Ancora una volta Siracusa, culla di civiltà, patrimonio dell’umanità, viene violentata nella sua vocazione culturale. E’ incomprensibile come un Corso di Laurea in Beni Culturali, che nessun’altra sede potrebbe avere se non Siracusa, possa essere stato immotivatamente deportato in altra sede.
Alla luce di tanta oltracotanza, quindi quale fine proporsi?
Il fine è proprio il recupero di quella “civitas” che Marco Tullio Cicerone definì come “la più grande e la più bella città greca”, animosamente tuonando nei confronti della insensibilità e della deplorevole vessazione perpetrata da Gaio Verre, cioè, di Siracusa, di quella città, che già in epoca ellenica aveva rappresentato il primo grande impero di Occidente, le cui auliche, religiosamente incomparabili, oltre che nobili origini spinsero l’Imperatore Costante II nel 663 D. C. ad elevarla a Capitale dell’Impero dei Romani, a sede quindi della corte imperiale bizantina.
L’enormemente contratto excursus storico della sicula Syraka ritengo sia più che sufficiente per denotarne l’elitaria grandezza, propria di quel genoma aristocratico che le compete, titolo di cui solo pochissime città del globo si possono fregiare.
Quali vesti dimesse, ahimè, quale oramai decaduto passato, quale “fuit sed non erit” (fu ma non sarà), quale impareggiabile eredità donata agli incontrollabili giochi del vento: questa la triste e, perché no, funesta realtà in cui Siracusa è stata violentemente e insipientemente trascinata da uno sconsolante “sonno della ragione”, da una sempieterna dormitio, frutto non di morfeico avvolgimento, bensì di una “grassatio mentis” che ha visto primeggiare, peraltro senza rivali, le esponenze culturali siracusane.
“Svegliati, svegliati o Sion
metti le vesti più belle,
scuoti la polvere ed alzati….”
Basterà questa esortazione, di biblica memoria, a rappresentare il vessillo di una “Siracusa liberata”, perifrasi di quella Gerusalemme terrestre, meta e bersaglio di apocalittiche tribolazioni, così come Siracusa è stata e continua ad essere meta e bersaglio di falsità progettuali, di fantomatiche programmazioni, di roboanti proposizioni, di tronfii, ma inutili, ritualismi.
E’ più che mai necessario ed improcrastinabile unire tutte le forze intellettualmente oneste, aggettivo che tengo a sottolineare, affinché si tenti di creare una vera e propria corrente di pensiero, non un movimento, parola che piace a molti, soprattutto se parolai, ma un turbine che possa scuotere e coscientizzare le masse, che possa essere preludio di un vero e proprio rinascimento culturale della nostra città, di un’epoca cioè capace di segnare la storia, quella vera, non quella artificiosamente creata per mielare l’ardua sentenza dei posteri.
E’ sulla base di questi presupposti che bisogna denunciare ad alta, anzi altissima, voce il ratto, in senso di rapimento e non di topi, come quelli miseri di appartamento, che hanno con sacrilegio effettuato il depredamento a Siracusa del “Corso di Laurea in Beni Culturali”.
Non mi soffermo, anche se forse gli “intellettuali” di cui sopra ne avrebbero bisogno sul significato di “beni” e sul significato di “culturali”, impiegherei però molto tempo e per fare questo, dato l’argomento, ci vogliono menti allenate a pensare e studiare, quindi la mia vergata in proposito perderebbe di significato.
Obiettivo quindi è quello di ribaltare le coscienze, di porre in risonanza la società civile siracusana, anche mediante l’ausilio di mezzi telematici, al fine di recuperare ciò di cui, con manovre irrazionali ed insensate, siamo stati depredati.
Interroghiamoci ed interroghiamo la volontà popolare su una tale opera, le cui conseguenze ricadranno inevitabilmente sulle generazioni future che tutti i “servi di partito”, con demagogia di infima lega, dicono di favorire e di pensare costantemente: mi commuovo per le notti insonni che costoro sono costretti a trascorrere per tentare di risolvere tale problematica!!
E’ auspicabile che si attivi un apposito sito telematico con l’egida del Consorzio Universitario siracusano affinchè sia la vox populi e non il “vomitio” di pochissime persone, peraltro non qualificate né tanto meno adeguate ad esprimere sentenze culturali, a decidere le sorti dello sviluppo culturale di Siracusa. Ciò anche perchè a tali “personaggi” non compete assolutamente il principio dell’ “ipse dixit”, anche perché la loro trascendenza, in senso inverso però, non è compatibile con il “De Natura Deorum” di Marco Tullio Cicerone.
Non posso in questo momento non rimembrare quanto Wolgfang Amadeus Mozart recitava nel suo Sancta Maria Mater Dei K 273 per coro e orchestra: “ego omnia tibi debeo” (io devo tutto a te). E’ proprio con questa lapidaria, ma incisiva affermazione, che, come peraltro consuetudine per le nobildonne, io tuo umilissimo figlio, mi inchino di fronte a te o nobile Siracusa ed omaggiandoti con il mio accorato saluto, continuo a mormorare “o tempora, o mores!” (o tempi, o costumi).
Luigi Maiolino