Dopo gli ultimi eventi che vedono il Governo in una perenne situazione di stallo (seppur in fondo al tunnel qualcuno vede la luce ma accade, pare, anche a chi si trova in stato comatoso), parla da Vilnius in Lituania il premier Enrico Letta giunto ieri per il vertice Ue. Letta dichiara in proposito “La nuova fiducia che il governo chiederà al Parlamento dopo l’uscita di Forza Italia rafforzerà il governo e ci consentirà di passare da un 2013 in cui siamo riusciti a ottenere risultati importanti giocando in difesa, sotto assedio, a un 2014 in cui siamo in condizioni di giocare in attacco“.
Si dice quindi certo di ottenere, ancora, la fiducia in Parlamento e non parla di verifica dei numeri. Ma poi aggiunge “Verifica, che brutta parola. Chiamiamola fiducia“, che -a dircela tutta- sembra più un esorcizzare la paura di un esito delle primarie Pd infausto al Governo. Anzi, a esser più precisi, appare come un voler prender tempo barcamenandosi nell’italica voglia di “tirare a campare” ché domani “è un altro giorno”…
Intanto il premier starebbe lavorando all’agenda 2014 come sempre improntata sulle riforme, quelle riforme spesso annunciate, oggetto di campagne elettorali perenni e solenni richieste di fiducia che spesso il Parlamento contiguo accorda ma che i cittadini italiani forse non concederebbero nemmeno più sotto tortura. Ma tant’è!
Letta osserva, acutamente, che ora bisognerà comprendere dove si posizionerà la nuova Forza Italia e forse, nella sua mente, comprende che deve anche gestire questo nuovo centro-destra, forse amico ma forse orfano di un punto di riferimento chiaro che dà la guida sulle mosse opportune. E questa guida mancante, o zoppicante, potrebbe determinarne il vero punto debole. Perché i numeri sono garantiti, ma l’istrionica capacità di riadattamento forse un po’ meno. E se le primarie Pd dovessero mostrare un segno di cedimento del centrosinistra, più forte di quanto evidenziato sinora, allora i numeri del centrodestra alfaniano potrebbero risolversi in una bolla di sapone per la nuova maggioranza di Governo. E Letta questo lo comprende bene.
Intanto proprio a Vilnius incassa lo stop all’accordo di libero scambio con l’Ucraina. Uno stop che Letta definisce un “errore storico”, ma che storico o meno, diventa un’altra tegola sulla fragile testa italiana.