Un viaggio nella Venezia del 1313

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“Il libro dell’Angelo” di Alfredo Colitto

Un viaggio suggestivo nella Venezia del 1313, una trama avventurosa dove i colpi di scena si susseguono, tra le nebbie e i miasmi delle esalazioni lagunari, le imbarcazioni silenziose, le calli che ci conducono in una dimensione quasi fiabesca. Un viaggio  a ritroso nel tempo  per raccontare  tradizioni e costumi dell’epoca, un sistema politico corrotto ad uso e consumo dei potenti; alchimie, superstizioni, credenze popolari, amori, messaggi incisi col sangue, vendette e nobili ideali. Alfredo Colitto  sa come tenere alto il ritmo dei suoi romanzi, costruisce trame fitte come ragnatele, lancia indizi criptati lasciando al lettore il piacere di svelarli con lo scorrere delle pagine. Anche “Il libro dell’Angelo” (edito da Piemme, pagg. 358,8 € 18.50) fa parte della serie che chiude la trilogia con protagonista Mondino de’ Liuzzi, il medico anatomista di Bologna  paladino degli oppressi, il quale non esita a mettere a repentaglio il suo matrimonio pur di correre in soccorso di persone che hanno bisogno di lui. Nella Venezia dell’epoca non è consentito trasgredire gli ordini dei governanti e Gradenigo, tra i membri del Consiglio dei Dieci, è  tra i più sanguinari, non esita a sbarazzarsi  dei suoi oppositori facendoli rinchiudere o eliminare fisicamente.  Ma Mondino non è uomo disposto a lasciarsi intimidire facilmente, non sopporta i soprusi, non si arrende, c’è il  mitico Sefer-ha-Razim da trovare, il Libro dei Misteri, dettato dall’arcangelo Raziel a Noè e da questi trascritto su una tavoletta di zaffiro. E c’è da trovare il vero assassino dei tre poveri fanciulli cristiani inchiodati alla croce, i cui corpi sono stati trovati vicino a San Marco.
Mondino è un eroe, capace di grandi riflessioni e grandi azioni, è di uno spessore tale, di una forza così prorompente da renderlo molto singolare nel suo genere. Si carica sulle spalle le ragioni dei deboli, non si arrende mai e quando sembra sul punto di soccombere riesce sempre a trovare nuove energie per mettersi in piedi e proseguire la sua avventura. Incarna quanto di meglio possa esprimere un uomo, spinge all’emulazione. Attorno a lui altri splendidi personaggi e donne caparbie come Adia e Mina, diverse per rango ma accomunate da una forte personalità e dal desiderio di proteggere l’uomo che amano. Un romanzo contagioso, da  leggere e da gustare.

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Alfredo Colitto, scrivere un romanzo storico, qual è il fascino e quale il rischio più insidioso.

Il fascino, almeno per me, è quello di ricostruire un’epoca, un mondo che non c’è più, e fare in modo che al lettore sembri di viverci dentro mentre legge il romanzo. Il rischio principale è quello di esagerare con le informazioni: per amore di precisione si rischia di sommergere il lettore con una quantità di spiegazioni sui costumi e sulla storia dell’epoca. Così l’intreccio del romanzo si interrompe di continuo e il lettore si annoia.         

Tu, oltre che scrittore, sei anche traduttore, conduci corsi di scrittura. Insomma una vita all’insegna dei libri e per i libri. Quale attività tra queste ti dà le soddisfazioni maggiori?

Scrivere è la mia passione, forse per questo mi dà le maggiori soddisfazioni e i maggiori problemi, come succede sempre negli amori passionali. Le altre due attività sono più “tranquille” diciamo così, ma ricche di cose belle. Il piacere di tradurre un bel romanzo è qualcosa che forse solo un altro traduttore può capire. E in quanto all’insegnare, è bello cercare di comunicare ad altri quello che hai appreso, il “mestiere”. Ogni volta che un ex allievo dei miei corsi arriva a pubblicare un racconto o un romanzo, provo una vera gioia.

Leggendo il tuo libro mi sono appassionato molto, è ricco di azioni e colpi di scena.  Ma esiste, a tuo parere, il pregiudizio tra i lettori che il romanzo storico sia sinonimo di noiosità? Come si fa per sfatarlo?

Credo che una certa diffidenza esista, e qualche volta è giustificata: anche a me è capitato di leggere romanzi storici noiosi. Di solito sono quelli in cui lo scrittore, poiché ha fatto tanta ricerca, cede alla tentazione di voler ficcare nella storia tutto ciò che ha imparato, c’entri o non c’entri con l’intreccio.

Come far scomparire questo pregiudizio? Mi piacerebbe avere la ricetta, ma purtroppo non ce l’ho. L’unico modo per convincere il pubblico a fidarsi è quello di pubblicare sempre e solo romanzi di qualità, in modo da creare anche da noi quella solida base di lettori di cui il romanzo storico gode nei paesi anglosassoni. E credo che negli ultimi anni questo stia accadendo.

I tuoi libri sono tradotti all’estero e riscuotono grandi consensi tra i lettori: qual è il segreto di tanto successo?

Il successo dei miei libri all’estero mi dà un piacere enorme, ma mi ha colto di sorpresa. Davvero non me lo aspettavo. Da quello che scrivono i lettori, e che tutti possono leggere su anobii, su Ibs e sui vari blog che si sono occupati dei miei romanzi, mi sono fatto l’idea che unire una ricostruzione storica rigorosa ma non intrusiva, personaggi con un certo spessore umano e il ritmo incalzante del thriller, sia stata la formula giusta. Ma ho avuto anche tanta fortuna. Il mondo è pieno di bravi scrittori che non arrivano mai al grande pubblico.

Salvo Zappulla

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