Il ministro Alfano sa cosa accade in Sicilia?

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alfanoDi Salvo Barbagallo

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Angelino Alfano, siciliano doc (Agrigento, 31 ottobre 1970), dal 22 febbraio 2014 ministro dell’Interno nell’attuale Governo Renzi, sa cosa accade in Sicilia? Sia per il ruolo che ricopre, sia per la sua profonda “sicilianità”, sia perché può contare all’estero (in Sicilia, cioè) su amicizie politiche a livello di “luogotenenti” fidati (Firrarello,Castiglione) che sono in grado di aggiornarlo in tempo reale, siamo convinti che al ministro Angelino Alfano nulla sfugge di ciò che si verifica nella sua isola. Eppure, nella sua funzione di ministro dell’Interno, giorni addietro parlando sul delicato tema del terrorismo e dell’immigrazione ha sostenuto che “non c’è traccia di infiltrazioni” di jihadisti fra i disperati che hanno la fortuna di giungere sino alle coste siciliane. In un primo momento abbiamo ritenuto che fosse stata una battuta per tranquillizzare gli italiani, ma poi ci siamo resi conto che Angelino Alfano affermava il vero: infatti, non c’è “traccia” di cinquantamila migranti sbarcati in Sicilia e poi spariti nel nulla! E dunque e in maniera consequenziale “non c’è traccia di infiltrazioni”.

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Sono tanti, tantissimi i “cinquantamila” che dopo essere stati soccorsi e ricevuti nei cosiddetti centri di accoglienza sono svaniti. Ma, se dobbiamo parlare di ciò che accade nei centri di accoglienza (350) dovremmo subito portare alla memoria la questione di “Mafia Capitale” ed andare a scavare su quanti (politici e no) hanno lucrato sulla pelle dei migranti. Non lo facciamo, tanto della “questione” non si parla più e non si parla più neanche dei presunti politici coinvolti nel “businnes immigrazione”. Cinquantamila persone scomparse sono troppe: sono state definite “un esercito invisibile”. Il quotidiano “Il Giornale” riporta le ultime statistiche del 2914: “Ad aprile oltre trecento eritrei sono scappati dal centro della Regione Sicilia a San Pietro, tra Comiso e Ragusa. A ottobre centinaia di siriani hanno scavalcato i cancelli al Palaspedini di Catania e sono svaniti (…) Secondo alcune stime delle associazioni che si occupano dell’emergenza immigrazione in Sicilia, sarebbero 50mila gli immigrati invisibili, allontanatisi spontaneamente da porti e centri, di cui 5mila minori. Secondo calcoli più azzardati, gli stranieri che in generale sfuggono ai controlli sarebbero oltre centomila: nel 2014 sono sbarcati sulle coste italiane 174mila persone, nelle strutture di accoglienza sono registrati al momento 66.066 stranieri (…)”. Alla luce di questi dati riportati da “Il Giornale” appare più che plausibile il “non c’è traccia d’infiltrazioni”.

La Sicilia era, è, e probabilmente resterà sempre un rebus. Oggi come oggi c’è da chiedersi se in Sicilia ci sia ancora la mafia, o se invece si sia trasferita altrove. Il dubbio sorge spontaneo dal momento che autorevoli personaggi e inchieste giudiziarie hanno individuato la mafia negli apparati pubblici della Capitale del Paese, mentre nel corso dell’apertura dell’anno giudiziario il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio, nella sua relazione ha evidenziato che “La presenza mafiosa al Nord deve essere ormai letta in termini non già di mera infiltrazione, quanto piuttosto di interazione-occupazione“, e nel contempo si parla anche di “occupazione” mafiosa del mondo del calcio. Non sono tempi facili, dunque, per il ministro dell’Interno Angelino Alfano che – sempre nel suo ruolo – deve fronteggiare pesanti minacce esterne e interne e, contemporaneamente, deve sapersi barcamenare nell’altrettanto difficile arcipelago della politica in vista dell’elezione del Capo dello Stato. Chissà se il ministro Alfano rimpiange la tranquilla sua Agrigento e le beghe di basso profilo che continuano ad animare la vita politica della sua regione…A nostro avviso, la Sicilia meriterebbe un’attenzione particolare, ritenendo che molte partite importanti si giocano in questo territorio. Anche se sembra il contrario.

Così è (forse) se ci piace…

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