Di Salvo Zappulla
Scrivere questo articolo mi è costato un’enorme fatica, la morte è un argomento che si vorrebbe sempre evitare. Ma c’è, è lì, a ricordarci che siamo nulla, meteore sempre in bilico sul ciglio del burrone. Giuseppe Pettinato è un mio caro amico, è il presidente dell’associazione che organizza il concorso letterario Pentélite, dedicato al racconto breve e alla poesia inedita. Insieme abbiamo organizzato tante belle manifestazioni culturali a Sortino. L’anno scorso ha perduto un figlio di cinque mesi e ha voluto pubblicare questo libretto di poesie per ricordarne la memoria. Ognuno reagisce a modo suo di fronte al dolore, c’è chi si chiude in se stesso, chi preferisce la vicinanza accanto delle persone care. Scrivere un libro di poesie che ricordino i giorni dello strazio, della penosa agonia, può avere un valore pedagogico, se non catartico, come scrive Simonetta Longo nella sua delicata introduzione. Leggere le poesie di Giuseppe mi ha procurato una sensazione violenta, come ricevere un pugno sullo stomaco. Come violenta è la mano crudele che cala a ghermirti una creatura di cinque mesi che avrebbe avuto tutto il diritto di spendere la propria esistenza, sgambettare, muovere i primi passi, andare a scuola, diventare uomo. Quando muore un figlio la vita si ferma. Tutto muore perché ogni cosa cambia e l’esistenza di prima non è più disponibile. Ne devi creare una nuova, si sopravvive, non si vive. Sentimenti alterni ed emozioni forti, dolore e angoscia, ma non solo. Questo non è un romanzo ma una storia vera, la storia di una vita spezzata, anzi di tante vite spezzate. Una famiglia che vive serenamente fino a quando il destino crudele non le ruba la cosa più preziosa: un figlio. Nelle poesie di Giuseppe si scorge sempre uno spiraglio, un filo sottile di luce che penetra le tenebre e fa sperare in una risalita; una storia di dolore ma anche una storia di rinascita e di positività. L’autore ha reso pubbliche le proprie emozioni e quelle dei suoi familiari nel momento in cui le viveva e ciò rende tremende le sue parole, proprio perché così profondamente vere. Racconta il suo calvario con lucidità estrema, ci sono pagine di straordinario lirismo in questo libro, intense, crudeli, terribili. Per dirla con Henri Guillemin, è il grido di dolore di un cuore dilaniato dalla fuga eterna di tutto quanto si vorrebbe amare per sempre e che ci è stato strappato. O, citando Mario Buonofiglio nella nota critica allo stesso libro: “… è una riflessione sul dolore, su Dio, sul senso delle cose…”. Ci si aggrappa a tutto per avere un filo di speranza, si chiede al buon Dio perché si è dimenticato di noi. Malik, nel suo film, The tree of life, (Palma d’oro 2011) al protagonista che ha appena saputo della morte del proprio figlio, fa dire: “Dio, cosa siamo noi per te?” rivolgendo gli occhi al cielo. La risposta è raggelante: “Dov’eri tu, quand’io creavo le galassie e gli abissi?”. Come dire: siamo nulla, granelli di polvere nel deserto di fronte alla vastità del Creato.
Cala un velo negli occhi di quanti hanno perduto una persona cara e quegli occhi non riavranno più la stessa lucentezza. Molti lettori si riconosceranno e si identificheranno in questa poesie. Il dramma, il vortice dell’abisso, sentirsi sprofondare giù senza intravedere una via d’uscita. L’apatia, il desiderio di lasciarsi vincere dallo sconforto e di farla finita. Inconsciamente chi ha subìto il trauma della perdita di una persona cara sente il desiderio di raggiungerla in un altro posto. E poi lentamente il risveglio, la rinascita, la voglia di dare ancora un senso a questa nostra fragile precaria esistenza. Una testimonianza importante questa di Giuseppe, su un argomento troppo spesso taciuto: la morte. Ma è anche una storia di rinascita e di positività. Uno spiraglio di luce che penetra le tenebre e apre alla speranza. Ed ecco allora che la storia di Giuseppe diventa un documento prezioso da trasmettere agli altri, quasi un manuale che ci insegna come combattere il dolore o almeno imparare a conviverci; ci spiega come riappropriarci della nostra vita, che in fondo vale sempre la pena di essere vissuta. È lo stesso professor Pettinato a spiegare cosa lo ha indotto a dare alle stampe queste sue poesie.
“ Questi versi vogliono raccontare nostro figlio Angelo. Semplicemente.
Una vita breve la sua, da lui vissuta tra l’incoscienza, pianti e piccole gioie, da noi tra l’impotenza e la rassegnazione. Sono versi che ritagliano cinque mesi e due giorni vissuti con lui, tentando di ricomporsi insieme, come un puzzle, a dare forma a tanti momenti di gioia o serenità, di sconforto o crudo dolore di un mondo rimasto nascosto, conosciuto e vissuto appieno solo dalla mamma e dal papà. L’esigenza di scrivere queste poesie è nata spontanea come la loro forma eterogenea. In gran parte sono il frutto della memoria, che ha preso sostanza con una forma sempre diversa così come suggerivano in quel momento le parole e il ricordo. Più che una raccolta di poesie vuole essere un ricordo in versi.
Poesie nate senza alcuna pretesa letteraria, ma nel tentativo di catturare prima e di ripercorrere dopo con la memoria tanti giorni trascorsi e vissuti con Angelo, con il suo mondo, dentro il suo mondo e intorno al suo mondo. Un quadro di vita rivolto a tutti, attraverso testi che tutti possono leggere e comprendere lasciando da parte le ricerche e le invenzioni lessicali e sintattiche forzate, che rendono spesso incomprensibile un testo poetico se non per gli addetti ai lavori. Penso che la poesia sia essenzialmente emozione. Emozione e musica insieme, che toccano il cuore e l’animo prima della mente. Ognuno di noi ha una sua musica nel cuore e una melodia per ogni momento diverso vissuto. Probabilmente questa è la musica di Angelo e del suo mondo, quella che aveva nel suo cuore e che conservava gelosamente per il suo papà, la sua mamma e i suoi fratelli. Probabilmente questa è la nostra musica. A volte, per qualche composizione, ho cercato altri ritmi ma poi la correzione mi riconduceva alla stessa melodia.
La poesia cerebrale non mi è mai piaciuta, perché non mi emoziona, a dire il vero tutto ciò che è troppo cerebrale non mi piace. L’uomo vive di emozioni, di sensazioni, di passioni, questo è il suo mondo reale e poetico. Ogni passione che vive gli rimane nel cuore e dal cuore all’anima, è questo mondo interiore che condiziona le nostre scelte, la nostra vita, nella testa rimane solo il ricordo. Penso che in poesia debba essere questo mondo a prendere forma in maniera sincera, possibilmente elegante, umilmente e, mentre si origina e diventa, suscitare emozioni nel lettore. Ogni volta che si fa poesia l’autore vuole trasmettere un’emozione, un’impressione, una sensazione avuta, sentita, comunicata da qualcuno o da qualcosa. Si dice spesso che si scrive per se stessi o per gli altri, sicuramente chi scrive non può fare a meno di considerare anche il lettore. Per cui questo viaggio è stato intrapreso e svolto pensando anche a chi avrà la bontà di percorrerlo e condividerlo insieme a noi.
Queste composizioni raccontano, semplicemente, alcuni momenti, alcune immagini, ricordi, sensazioni o emozioni. Tutti ritagli di giornate che abbiamo trascorso con Angelo chiedendoci spesso perché debba accadere tutto ciò. Episodi, momenti, sensazioni che sono stati rivissuti in maniera sincera, senza aspettare che la memoria di lungo termine ne trasfigurasse il ricordo. Il punto di vista è quello del papà, della mamma e di Angelo. Da questo racconto in versi non ci si può aspettare che l’animo trovi pace o quantomeno appagamento, perché le corde dei sentimenti vengono pizzicate con forza e le domande che suscita possono essere tante.
Qualcuno ha scritto che la vita è poesia e noi dovremmo vivere poeticamente. Penso sinceramente che l’esistenza di Angelo lo sia stata, per tutto quello che ha stimolato intorno a lui, per le riflessioni sollevate, per le emozioni e i turbamenti suscitati, per la meraviglia negli occhi e nei cuori di chiunque lo abbia conosciuto, in tutti coloro che lo hanno vissuto.
Sicuramente queste composizioni non piaceranno a tutti, ma se qualcuno leggendo questi versi si fermerà anche solo un minuto a riflettere, capirà che ci sono tanti altri punti di vista da cui guardare il mondo. Punti di vista che il nostro modo di vivere ha coperto di sabbia e che vanno riscoperti, per ritornare ad apprezzare quello che già abbiamo, cos’è veramente importante nella vita e forse capire che tutto ciò per cui litighiamo e per cui ci affanniamo altro non è che polvere negli occhi. Se altri si commuoveranno vorrà dire che quella composizione ha raggiunto uno degli scopi per cui è nata: emozionare, facendo rivivere Angelo e la bellezza di tutto il suo mondo.”
Associazione Culturale Pentèlite
Mostra-Mercato dell’Editoria Siciliana
Sortino (SR) 3-4-5 ottobre 2015
Concorso Letterario Nazionale “Pentèlite”
Nell’ambito della Mostra-Mercato dell’Editoria Siciliana che si svolgerà in Sortino (SR) dal 3 al 5 ottobre 2015, l’associazione culturale Pentelite, in collaborazione con Morrone editore, indice per l’anno 2015 il concorso letterario nazionale “Pentèlite”.
REGOLAMENTO
Art. 1) Il concorso è suddiviso in due sezioni, è aperto a tutti per opere inedite, senza limiti di età.
- A) Racconto breve, max 5 cartelle (12,000 battute circa), in lingua italiana, a tema libero,
in cinque copie stampate di cui una sola firmata, completa delle generalità dell’Autore
con scheda bio-bibliografica dello stesso.
- B) Poesia in lingua italiana, (una sola poesia, a tema libero, compresa in una cartella)
in cinque copie stampate di cui una sola firmata, completa delle generalità dell’autore
con scheda bio-bibliografica dello stesso.
Art. 2) Le opere dovranno essere inviate, per posta ordinaria, presso la tipografia, Tumino, via Carlentini 3/A, 96010 SORTINO (SR), entro il 30 giugno 2015. Farà fede il timbro postale. Se si vuole partecipare a più sezioni, occorre spedire le opere in buste separate (una per ogni sezione). Ogni autore partecipando si assume la responsabilità sull’autenticità delle stesse.
Art. 3) Non è prevista alcuna tassa di lettura ma trattandosi di un concorso organizzato nell’ambito di una fiera del libro si chiede, allo scopo di incentivare l’editoria siciliana, che ogni concorrente acquisti un libro edito in Sicilia, inviando euro 15,00 insieme alla busta con il testo. Per quanti non avranno la possibilità di venire in Fiera a scegliere il libro, l’organizzazione provvederà a selezionarne uno e a spedirlo al recapito del concorrente.
Art. 4) Il comitato di lettura formato da: Mario Buonofiglio, Massimiliano Magnano, Paola Liotta, Giuseppe Pettinato, Salvo Zappulla, selezionerà cinque opere finaliste per ogni sezione che verranno pubblicate nella rivista letteraria “Pentelite” (insieme a scritti di autorevoli personaggi del mondo della cultura), giunta alla sua diciannovesima edizione, edita da Morrone Editore. La pubblicazione delle opere non comporta diritti d’autore in quanto Pentélite non viene messa in vendita ma data in omaggio ai collaboratori e a operatori culturali.
Art. 5) Le opere finaliste verranno affidate ad una giuria popolare di venti lettori, i quali avranno il compito di votare le due opere vincitrici. Il conteggio dei voti riportati (ogni lettore selezionerà un’opera) avverrà giorno 13 ottobre 2015, alle ore 18,00. Le buste consegnate dai venti lettori verranno aperte in pubblico. Nome, cognome e professione dei venti lettori verranno pubblicati nella rivista “Pentèlite”.
Art. 6) Il primo classificato per ogni sezione riceverà in premio 200 €. più 2 copie di Pentèlite. Tutti i finalisti riceveranno in omaggio 2 copie di Pentèlite.
Ogni partecipante autorizza il trattamento dei propri dati personali ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196
Art. 7) Per ogni altro aspetto non contemplato nel bando fanno fede le vigenti norme di legge. Per ogni controversia legale è competente il Foro di Siracusa.
Per ulteriori informazioni telefonare al 3349443904 o scrivere al seguente indirizzo: salvozappulla@gmail.com Oppure consultare il sito www.pentelite.it
Il presidente dell’associazione Pentèlite Il Presidente del concorso letterario
Giuseppe Pettinato Salvo Zappulla