Elezioni Europee. Vincono apparati e segreterie politiche

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bandiera_europaDi Salvo Barbagallo

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Elezioni Europee e Governo (Renzi) Italiano sono andati a braccetto e per il PD è un fatto politico di rilievo: ha raggiunto (conquistato?) una percentuale di certo desiderata ma forse non sperata. Una percentuale che, nei decenni passati (nel 1980) è riuscita a raggiungere solo la “balena bianca”, la tanto “odiata” Democrazia Cristiana. Parliamo di una percentuale del ben 40,81 per cento! Tanto di cappello, si può dire, e Renzi ha tutto il diritto di definirsi il rottamatore dei tempi bui e può vantarsi pure d’avere aperto alla speranza la via del futuro d’Italia. Ma c’è veramente da rallegrarsi? All’interrogativo dovrebbe rispondere quel quarantadue per cento d’italiani che ha rinunciato al voto, cioè dovrebbero rispondere quegli oltre ventun milioni di cittadini che hanno scelto di non votare e hanno preferito rimanere a casa o andarsi a divertire. In Itala, è utile ricordarlo, ha votato solo il 58, 68 per cento, alle urne sono andati soltanto 28.908.004 italiani su 49.256.169 aventi diritto di esprimere la loro volontà con l’apposizione della loro preferenza sulla scheda elettorale.

C’è di più. Non tutti coloro che hanno votato hanno “scelto” un candidato o un partito. A conclusione dei conteggi si sono riscontrate, infatti, 577.856 schede bianche (pari all’1,99 per cento dei votanti), 954.718 schede nulle (pari al 3,30 per cento), percentuali che sommate raggiungono 5,29 per cento. Quindi la percentuale “reale” dei votanti in Italia non può considerarsi il 58,68 per cento, ma andrebbe considerata come il 53,39 per cento. Sicché il numero degli italiani che si è espresse a favore degli uni o degli altri inevitabilmente scende per posizionarsi a quota 27.375.494.

Non vogliono essere i conti (più o meno esatti) della serva quelli fatti: noi crediamo che i numeri significano qualcosa, e crediamo anche che non sia corretto considerare “solo” quei numeri che ci fanno comodo, ignorando il rimanente. Né Renzi, né Grillo, né tanti altri hanno speso una parola sul pesante astensionismo che si è registrato in Italia in occasione di queste elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo: nel bene e nel male a questi leader importava il “risultato” del voto, la “percentuale” da raggiungere in grado di porre un partito (o una coalizione) al di sopra dell’altro. Probabilmente hanno ragione, purché dopo non si speculi sul “perché” e sui “motivi” che portano il cittadino al progressivo e concreto distacco dalle istituzioni.

Un distacco e un disamore verso la politica e le istituzioni che si è avvertito maggiormente in Sicilia dove la percentuale dei votanti è calata al 42.88 per cento. In Sicilia su 4.316.268aventi diritto al voto oltre due milioni di elettori ha preferito dire “no!” alle urne. Un dato allarmante sul quale nessuno si è soffermato, tutti (o quasi) contenti dei risultati ottenuti.

C’è da chiedersi se a politici e partiti l’astensionismo non faccia proprio comodo. Noi riteniamo di si. Queste elezioni, come quelle che verranno se il cittadino “rinunciatario” non si risveglia dal suo torpore e reagisce di conseguenza, sanciscono (…almeno questa è la nostra opinione) il potere degli apparati e delle segreterie politiche, quelli che posseggono (e hanno posseduto da sempre) gli strumenti per coagulare militanti, simpatizzanti e postulanti in cerca di lavoro o collocazione. Inutile e fuorviante parlare di “voto di protesta”, non c’è proprio nessuna “protesta”, c’è solo un voto che si indirizza da una parte o dall’altra a seconda delle convenienze del momento. La protesta, purtroppo, è data dall’astensionismo, un astensionismo che “giova” a quanti sanno operare nel mondo della politica, a quanti sanno creare alleanze “improprie”, a coloro che “ci sanno fare”.

Astensionismo e giochi di potere che portano illustri sconosciuti alla ribalta con decine di migliaia di suffragi in nome di cambiamenti che non ci saranno, ma che sicuramente rappresenteranno interessi che non sono della collettività

Così è, se vi pare…

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