Leggere questo romanzo, “L’ombra di Jago”, edito da Sampognaro&Pupi, è stata una piacevole scoperta.
A volte cerchiamo i nuovi fenomeni contemporanei nei salotti letterari, sotto i riflettori delle abbaglianti luci degli studi televisivi e non ci rendiamo conto che gli scrittori veri preferiscono lavorare in silenzio e lasciare che siano le proprie opere a parlare per loro.
Vincenzo è un tipo schivo, che legge, si documenta, si confronta, lavora sulla pagina. E i risultati sono eccellenti. L’ombra di Jago è un romanzo maturo, una scrittura di ampio respiro, che prende, incide sulle coscienze, lascia il segno. Personaggi reali o estremamente realistici che incrociano i loro destini, intenti a difendere nobili cause o piccoli interessi di bottega. Vincenzo conosce a fondo il mondo della scuola e ne illustra in maniera eccelsa i retroscena. Un direttore didattico codardo, sempre pronto a compiacere i potenti, insegnanti costretti ad adeguarsi per quieto vivere.
Ma come spesso accade nelle storie e nella vita ci sono anche persone disposte a non piegare la testa, a lottare per difendere i loro ideali di giustizia. L’eterna lotta tra il bene e il male. Il professor Serravalle, docente di Filosofia e Storia, è un uomo integro, non disposto a venire a patti con la propria coscienza, le sue idee spesso e volentieri entrano in conflitto con le ragion di Stato che vorrebbe imporre il suo superiore. Così come il commissario Costante è determinatissimo a svolgere per intero il proprio dovere, venendo a capo di due omicidi particolarmente intricati e cruenti. Vincenzo tocca temi sociali importanti quali il razzismo e le prevaricazioni, è una disamina impietosa la sua su una società ipocrita sempre pronta a schierarsi dalla parte dei più forti. E lo fa con una scrittura intelligente, condita da piacevole ironia, non disdegnando di rendere pubbliche le proprie simpatie politiche.
Quel Presidente del Consiglio amante del bunga bunga mi ricorda qualcuno. Prodi? Berlusconi? Monti? Non saprei dire con esattezza, ma sicuramente uno dei tre. Il bullo della scuola, il personaggio più odioso del romanzo, si chiama Silvio. Sarà una coincidenza?
Mha! Immagino Maimone che se la ride sornione (fa anche rima) sotto il pizzetto. Un autore mette sempre una parte di se stesso nelle opere che scrive, personaggi immaginari e compagni di viaggio, in questo treno senza conducente che è la vita, si rincorrono, vengono messi a nudo, spietatamente disarmati, diventano maschere beffarde in cui tutti possiamo rispecchiarci, riconoscere le nostre debolezze, portatori di miserie dalle quali nessuno può ritenersi immune. Il tutto con apparente levità.
E invece la forza dell’autore, di questo autore, sta proprio nel fatto di saper tirare fuori verità a volte brutali, spesso difficili da digerire, coinvolgendo il lettore, senza fare moralismo spicciolo.Un bel romanzo. Davvero un gran bel romanzo.
Salvo Zappulla