La missione militare ISAF chiude i battenti in Afghanistan: da ieri, domenica, i contingenti militari stanno lasciano l’Afghanistan. La forza NATO di combattimento che ha operato in quel Paese, insomma, sta facendo ritorno a casa. Dopo tredici anni di guerra e guerriglia con l’obbiettivo di mettere “ko” il pericolo dei Talebani, senza riuscirci, l’ISAF si porta a casa il pesante fardello di 3.485 soldati uccisi sul campo.
L’ISAF (International Security Assistance Force) è stata una missione di supporto al governo dell’Afghanistan ed ha operato sulla base di una risoluzione dell’ONU: una forza internazionale che ha impiegato in certi periodi nel 2011 sino a 135 mila militari provenienti da una quarantina di nazioni. È stata costituita su mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2001 con il compito di sorvegliare la capitale Kabul e la vicina base aerea di Bagram dai Talebani, elementi di al-Qāeida ed eserciti mercenari, e in particolar modo per proteggere il governo transitorio guidato da Hamid Karzai. Circa 12.500 militari resteranno in Afghanistan con Supporto risoluto per aiutare le forze di sicurezza afghane. Ovviamente anche l’Italia ha partecipato e partecipa all’ISEF.
Anche la Sicilia ha dato all’Afghanistan il suo contributo di sangue: quattro i militari caduti in quel territorio negli ultimi due anni, il capitano dei bersaglieri Giuseppe La Rosa, il caporal maggiore Francesco Currò, Francesco Paolo Messineo e Sebastiano Ville.
La presenza militare straniera in Sicilia – una forza d’occupazione? – risale agli Anni Cinquanta. Da quella data, infatti, a Sigonella è di stanza in forma stabile un forte contingente degli Stati Uniti d’America (oltre settemila uomini) e periodicamente personale militare della NATO. Il numero complessivo dei militari stranieri (soprattutto americani) nell’isola non è noto, ma conosciute sono le basi di riferimento:
Motta S. Anastasia: stazione di telecomunicazioni;
Caltagirone: stazione di telecomunicazioni;
Vizzini: depositi munizioni;
Palermo: aeroporto Punta Raisi, base saltuaria dell’Usaf;
Isola delle Femmine [Pa]: deposito munizioni Usa e Nato;
Marina di Marza: stazione di telecomunicazioni
Pachino: “Target Range”, centro di supporto per le esercitazioni aeree e navali USA e NATO nel Mediterraneo centrale;
Marza: (depositi, magazzini e una torre di controllo);
Augusta: base sottomarina della Sesta flotta e deposito munizioni. A Cava Sorciara, la Marina Militare ha occultato uno dei suoi maggiori depositi di munizioni in tutta Italia;
Palombara (sede alternata al Centro di comando operativo della Marina Militare di Santa Rosa, Roma), pienamente integrata nella rete C3I (comando, controllo, comunicazioni e intelligence) dell’Alleanza Atlantica;
Monte Lauro: stazione di telecomunicazioni;
Centuripe: stazione di telecomunicazioni;
Mineo: stazioni di telecomunicazioni e deposito;
Niscemi: MUOS, base del NavComTelSta, comunicazione Us Navy;
Nebrodi: stazioni di telecomunicazioni;
Trapani: base Usaf con copertura Nato.
Un apparato militare notevole che si avvale di attrezzature sofisticate, come i droni “Global Hawks” a Sigonella e il Muos a Niscemi. E pur tuttavia in Sicilia fino ad oggi non è stato catturato alcun Talebano, e i caduti sul campo americani sono solo quelli che si ritrovano in incidenti d’auto nelle strade della provincia etnea. Eppure i Talebani ci sono: c’è chi dice di averli individuati in uno dei Palazzi più noti dell’Isola là dove, si dice, si governa la Sicilia. Ma, anche se così fosse, in quei Palazzi i militari non hanno giurisdizione e quindi se Talebani ci sono ben mimetizzati non saranno mai presi, ed è inutile dire che i risultati della loro “guerriglia” si notano perché dove passano lasciano terra bruciata e vittime.
Probabilmente si dovrebbe chiedere all’ONU una “missione di pulizia” in Sicilia e chissà se con qualche risoluzione ad hoc non si possano debellare i Talebani di casa nostra…