La compagnia norvegese rimette la sua quota di azioni al monopolista russo, che ha così il controllo quasi completo dello Shtokman: serbatoio di oro blu nel Mare di Barents fondamentale per Mosca per il mantenimento in funzione del gasdotto NordStream
L’uscita della Norvegia dai lavori di sfruttamento di uno dei giacimenti di gas più ricchi del pianeta è un fatto destinato a cambiare sensibilmente la geopolitica energetica europea degli anni a venire. Nella giornata di martedì, 7 Agosto, il colosso energetico norvegese Statoil ha dichiarato la fine della sua collaborazione nel consorzio deputato allo sfruttamento del giacimento Shtokman: compartecipato per il 51% dal monopolista russo, Gazprom, e per il 25% dalla compagnia francese Total.
Secondo quanto dichiarato dall’agenzia Interfax, e ripetuto dal portale di informazione Dn.no, la Statoil, che ha consegnato ai russi il 24% delle sue azioni, sarebbe stata portata all’abbandono dei lavori su uno dei giacimenti più ricchi della terra per via di continue incomprensioni con Gazprom, legate, in particolare, alla modalità di sfruttamento del gas naturale estratto dal sito.
I norvegesi non hanno concordato con la proposta del monopolista russo di immettere fin da subito l’oro blu dello Shtokman nel sistema dei gasdotti di Mosca per venderlo ed ottenerne profitti immediati.
La decisione della Statoil porta indiscutibili vantaggi alla Russia nella politica energetica europea e mondiale. Finora, la Norvegia – Paese ricco di giacimenti naturali che non appartiene all’Unione Europea ma è membro NATO – ha rappresentato una sorta di serbatoio di sicurezza per i Paesi nord-occidentali del Vecchio Continente.
Per questa ragione, Oslo ha inteso migliorare le tecniche di estrazione, e rilevare quote nel numero più altro possibili di giacimenti nel Nord del pianeta stringendo alleanze e partecipando in consorzi con qualsiasi compagnia energetica di qualunque Paese.
La Russia, invece, ha visto nel Mare di Barents un serbatoio di importanza strategica il cui sfruttamento immediato avrebbe permesso il mantenimento in funzione dei progetti energetici di Mosca in Europa.
In particolare, l’oro blu estratto dallo Shtokman serve a Gazprom per riempire il NordStream: gasdotto costruito sul fondale del Mar Baltico per rifornire di gas la Germania e il resto dell’Europa Occidentale con l’obiettivo di bypassare ed isolare sul piano energetico Paesi dell’Unione Europea politicamente invisi al Cremlino come Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia.
Finora, per il mantenimento del NordStream – progetto energetico che divide l’Europa e garantisce alla Russia il mantenimento dell’egemonia energetica sul Vecchio Continente – i russi si sono avvalsi del gas proveniente dalla Siberia che, in diverse occasioni, si è rivelato insufficiente e in via di esaurimento.
Con l’acquisizione del 24% delle azioni dei norvegesi, Gazprom ha ora via libera per destinare l’oro blu estratto dal Mare di Barents al NordStream e, così, mettere in sicurezza il funzionamento del gasdotto.
Inoltre, non è escluso che, presto, il monopolista russo possa arrivare al controllo totale del giacimento: come rivelato da una nota della compagnia francese, la Total valuterà durante il prossimo vertice degli azionisti l’opportunità o meno di mantenere il 25% delle azioni dello Shtokman.
Lo storico dello Shtokman
Il consorzio per lo sfruttamento del giacimento nel Mare di Barents, registrato in Svizzera, nel cantone di Zug, con il nome Shtokman Development AG, è stato fondato il 21 Febbraio 2008 dal monopolista russo, Gazprom, e dalle compagnie norvegese StatoilHydro e francese Total.
L’avvio dello sfruttamento risale però al 1988, dopo la scoperta del giacimento da parte del professor Vladimir Shtokman. Subito, Gazprom avvia lo sfruttamento del serbatoio assieme al consorzio Rosshelf – comprendente una ventina di compagnie russe – fino al 1995, quando nei lavori sono inserite anche la compagnia norvegese Norsk Hydro, la statunitense Conoco Inc., la finlandese Neste Oy, e la francese Total.
Abbandonato il piano nel 2000, Gazprom crea un nuovo consorzio per lo sfruttamento del giacimento nel 2002 con un’altra compagnia russa, Rosneft. Nel Giugno 2005, il monopolista russo avvia poi una sosta di asta per individuare i partner non-russi a cui concedere la compartecipazione al nuovo consorzio.
Alla selezione partecipano compagnie di ogni provenienza, ma, nel Settembre 2005, ad essere scelte sono solo le statunitensi ConocoPhilips e Chevron, le norvegesi Norsk Hydro e Statoil – poi fusesi nella Statoil -, e la Total. Il 25 Ottobre 2007, nel progetto per lo sfruttamento dello Shtokman sono escluse le due aziende USA, e, fino ad oggi, il Mare di Barents rimane prerogativa unica di un’alleanza a tre tra Russia, Norvegia e Francia.
Matteo Cazzulani