Il grave momento politico ed economico che attraversa il nostro Paese, che presenta un’incredibile linea di continuità ormai da tempo, pone inevitabili interrogativi: c’è chi vuole una perenne Italia destabilizzata e povera? C’è chi alimenta e favorisce uno scontro frontale fra le forze politiche in campo? C’è chi auspica il caos di una “primavera araba” in Italia? Cosa vogliono i cosiddetti poteri forti?
Non amiamo le teorie del complottismo: guardiamo le cose per quelle che sono, senza mistificare la realtà e la preoccupazione che possa accadere qualcosa di veramente malevolo per la nostra Terra e per i suoi abitanti è più che una sensazione a fior di pelle. E come la storia dell’ultimo mezzo secolo ci ha insegnato, gli avvenimenti più drammatici finiscono con il verificarsi in estate, in agosto, quanto l’attenzione della maggior parte della popolazione è indirizzata all’esodo vacanziero. E’ come se avessimo dimenticato i terribili anni di piombo, le stragi e le feroci conflittualità che si generarono, non solo nella politica. E dallo scontro politico oggi sta germogliando il fiore dell’odio che viene raccolto da fratelli dello stesso sangue.
La logica attuativa dei poteri “forti” – ignoti? – appare sempre più basata su un grado di scientificità tale da non consentire l’edificazione di alcun argine, la strutturazione di bastioni difensivi necessari per la legittimazione e l’attuazione di un’architettura sociale pienamente liberale e democratica.
Ma siamo in un Paese democratico? La “democrazia”, per come la conosciamo, non ha eliminato le disuguaglianze sociali, la povertà. L’autoritarismo spesso si nasconde dietro leggi e regole costituzionali: inevitabile, a volte, l’accentramento del potere in una “maggioranza” costituita e riconosciuta, che impone la sua morale ad una “minoranza”. Oggi, in Italia, la democrazia si sta confrontando con la sua crisi più acuta: alta la sfiducia nei confronti dei rappresentanti eletti democraticamente, anche per responsabilità proprie. Sembra che la “democrazia” attuale tenda all’eliminazione delle opposizioni (quali che siano) senza rendersi conto che si sta trasformando, forse e anche suo malgrado, in regime. La persistenza delle “imperfezioni” di un sistema democratico può spingere il Paese a momenti di anarchia con picchi di fibrillazione che possono sfociare in ribellioni violente.
E’ possibile che chi sta governando l’Italia non si renda conto dei pericoli esistenti?
Troppi interrogativi attendono risposte che, probabilmente, non giungeranno mai.
Lo scenario che abbiamo davanti non fa presagire nulla di buono: la “questione Berlusconi” che sta accalorando gli animi su opposte posizioni sta nascondendo la disoccupazione, la precarietà della vita comune, i mille e mille problemi che la crisi economica sta comportando.
C’è chi sta pilotando il disagio e il diffuso malessere nel Paese?
All’origine della catena del malessere il progressivo e rapido indebitamente delle famiglie, la mancanza di lavoro, le economie instabili. Processi accelerati da quella che sembra ai distratti osservatori un’incontrollata e incontrollabile globalizzazione che andrebbe, però, misurata nell’area territoriale pertinente.
L’instabilità crea, a sua volta, ulteriore instabilità.
Chi governa con egoismo e ambizione inevitabilmente allontana la fiducia, tende a cancellare la speranza: a pagare per gli errori perpetrati saranno gli stessi figli dei padri sconsiderati. Non può esistere dialogo senza la consapevolezza di un percorso che conduca all’equilibrio, senza una presa di coscienza di ciò che rappresenta il presente, se si vuole trovare una soluzione. Per potere programmare consapevolmente “un” futuro occorre, necessariamente, dare “un” senso al presente, partendo dalla ricerca di indispensabili equilibri.