C’è una memoria volutamente cancellata dalla storiografia ufficiale degli ultimi settant’anni. Una memoria senza la quale non si può comprendere il presente che si vive, né ipotizzare lo scenario di un futuro. E la memoria che riguarda la Sicilia degli Anni ’40-’45 è il presupposto che può spiegare i mutamenti e non le “trasformazioni” che ha avuto l’Italia dal dopoguerra ad oggi, i nuovi assetti dell’Europa, la perenne instabilità delle nazioni dell’area del Mediterraneo. Qualche marginale fiammella si accende nel nulla per spegnersi subito nell’indifferenza generale: troppi i problemi del quotidiano che finiscono con il sommergere sporadiche e isolate iniziative, se pur coraggiose. Di tanto in tanto, localmente, qualcuno cerca di unire i brandelli di memoria sparsi, di raccogliere testimonianze e documentazione: un’azione che diventa sempre più complessa, sempre più difficile via via che il tempo allontana dalla scena personaggi e fatti.
Ogni anno, nei mesi di luglio e agosto, in diversi paesi della Sicilia Orientale, in provincia di Catania, si commemorano le vittime delle prime stragi naziste in territorio nazionale nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. Civili che persero la vita perché si erano rivoltati contro le truppe tedesche che si ritiravano verso il Continente dopo l’invasione dell’isola degli eserciti anglo-americani. Queste uccisioni vengono ricordate con lapidi affisse ai muri e anche nel corso di Consigli comunali “aperti”, come è avvenuto recentemente a Mascalucia su iniziativa della sezione locale dell’ANPI. Da tempo c’è chi chiede che la Presidenza della Repubblica riconosca quanto accaduto in questo paese e a Pedara il 3 agosto del 1943 quando la popolazione si ribellò alle truppe tedesche, come il primo atto in Italia della Resistenza al nazifascismo. Il giovane vice sindaco Fabio Cantarella ha sottolineato che più di un “riconoscimento” vale la memoria di quel giorno e che il ricordo possa restare vivo. Non per pessimismo, riteniamo che la gente di Pedara e Mascalucia più di tanto non possa sperare perché, a nostro avviso, nulla riuscirà a cambiare la storiografia consolidata per la quale il primo episodio di insurrezione popolare avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale in Italia è quello delle Quattro giornate di Napoli, 27-30 settembre 1943, quando i civili, con l’apporto di militari fedeli al Regno del Sud, liberarono la città partenopea dall’occupazione delle forze armate tedesche. Quanto è accaduto “prima” dei fatti di Napoli, così come è stato, continuerà ad essere ignorato, come “dimenticata” è rimasta la strage di Castiglione del 12 agosto 1943, quando i tedeschi massacrarono 16 persone e ne ferirono gravemente altre venti. Nei luoghi di questi misfatti la memoria resta, viene custodita gelosamente: è un patrimonio che nessuno vuole disperdere. I “riconoscimenti” dello Stato – o quantomeno, dei governanti lo Stato sono tutt’altra cosa.
Ci sarebbe da chiedersi, poi, ha che valgono i “riconoscimenti” quando volutamente si ignorano gli avvenimenti in Sicilia di quegli anni tumultuosi che precedettero la fine del conflitto mondiale e, in seguito, la stessa nascita della Repubblica Italiana.
La Resistenza italiana ha avuto inizio, anche se con forme del tutto particolari, in Sicilia: prima con la formazione di gruppi di dissidenza al nazifascismo (leggasi quanti aderirono a “Giustizia e libertà), poi con i gruppi di sabotatori (i gruppi armati di Canepa) delle installazioni militari, quindi con la ribellione popolare di Mascalucia, Pedara e Castiglione contro i tedeschi che si ritiravano dalla Sicilia dopo l’invasione anglo-americana.
“Resistenza” è sempre anelito di libertà, di democrazia: non può e non potrà mai avere etichette politiche che ne possano vantare una primogenitura: ma questo lo possiamo dire fra di noi, guai a ribaltare ciò che è stato sancito.
La sensibilità degli amministratori di Mascalucia e della locale sezione dell’ANPI (in controtendenza con quella nazionale) ha dato l’opportunità di mettere in moto il meccanismo delle testimonianze grazie soprattutto al libro di Nicola Musumarra “La Resistenza italiana in Sicilia” nel quale sono raccolti non solo i ricordi di quei tragici giorni ma anche la fedele ricostruzione di un periodo nel quale si determinarono le “prospettive” della guerra che si concluderà dopo due anni di sangue. Un libro che ha visto la luce grazie all’onere della pubblicazione che si è assunto il sindaco di Pedara, onorevole Anthony Emanuele Barbagallo con l’intento di “chiedere alla Presidenza della Repubblica il riconoscimento del contributo che da Pedara e Mascalucia nell’agosto del 1943 è venuto alla costruzione della nuova Italia repubblicana, democratica e antifascista”. Un intento nobile che attende una risposta “nobile”…Rimarremo oltremodo stupiti se la richiesta venisse accolta.
Nelle foto, alcuni momenti della manifestazione a Mascalucia.