Furono grandi a Berlino ed a Londra: sovrani e giudici: fu privilegiata la giustizia con sentenze che colpirono potenti di allora.
Furono grandi Cincinnato, Diocleziano, Carlo V: uscire dalle stanze del potere da vivi non è da tutti.
Ed i grandi lasciano un segno imperituro.
Due famose frasi sono collegate alle città citate. Un grido, quasi una preghiera di di speranza, la prima: “Ci sarà un giudice a Berlino!”. Un sospiro di conforto (di un re) la seconda: “Finalmente qualcuno (nota: il giudice) ha dato una lezione a mio figlio”.
Pensate un poco: due monarchi autoritari, assolutistici e tirannici accettavano, spingevano perché i giudici facessero i giudici senza privilegiare i nobili e senza danneggiare i sudditi (che venivano così trattati da veri cittadini).
E meraviglia suprema: tre “dimissionari”, ognuno “sponte sua”.
Cincinnato fu nominato DITTATORE, nella antica ROMA REPUBBLICANA, per mesi sei con un preciso mandato bellico-militare-politico. Orbene portò realizzò in sedici giorni i termini del suo mandato e subito si dimise dalla suprema carica: come dire “obiettivi raggiunti, supremi poteri rinunciabili”. E tornò ai suoi campi.
Diocleziano fu uno dei pochi grandi imperatori della “Roma caput mundi”. Al culmine del suo potere, lui, spietato tiranno e sanguinario repressore di rivolte, quando la sua immagine faceva tremare i nemici ed intimidiva gli “amici”, spontaneamente si alzò dal trono e si ritirò nella sua Illiria, a coltivare personalmente il suo orto.
Carlo V, il re di Spagna, fu l’imperatore sul cui regno non tramontava mai il sole: in senso proprio letterale! Eppure anche per lui arrivò il giorno della stanchezza e, abbandonato il trono, si ritirò in convento.
Se consideriamo i gli usi , costumi, leggi dei tempi che hanno visto i fatti ed i personaggi citati si può concludere: nei secoli andati, ancorché bui, sono esistiti uomini capaci di grandi gesta, per cui essi stessi hanno ben meritato il diritto di essere definiti grandi.
Grandi nel bene, grandi nel male ma liberi.
Liberi dal demone del potere a tutti i costi, dal demone del denaro come tale, liberi dalla vanità dell’apparire: registi ed attori insieme, mai comparse; emanatori di ordini, non succubi esecutori; burattinai non burattini; forse anche coscienti che il lungo esercizio del potere logora lo stesso potere; ed infine forse persino consapevoli che il potere comporta dei precisi doveri, che lo appesantiscono quale servizio a favore dei sottoposti.
Il potere non logora chi lo ha ma logora chi non lo ha?
Ma cosa ha dato alla nazione quel signore che ha pronunciato quella frase dal preciso momento (ed anche da qualche anno prima) in cui si è esternato? Gli eterni e sempre più sterili equilibri?
E cosa più grave dove erano i grandi studiosi, sostenitori che grandi regni ed imperi del passato sono stati devastati dalla ultradecennale presenza di “capi”, che, cessata la spinta iniziale, hanno portato alla stasi prima ed al crollo poi dei loro popoli? Già dove erano?
Facile concionare su chi è sparito da secoli! Tanto le macerie poi toccano a chi viene dietro.
Purtroppo le macerie ora sono toccate a noi.
Come a noi sono toccate le restanti mummie e cariatidi e i “migliori alunni” di cotanti maestri: tutti geniali, tutti insostituibili, tutti disinteressati, tutti santi, tutti creativi.
Dove sono, in queste nostre terre, gli uomini liberi che si pongono al servizio del popolo sovrano, per il bene del popolo, per il bene di tutti, per il bene dell’umanità?
Perché non si ergono i giudici (e ce ne sono validi!) con la spada della giustizia a tagliare ingiustizie, abusi, prevaricazioni, malaffare, e quant’altro?
Quando capiremo che non sono le epoche a creare i grandi ma i grandi ad incidere sulle epoche?
Noi siamo artefici non immagini: da uomini liberi (nell’intelletto, nella mente, nei sentimenti) però.