A poco a poco, ma inesorabilmente, pare sgretolarsi sotto i nostri occhi. E’ la democrazia rappresentativa, che negli ultimi anni sta subendo una delle crisi più gravi da quando, al tempo dell’Illuminismo, ne furono tracciate le basi, stravolgendo di fatto gli equilibri di potere fino ad allora esistenti.
Il XX secolo è stato un periodo espansivo per le democrazie a livello mondiale, soprattutto nella fase successiva ai due conflitti mondiali. Ma la spinta propulsiva sembra essersi esaurita. E il rischio di salti nel buio e di percorsi regressivi è sempre dietro l’angolo e anzi si affaccia ogni giorno di più davanti agli occhi dei cittadini consapevoli. E sempre più spesso si parla di post democrazia, senza però a tutt’oggi essere in grado di definirne i contorni.
I motivi della crisi sono sotto gli occhi di tutti ma quello che viene da più parti citato come principale è relativo alla perdita di forza della politica nei confronti degli altri poteri, in primis quello economico-finanziario. Problema questo tra l’altro comune a tutti gli stati democratici se è vero come è vero che conflitti tra rappresentanza politica e lobbies finanziarie si sono svolti in quasi tutti i paesi occidentali e finora con rarissime “vittorie” del campo politico. Resistono all’influenza “maligna” di quelli che certa pubblicistica definisce gli “speculatori finanziari” solo quei paesi in cui, guarda caso, sono ridotti gli spazi di libera espressione come, per fare solo un paio di esempi, la Russia putiniana o la Cina del miracolo economico. E anche lì l’intreccio tra politica e finanza è troppo forte da poter davvero stabilire chi comanda su chi.
Altro motivo di crisi, questo esterno, è il conflitto con le teocrazie che si vanno sempre più espandendo ai confini dei paesi democratici nella sponda sud del Mediterraneo, nel Medio Oriente ed in Africa, ad esempio. E la lenta, ma pare inesorabile, trasformazione della Turchia da paese voglioso di occidente a paladina dei valori coranici anche in Costituzione non sembra un buon viatico per il futuro di aree in prossimità con l’Europa.
Infine non si può non citare il paradosso partecipativo che ha caratterizzato i primi anni del XXI secolo: ovvero la frattura sempre più evidente tra la voglia di partecipazione politica che sembra impregnare i social network e l’apatia e il distacco con cui vengono sempre più vissuti gli strumenti ed i momenti in cui, istituzionalmente, questa partecipazione ha avuto ed ha ancora davvero modo di esprimersi, non solo come mero sfogo di frustrazioni e desideri momentanei.
Il futuro in questi come in altri campi dell’essere democratico sembra tutt’altro che roseo e ne esamineremo, in questo ed in altri articoli che seguiranno, condizioni e prospettive