Le verità che non si dicono, i “misteri” che non si vogliono svelare, riguardano principalmente i Palazzi del Potere e coloro che li abitano, in residenza fissa o precaria, poca importanza ha. Verità e misteri nascosti costellano la vita quotidiana dei cittadini “normali”, i cui problemi oggi come oggi sono quasi esclusivamente di natura esistenziale, di lotta costante e continua per sopravvivere, e pertanto senza alcuna voglia di perdere tempo per cercare di capire cosa accade veramente nel mondo, nel proprio Paese, nel proprio territorio. Lo stato attuale delle cose – è nostra opinione – non è maturato attraverso tappe la cui origine si perde lontano nel tempo, e non è stato provocato da una condizione improvvisa di eventi, ma da una successione di eventi che riguardano la politica e la finanza, e da politica e finanza scaturiti.
Potere politici ed economici (finanza) si sono intrecciati, a volte in contrasto, quasi sempre in accordo, in una serie di trasversalità che hanno reso (e rendono) difficile cogliere il filo logico che porta agli obbiettivi finali prefissati. In un Paese come l’Italia, condizionato dalle Grandi Potenze, con trattati spesso bilateri i cui veri contenuti non sono mai stati rivelati alle collettività, il cittadino non ha voce in capitolo, non può liberamente esprimersi neanche con il voto. Il cittadino non riesce a comprendere la ragione delle crisi, ma ne subisce le conseguenze. Sebbene il cittadino comprende pienamente che “qualcosa” non funziona, che “qualcosa” non va per il verso giusto, non ha mezzi per reagire, né strumenti che lo possano tutelare. La commistione tra politica e magistratura (espressa in termini individuali, o di “parti” chiaramente schierate) determina non solo confusione, ma soprattutto pesante insofferenza verso le istituzioni. Viene inevitabilmente a cadere la fiducia verso chi regge la Cosa pubblica, verso coloro che dovrebbero fare gli interessi della collettività. Gli scandali (quelli che vengono a galla, una minima parte) contribuiscono ad alimentare la sofferenza, ad accrescerla. Si va avanti per reazione istintiva, non più per raziocinio, la ragione è messa da canto. Non ci sono punti di riferimento che possano definirsi certi, sicuri. Nel migliore dei casi si reagisce in maniera incontrollata ad un evento negativo, nel peggiore dei casi subentra l’apatia che conduce, poi, ad altri malanni, al forsennato egoismo, all’opportunismo sfrenato.
Non sono tempi belli, quelli che stiamo attraversando. E’ questo lo scenario nel quale si muovono i “protagonisti” delle imminenti elezioni nazionali in Italia: un palcoscenico da avanspettacolo di periferia in preparazione del “vero” spettacolo costituito dal risultato delle urne. In questo momento ogni attore – protagonista, comprimario, comparsa – esclama le sue battute, più o meno studiate o improvvisate, per accattivarsi l’applauso estemporaneo di un pubblico distratto. Purtroppo, a conti fatti, superate le “prove”, tanti attori andranno a calcare le tavole di un palcoscenico di classe superiore, e gli attori premiati indosseranno i panni dei governanti. C’è chi dice già “speriamo bene”, ma di speranze si vive poco e male: saranno i fatti a dimostrare se le scelte – gli applausi a questo o a quell’altro attore – sono state giuste o sbagliate.
C’è chi oggi sta sostenendo “votiamo Grillo” e ben motiva la determinazione: “È l’unico che può scardinare il sistema!”. Bene. Se c’è qualcuno che sta usando Grillo (e se fosse vero che Grillo si lascia usare consapevolmente) per scardinare un sistema putrefatto, potrebbe essere un’idea interessante che potrebbe interessare anche chi l’idea non ha avuto, in questo caso l’elettore che è stanco di vedere i soliti volti, le solite voci che promettono, il “cambiamento”, come hanno fatto sempre prima di una competizione elettorale, per poi agire diversamente. Bene: aiutiamo che vuole scardinare il sistema? E dopo? Se non c’è l’alternativa preparata e pronta, non si governa. Ma tanto non si governerà lo stesso, anche se Grillo non riuscirà a scardinare il “sistema”.
Sarà una realtà complessa, quella che verrà fuori dalle urne delle prossime elezioni nazionali, quando cadrà il velo sulle sceneggiate, sugli innamoramenti e sull’odio strumentale (o no) verso questo o quell’altro leader. Il “dopo” è dietro l’angolo, fra qualche settimana, e gli elettori non hanno sentito programmi ma soltanto, appunto, promesse. Con le promesse non si governa, di certezze neanche l’ombra.
Il quadro dell’attuale situazione ci mostra, quindi, una crisi che sembra essere senza fine e che è la più grave degli ultimi due secoli: una crisi figlia delle dinamiche impazzite causate dagli abusi di alcuni poteri forti di tipo finanziario, che stanno riuscendo a portare a compimento il progetto di dividere tutti i poteri “classici”.
È una stagione oscura quella che ci troviamo ad attraversare. In questo periodo storico è la ricerca e l’applicazione dell’equilibrio che può produrre una svolta: ci sono “mali” che indubbiamente devono essere condannati e distrutti, ma guai a usare l’esistenza del male inattaccabile come alibi per l’inazione e per giustificare coloro che ritengono di possedere il diritto illimitato d’imporre la loro definizione di valori. Il “dopo”, in pratica, anche se dietro l’angolo, è già arrivato: questo è il momento in cui le proposizioni costruttive dovranno trasformarsi in fatti concreti. Dovrà essere questo un SOS imperativo per quanti credono ancora in quei Valori che hanno fatto la Civiltà del Vivere, Valori che dovranno tornare ad essere le fondamenta di una nuova Costruzione per l’Uomo, per chi crede che una svolta alla disumanizzazione attuale possa ancora ottenersi e per chi crede che il “bene comune” non sia soltanto un’utopia.
Salvo Barbagallo