Si perdono nel tempo le radici dello Statuto Speciale Autonomistico della Sicilia (leggi il testo integrale). Ma per non andare tanto lontano basta ricordare gli anni del fascismo, l’entrata in guerra dell’Italia e l’invasione della Sicilia delle truppe anglo-americane nel luglio del 1943. Lo sbarco di inglesi e americani fu per i Siciliani l’occasione propizia per ipotizzare di troncare il pesante legame che dal 1817 teneva l’isola forzosamente attaccata alla penisola. Nacque il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, e le prospettive del suo leader, l’ex parlamentare Andrea Finocchiaro Aprile, in quel momento in cui le sorti della guerra non erano ancora definite, vennero accolte dalle due potenze Gran Bretagna e Stati Uniti d’America: in quel momento le “visioni” di Finocchiaro Aprile potevano tornare utili. Una Sicilia indipendente ed atlantica al centro del Mediterraneo poteva essere un punto di riferimento di un certo rilievo, tenendo conto anche che il Comitato di Liberazione Nazionale (nel quale i socialisti ed comunisti avevano molta voce in capitolo) non dava ancora concrete garanzie di “atlantismo”, una
volta che la guerra fosse finita con esito favorevole. Fu per questo che, sicuramente, gli anglo – americani promisero ai siciliani una qualche forma di indipendenza rispetto al futuro assetto istituzionale dell’Italia.
Dopo la conquista militare dell’isola, durata 37 giorni dal 10 luglio al 17 agosto del 1943, gli anglo- americani tennero fede al loro patto e cominciarono a distribuire cariche pubbliche agli indipendentisti ma l’idillio si interruppe nel mese di dicembre del 1943. Il 14 di quel mese venne a Palermo il ministro degli esteri sovietico Andrej Vishinsky. La sua era una visita dovuta al suo status di rappresentante dell’URSS nella commissione
consultiva per l’Italia e del comitato interalleato per il Mediterraneo. I comunisti siciliani fecero di tutto per incontrare Vishinsky e finalmente riuscirono a fargli sapere, accentuando molto drammaticamente i toni, che i separatisti (come loro dispregiativamente sempre definirono gli indipendentisti) stavano monopolizzando la politica dell’isola grazie all’appoggio, nemmeno tanto velato, degli anglo – americani. Venne fatto capire
al potente ministro sovietico che l’isola stava per cadere nelle mani imperialiste. Il 19 dicembre, al palazzo
comunale di Palermo, Vishinky pronunciò lo storico discorso nel quale esaltò il Risorgimento e l’Unità d’Italia: era un messaggio chiaro: l’Unione Sovietica non avrebbe accettato una soluzione indipendentista.
Gli anglo – americani abbandonarono il MIS al suo destino ma, in qualche modo, si rendeva necessaria una nuova via per placare gli animi dei Siciliani. Il Governo italiano si vide costretto ad accettare la soluzione autonomistica per l’isola nei nuovi assetti istituzionali, che concesse soltanto il 29 agosto del 1945, a guerra finita.
Il 15 maggio del 1946 venne approvato lo Statuto Siciliano con Decreto Luogotenenziale n° 155 (l’Italia era ancora una monarchia retta dal “Luogotenente” Umberto di Savoia). L’approvazione dello Statuto fu il patto politico che mise fine ai disordini ed alle rivolte che sin dal 1944 agitavano la Sicilia e che avevano anche
portato alla creazione dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia). Quattro deputati del M.I.S. vennero eletti all’Assemblea Costituente: Andrea Finocchiaro Aprile, Antonino Varvaro, Concetto Gallo, Attilio Castrogiovanni.
Nel 1947 si riunì a Palazzo dei Normanni la prima Assemblea Regionale Siciliana: primo Presidente della Regione fu il democristiano Giuseppe Alessi e grandi prospettive si aprivano per l’isola che godeva, grazie al suo Statuto, della posizione di un quasi – Stato.
Lo Statuto Siciliano divenne parte integrante della Costituzione Italiana a seguito della Legge Costituzionale
n° 2 del 26 febbraio 1948. Ma quello che Roma aveva dovuto concedere non è stato mai applicato, grazie alla sete di potere dei politici isolani che, in cambio di posti di governo e privilegi, barattarono il progresso della loro terra con qualcosa che non si è mai saputo.
Per sessantasette anni lo Statuto Autonomistico Siciliano è stato tenuto ben custodito nei cassetti della Regione: tante forze politiche hanno sfruttato il temine “Autonomia”, tutte si sono guardate dal mettere in atto quelle norme, anzi, quando è stato possibile, sono stati portati colpi mortali alla sua sopravvivenza, come l’abolizione dell’Alta Corte di Giustizia che doveva regolare, in assoluta autonomia, i conflitti costituzionali tra la Sicilia e l’Italia.
Carlo Barbagallo