «C’era una volta il mare» che si concluderà il 30 giugno.

Noi abbiamo un’altra proposta. Eliminare definitivamente quegli orrendi “archi alla marina” e ridare il mare a Catania eliminando anche la recinzione dell’area portuale. Provocazione? Si, ma come sarebbe bello.

Corrado Rubino

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