Di Luigi Asero
Non si finisce ancora di contare. I numeri non ci sono ancora per poter dire “è finita“. Il bilancio, ancora provvisorio, ci parla di 94 vittime, un vero e proprio “olocausto” ormai, fra queste vittime una donna incinta e 4 bambini. Un centinaio di superstiti ma un numero tragico di dispersi, probabilmente circa 250. E nessuno avrà mai il conto definitivo. In quella immensa tomba che è diventato il mar Mediterraneo. Tomba di disperazione e tomba di storie mai ascoltate, di storia provocata e di storia volutamente sopita. Tra un “intervento umanitario” e il completo torpore di quest’Europa che, in questi casi, non ci chiede nulla. Se non di non essere disturbata.
Ma la storia oggi è fatta di lacrime, tante. Degli stessi soccorritori per primi che, seppur abituati, stavolta a decine non resistono e scendono dalle motovedette i sacchi neri con i cadaveri senza riuscire a trattenere le lacrime.
E interviene subito Papa Francesco, che aveva fatto proprio a Lampedusa il suo primo viaggio papale. Interviene con forza, senza mezzi termini. Non c’è equivoco per una morale di tutti i governanti -nessuno escluso- che non esiste più. Pronuncia queste parole, con tono forte e deciso, a conclusione del discorso celebrativo per i 50 anni dell’Enciclica “Pacem in Terris”:
“Non posso non ricordare con grande dolore le numerose vittime dell’ennesimo tragico naufragio avvenuto oggi al largo di Lampedusa. Mi viene la parola vergogna: è una vergogna”
“Parlando di pace, parlando della inumana crisi economica mondiale, sintomo grave della mancanza di rispetto per l’uomo, non posso non ricordare con grande dolore le numerose vittime dell’ennesimo tragico naufragio avvenuto oggi a largo di Lampedusa”.
“Viene la parola vergogna. È – ripete papa Bergoglio – una vergogna”.“Preghiamo insieme Dio per chi ha perso la vita: uomini donne bambini, per i famigliari e per tutti i profughi. Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie. Solo una decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenirle”.