A settembre, in Sicilia, abbiamo dato il via alla campagna elettorale, con l’elezione del presidente della Regione e, passando per l’elezioni della coalizione premier, completeremo l’iter a maggio con le provinciali e, di certo, non ci faremo mancare le comunali. Un vero tour de force. Sempre che le traballanti maggioranze, quella di ieri e quella di domani, non si rimettano di nuovo in gioco. D’altronde sono stati ridotti i rimborsi elettorali, è giusto, quindi, che venga aumentato il numero delle competizioni elettorali. Scherzo, forse! Ma la verità è che, spesso, a pensar male non si sbaglia. E di motivi, per pensar male, ce ne sono in abbondanza.
Iniziamo ad esempio con quello che da loro stessi è stato detto, in tempi non lontani: la stabilità economica e finanziaria del nostro Paese dipende dalla credibilità delle istituzioni e da chi le rappresenta. E se dovesse sorgere un dubbio, è bene farsi una domanda, per esempio: come può una classe dirigente che, in questi giorni, in piena campagna elettorale, rimette nuovamente in discussione atti e misfatti votati ed approvati ieri, dare credibilità ai “mercati”, alle istituzioni internazionali? O forse dobbiamo pensare che lo dicano tanto per dirlo? Certamente no, forse!
Ma di queste affermazioni, come tante altre, ne sono pieni i giornali e le Tv ed ognuno ha modo di porsi delle domande e darsi delle risposte.
In fondo siamo in piena campagna elettorale, l’obiettivo è ambizioso e la guerra quindi è a tutto campo. Tutto ciò che è calcolato, è anche concesso, se necessario.
Troppo spesso, invece, vengono nascoste ai più e non trovano spazio nei media, le dichiarazioni che non ti sogneresti mai di trovare in documenti ufficiali ministeriali, come ad esempio:
Secondo il documento “METODI E OBIETTIVI PER UN USO EFFICACE DEI FONDI COMUNITARI 2014-2020 “, Presentato dal Ministero per la Coesione Territoriale, d’intesa con i Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, con il quale si apre il confronto pubblico
“Esiste un crescente consenso nell’interpretare le “trappole del non-sviluppo” – sia attorno a equilibri di arretratezza, come nel Mezzogiorno, sia attorno a un blocco della produttività, come nel Centro-Nord –quale risultato di scelte consapevoli delle classi dirigenti locali e nazionali. Tali scelte sono dettate dalla convenienza a estrarre un beneficio certo dalla conservazione dell’esistente – giovani non istruiti, accessibilità inadeguate, imprese inefficienti assistite, barriere amministrative all’entrata, ambiente non tutelato, bandi di gara e progetti mal fatti – anziché competere per un beneficio incerto in un contesto innovativo e in crescita – dove i giovani sono competenti, l’accessibilità buona, le imprese inefficienti acquisite da quelle efficienti, l’entrata è facile, l’ambiente è tutelato, bandi di gara competitivi e progetti ben fatti attraggono l’offerta dei migliori. In altri termini, l’azione pubblica è di cattiva qualità non per l’incapacità delle classi dirigenti che ne sono responsabili, ma per la loro espressa volontà”.
Delle parole che, nella loro ufficialità, altro non fanno se non alimentare quei dubbi che stanno rendendo forti movimenti d’interdizione come il Movimento 5 stelle. Parole che, ahimè, trovano conferme nei fatti.
Ed è per questo che è giusto porre una domanda a quanti, come noi, credono nel dialogo come base per costruire un futuro migliore, ovvero: La Sicilia, L’Italia, è in grado di cogliere l’opportunità di agire, di costruire?
Michele Cannavò