Due milioni di migranti in attesa di partire per la Sicilia

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immigrati-gommone-lampedusaDi Salvo Barbagallo

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Occhi puntati sull’ultimo disastro del mare, quello del traghetto “Norman Atlantic” in fiamme mentre era in rotta da Patrasso ad Ancona, con difficili operazioni di salvataggio dei passeggeri rimasti a bordo bloccati, ovviamente in secondo/terzo e anche quarto piano le tragedie non-stop degli immigrati che cercano di raggiungere le coste della Sicilia. Non si sa quanti barconi stiano in queste ore affrontando le acque agitate del canale di Sicilia, i più prudenti attendono che le condizioni meteo migliorino per lasciare la Libia, il Paese da dove principalmente si avventurano nel loro viaggio disperato.

Per i mass media gli immigrati non sono, in questo momento, la notizia più importante, a fronte di avvenimenti come questo della “Norman Atlantic” o della scomparsa dell’aereo dell’AirAsia che aveva a bordo 162 passeggeri dei quali si sconosce la fine. Fatti eccezionali, questi ultimi, la “questione” immigrati è quotidiana, continua, ha avuto un inizio nessuno è in grado di ipotizzare i tempi della conclusione. Se risponderanno al vero le informazioni fornite ai soccorritori da migranti giunti in Sicilia (e c’è poco da dubitarne) nelle spiagge della Libia sono attualmente ammassati in attesa di salire su barconi e gommoni, oltre due milioni di clandestini: un numero che dovrebbe impressionare le competenti autorità preposte al controllo.

La nuova operazione “Triton” – la missione umanitaria che innalza la bandiera di Frontex, l’Agenzia europea delle frontiere che ha sostituito la “Mare Nostrum” – più contenuta in termini di mezzi impiegati e raggio d’azione, sta suscitando già polemiche. Doveva essere la soluzione per fermare gli sbarchi, soprattutto per scoraggiare le partenze dall’Africa ed evitare nuove tragedie in mare. Invece l’operazione “Triton” non ha dato, almeno per ora, i risultati sperati. In poco più di due mesi, da quando è partita la missione pianificata con l’Ue dopo il naufragio davanti all’isola di Lampedusa che causò centinaia di vittime, sono approdati sulle coste siciliane oltre 16.000 migranti, una media di 8.000 al mese. E dunque l’andamento dei flussi è rimasto in linea con quanto accadeva prima che si decidesse di avviare i pattugliamenti impiegando mezzi e uomini in accordo con gli altri Stati membri. Gli ultimi dati parlano chiaro: dal 1° gennaio al 27 dicembre sono arrivati 169.215 stranieri, di cui 120.150 in Sicilia. Quelli sbarcati fino al 31 ottobre, alla vigilia dell’entrata in vigore di “Triton”, erano stati 153.389. Il progetto “Triton” approvato a livello politico dall’Unione Europea, dovrebbe essere un’operazione di polizia varata per contrastare i flussi illegali: prevedeva una linea di sbarramento sistemata a 30 miglia dalla Sicilia. Per effettuare i controlli è stato previsto l’impiego di 25 mezzi navali e 9 mezzi aerei, a guidare sono gli italiani dal Centro di coordinamento aeronavale della Guardia di Finanza a Pratica di Mare, dove sono presenti anche gli ufficiali degli altri Paesi e quelli di Frontex.
L’accordo prevede che Malta si preoccupi esclusivamente dei migranti soccorsi o individuati all’interno delle proprie acque. Il resto riguarda l’Italia, che deve occuparsi sia degli irregolari, sia dei richiedenti asilo anche se l’individuazione è stata effettuata da un mezzo straniero. Sono invece vietati i respingimenti: i migranti dovranno essere sempre portati a terra per individuare chi ha diritto allo status di rifugiato. Nei giorni scorsi i vertici del Dipartimento immigrazione hanno elencato al ministro dell’Interno Angelino Alfano le difficoltà operative e hanno evidenziato proprio i problemi nati nel coordinamento con la Marina e in particolare l’impossibilità di effettuare i pattugliamenti.

Morale della favola: non ci sarà da meravigliarsi se nuovi flussi di migranti giungeranno in Sicilia. E’ solo questione di tempo, di tempo meteorologico. Ora la polemica è destinata ad accentuarsi: i tecnici dell’Immigrazione del Viminale, infatti, accusano la Marina militare di non aver mai interrotto il soccorso avanzato, di fatto lasciando in piedi l’operazione “Mare Nostrum” e in tal modo vanificando quanto era stato deciso a Bruxelles.

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