La Fay Weldon italiana

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Elvira Seminara

Ci sono persone che scrivono libri e diventano scrittori. E ci sono persone che scrivono libri e, oltre a diventare scrittori, diventano anche personaggi. Per la loro personalità, l’impegno civile, il coraggio di andare controcorrente. Queste persone sono un punto di riferimento anche per gli altri. Elvira è una di queste. Certo che a mettere in un romanzo per titolo  un epitaffio nessuno ci aveva ancora pensato, nemmeno i grandi scrittori inglesi maestri dell’ironia macabra. Nemmeno il grande Woodehouse, nemmeno il mitico Alan Bennet. Tanto di cappello allora se la titolare di questo frizzante Scusate la polvere, edizioni Nottetempo, è una scrittrice catanese che in un colpo solo risolleva le sorti letterarie di una Sicilia tradizionalmente piagnona e votata al martirio. E i vinti del buon Verga, gli sfigati di Vittorini, gli emarginati di Bufalino, i piglia ‘n culo di Sciascia, gli inetti di Tomasi di Lampedusa.

A parte l’ironia tutta sicula di Camilleri, l’ingegno di Pirandello, i focosi quadretti di Vitaliano Brancati, mancava nella nostra terra un autore di un certo rilievo in grado di raccontare con penna dissacratoria e spumeggiante i tic, le ansie, le nevrosi quotidiane, disseminando tra le pagine battute al vetriolo e riflessioni filosofiche. Per essere chiari mancava dalle nostre parti una Fay Weldon. Ed eccola qui la Fay Weldon italiana: Elvira  Seminara, giornalista e scrittrice di successo. Femminista quanto basta,  paladina delle casalinghe oltraggiate; portavoce delle donne  sull’orlo di una crisi di nervi, il cuore infranto e l’anima a brandelli. Il tutto condito da una scrittura densa di umori fantastici e  artifici postmoderni.

“Scusate la polvere” di Elvira Seminara

Questo libro arriva come un acquazzone ad agosto a portare un po’ di refrigerio, a ricordarci che si possono trattare temi delicati quali un tradimento o un naufragio esistenziale con ironia. Anzi con autoironia, cosa ancora più intelligente, perché saper ridere di se stessi aiuta a sdrammatizzare. Ed Elvira ha una delicatezza sopraffina nel giocare con i doppi sensi, le allusioni, le metafore, si muove nella sfera di un apparente realismo quotidiano, che si gonfia di sarcasmo e si deforma nei linguaggi del grottesco e della parodia. Ora strappa un sorriso, ora una risata da far traballare la dentiera. Mette a nudo le debolezze umane alle prese con il grigiore dell’esistenza borghese.  Ora una riflessione amara, ora un gesto di solidarietà nei confronti della protagonista del romanzo (Coscienza, Enza, Cosce, Zen, o come diavolo si chiama. Già il nome è tutto un programma). Chi lo ha mai detto che la letteratura ironica sia letteratura minore? Balle. C’è troppa gente abituata a prendersi dannatamente sul serio, come se le sorti del mondo dovessero dipendere da loro. E invece siamo tutti meteore in questa terra, teatranti in festa con la morte nel cuore. Commedianti impegnati a recitare parti assegnate da altri. Io amo immensamente quel geniaccio anarchico di Achille Campanile, ho divorato tutti i suoi libri. Mi sono formato sugli editoriali, nella Gazzetta dello Sport, del mai abbastanza compianto Beppe Viola.

Se qualcuno mi chiede quali sono i miei riferimenti letterari, non ho dubbi: Beppe viola e Gianni Brera. Quindi libri come questo sono per me distillati di saggezza.  E… scusate la polvere. Ma quale polvere? Forse le ceneri del nonno, scambiate per zucchero e aggiunte nel caffè? No quella di Elvira (la polvere non le ceneri), la polverina magica disseminata nel libro, quella che aiuta a rendere più vivibile l’esistenza. Basta saperne cogliere l’essenza e tutto si trasforma: al semaforo scatta subito il verde, una marcia funebre si trasforma in un Allegro di Bach. Provare per credere. O meglio, leggere questo gustosissimo libro per risollevarsi il morale.

Salvo Zappulla

 

 Intervista a Elvira Seminara

 

Cara Elvira diciamolo pure, senza paura di apparire presuntuosi: Coscienza, Zen, Enza o come diavolo si chiama, è diventata uno dei personaggi letterari più amati dai lettori. Un pizzico di follia, tanta insicurezza, ma soprattutto tanta umanità. Chi è Coscienza,  l’alter ego di Elvira? E chi è Elvira Seminara?

Io penso che c’è un barlume di Coscienza in ogni donna … Quel cinismo innocente, quella capacità di passare dalla risata al pianto in un soffio, tutta femminile. Il grande Machado scrive “Hay dos modos de Conciencia: una es luz y otra paciencia.”  Due modi di coscienza: luce e  pazienza.  Da Cosce a Zen, qui poi c’è l’intero arco di possibilità di una donna!  L’idea delle tesi bislacche in effetti è un po’ autobiografica.   Non nel senso che anch’io come Zen le facevo in nero, attenzione!  Ma quando insegnavo a contratto nella facoltà di Lettere, mi piacevano i temi nuovi e bizzarri. E anch’io come lei ho il dolico-colon. Tutto qui.  Però è vero che, da quando ha letto questa storia, mio marito evita le strade prossime a  buche e fossati!”

La scrittura, la forza della scrittura quanto può incidere sulle Coscienze. Lo scrittore, l’intellettuale ha ancora un ruolo determinante in questa società?

 “Non mi pare, ahimè. Gli ultimi scrittori intellettuali che hanno parlato alle coscienze sono stati Pasolini e Sciascia. Adesso agli scrittori si chiede di fare immagine, promuovere il prodotto.  Non basta più fare un buon libro, devi saperlo vendere, posizionarti insieme a lui sul mercato…Se poi sei telegenico,  e  canti e balli ancora meglio. Che malinconia. Invidio gli scrittori di ieri che potevano scrivere e basta, da soli, senza dover curare siti e blog e profili sul web. D’altro canto, se in un mese si assiepano  sul mercato ben 4.000 libri nuovi, è anche vero che un po’ di cura ci vuole, per farli  respirare!”

I libri letti e i libri scritti quanto hanno inciso per te ? C’è un libro che ti ha cambiato la vita? 

“Certo, L’indecenza mi ha cambiato la vita, e non solo perché stato il primo romanzo, scritto in tre mesi e pubblicato in sei (dalla Mondadori) ma soprattutto perché è stata una grande avventura letteraria e umana. Però.  Più che libri che mi hanno cambiato la vita, ci sono libri a cui ho cambiato la vita, ad esempio Emma Bovary, che nella mia mente non si è affatto uccisa ma  ha lasciato il noiosissimo marito, ha vissuto libera viaggiando, e poi ha scritto un libro di memorie con lo pseudonimo di Gustave Flaubert. E’ entusiasmante cambiare la vita ai libri”.

E la professione di giornalista?

“E’ un esercizio salutare per ogni  autore,  perché ti  allena alla curiosità,  a interrogare il mondo,  a usare appieno tutti i sensi per cogliere il dettaglio, a praticare la sintesi nel linguaggio, a cercare il dialogo col lettore. E soprattutto a contenere l’Io,  quella zavorra  narcisistica che nutre e molesta ogni scrittore.”  

Il complimento che ti ha fatto più piacere riferito ai tuoi romanzi.

 “Me l’ha fatto una ragazza ieri,  per  Scusate la polvere : “questa storia è  come una bella bevuta di champagne con un’amica, seguita da un  lungo abbraccio!”. In questo momento della mia vita mi piace sentire l’utilità delle parole,  il loro potere di trasmettere, in questo  gorgo di precarietà, senso e sentimenti veri”

Cosa bolle in pentola? Possiamo avere una piccola anticipazione?

 “Adesso sto seguendo i miei libri in viaggio, ed è bellissimo perché fanno da ponte con altre e diverse realtà.  L’indecenza è stato appena tradotto in olandese, poi ci sono le traduzioni in Bulgaria, in Brasile, in Polonia. Ed è appena uscito con Mondadori “Non è un paese per donne”, una bella e trasgressiva antologia  di racconti introdotta da Miram Mafai, dove siamo donne a scrivere di donne. Molto lontane,  naturalmente, dai corpi  spigliati  e   spogliati  che con tragica ilarità impazzano in Tv.”

Salvo Zappulla

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