Dalla Libia all’Italia sempre meno gas

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eniDi Matteo Cazzulani

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Assalto di ribelli alla centrale ENI di Nalout provoca l’interruzione del flusso di oro blu nel Greenstream. Il Nord Africa si rivela fonte di energia sempre meno affidabile

Non solo la crisi di Governo, negli ultimi giorni l’Italia è stata nuovamente sull’orlo dell’emergenza energetica. Nella giornata di lunedì, 30 Settembre, il gasdotto Greenstream, che veicola in Italia 8,5 Miliardi di Metri Cubi di gas all’anno, è stato interrotto.

Come riportato da Natural Gas Europe, a provocare lo stop del flusso di gas attraverso l’infrastruttura che collega Melillah a Gela è stato l’assalto alla stazione del colosso energetico italiano ENI di Nalout da parte di manifestanti berberi che richiedono l’inserimento della loro lingua nella Costituzione della Libia.

L’ennesima interruzione del flusso di gas dalla Libia, da cui l’Italia importa sempre meno gas, è simile a quella registrata dall’Algeria nel Gennaio 2013, quando un assedio da parte di un’organizzazione affiliata ad Al Qaeda alla centrale di Amenas -gestita dal colosso britannico British Petroleum e da quello norvegese Statoil- ha portato a allo stop delle forniture di oro blu in territorio italiano per qualche giorno.

Il venir meno del gas libico, che copre il 10% del fabbisogno di gas italiano, aumenta le forniture di oro blu in Italia da Algeria e Russia, che, secondo gli ultimi dati della Camera di Commercio di Milano, coprono ciascuna più del 35% del fabbisogno nazionale.

Tale incremento ha una ripercussione diretta sia sulla sicurezza nazionale, poiché l’Italia si trova completamente dipendente da due sole fonti di approvvigionamento, sia sul prezzo del gas per industrie e privati, destinato a lievitare.

Per questa ragione, è opportuno realizzare un progetto di diversificazione delle forniture di gas, così da consentire all’Italia di contare su una vasta gamma di approvvigionamenti in caso di crisi politiche in Nord Africa, oppure del taglio arbitrario delle forniture di gas che la Russia spesso attua come strumento di pressione politica nei confronti dell’Europa Centro-Orientale.

Gas azero e shale USA le soluzioni, ambientalisti permettendo

La dipendenza da Libia, Russia ed Algeria è legata alla politica energetica dei Governi Berlusconi, sotto cui i contratti per l’acquisto di gas sono stati negoziati, e firmati, sulla base dell’amicizia personale dell’ex-Premier italiano con il Presidente russo, Vladimir Putin, e l’ex-Dittatore libico, Muhammar Gheddafi.

Il Governo Monti prima, e sopratutto quello Letta poi, hanno dato un forte contributo alla diversificazione delle forniture di gas con il sostegno alla realizzazione del Gasdotto Trans Adriatico -TAP.

Quest’infrastruttura è progettata per veicolare 10 miliardi di metri cubi di gas dell’Azerbaijan all’anno in Italia -con un possibile suo prolungamento in Svizzera, Germania, Francia, Olanda e Gran Bretagna- dal confine tra Grecia e Turchia attraverso l’Albania.

Oltre che sul gas azero della TAP, l’Italia può puntare anche sull’aumento delle importazioni di gas liquefatto dal Qatar, sull’avvio delle forniture di LNG da Norvegia ed Egitto, e sull’acquisto dello shale dagli Stati Uniti d’America.

Come dichiarato sia dal Ministro per lo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, che dall’Amministratore Delegato di ENI, Paolo Scaroni, il gas liquefatto e lo shale dagli USA sono un’opportunità che l’Italia deve cogliere per mezzo della realizzazione di rigassificatori.

Secondo i progetti, terminali per l’importazione di gas liquefatto sono in programma a La Spezia, Brindisi ed Agrigento, ma la loro realizzazione può trovare ostacoli notevoli, nonostante il parere favorevole del Parlamento.

La crisi economica, che rischia di provocare un taglio negli investimenti dello Stato, è il primo impedimento alla realizzazione di infrastrutture necessarie per diversificare le forniture di gas.

Inoltre, la presenza di associazioni ambientaliste, tradizionalmente contrarie ad ogni investimento in materia energetica, può rallentare la costruzione dei rigassificatori e, con esso, privare l’Italia di infrastrutture di importanza fondamentale per la sicurezza nazionale e le casse dei cittadini.

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