Sicilia: Crocetta vuol essere (ma non è) Federico II

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crocetta-moscheaDi Salvo Barbagallo

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Mentre Parigi “bruciava” per gli attentati terroristici di marca integralista islamica, il presidente della Regione Siciliana andava a visitare la Moschea eretta a Catania qualche anno addietro. Una visita di cortesia, senza dubbio. Entrando nei locali sacri ai musulmani, pare che Crocetta, togliendosi le scarpe come è tradizione islamica, abbia esclamato “menomale che non ho le calze bucate…”. Il tutto nel consueto e superficiale costume nostrano. Il presidente della Regione, a quanto riferito, mantiene il sorriso anche quando Kheit Abdelhafid, presidente della Comunità islamica di Sicilia e imam della moschea di Catania, afferma Le vignette di Charlie Hebdo offendono noi e la nostra fede in primo luogo: quando viene mostrato il nostro profeta come un terrorista, come un pedofilo, ci fa male. Non accettiamo che chi ha sbagliato venga ucciso. Per noi musulmani, chi uccide un’anima uccide tutta l’umanità. Queste morti ci offendono e offendono il nostro profeta e la nostra etica”.

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Una situazione estremamente delicata mentre nella capitale francese si consumavano omicidi in nome della jiahad, ma Crocetta vestiva probabilmente i panni di un ambasciatore in quei momenti, se – come pubblica Live Sicily” –  è per il dialogo ad ogni costo: “Con l’Islam – dichiara Crocetta – non abbiamo nessun contenzioso. Noi combattiamo i violenti e quella maomettana non è una religione di guerra e di morte, ma di pace, lo testimoniano i milioni di musulmani che vivono una vita corretta”. E il presidente si spinge oltre, quasi a autorizzato a dare messaggi (a chi?) : “Il modello Sicilia va in contrapposizione al modello Le Pen e Salvini che produce terroristi (…) . Si dovrebbe procedere alla stipula di una convenzione tra l’Italia e gli islamici. Un modo per far sì che siano sempre le comunità a scegliersi gli imam, affinché pure i loro nomi siano conosciuti e non ognuno che un giorno si sveglia e si intenta esperto di religione (…) . Qui voglio dare l’esempio, con una convenzione tra le moschee e la Regione, ciò per dare forza al dialogo (…).”

Parole sagge, quelle di Crocetta? Il lettore le interpreti come crede meglio.

Noi ci chiediamo: dialogo o sottomissione? E il “presidente” che si è recato (da Palermo a Catania) dall’imam Kheit Abdelhafid, e non viceversa (da Catania a Palermo)… Non sapremmo dare una risposta tenendo conto che in questo momento (come rilevato da in tante parti, dall’Italia e dal mondo) si alzano alte le voci che denunciano la “guerra in corso” contro il cosiddetto Occidente e, in particolare, contro l’Europa, aperta dai Califfati islamici.

La Sicilia, è vero, è un mondo a sé stante, ma i tempi di Federico II di Svevia, (purtroppo!) sono ben lontani, e Crocetta non è Federico II. I problemi che portano i migranti disperati sono sul tappeto e si vivono tutti i giorni. A questi problemi si aggiungono quelli della (inefficace o inesistente) sicurezza. La lezione dei tragici avvenimenti verificatisi nella Capitale francese dovrebbe insegnare qualcosa a chi ha il governo della collettività. Ma così non sembra. Lasciando da parte le cosiddette misure di sicurezza prese dal governo nazionale dopo gli attentati di Parigi (misure di sicurezza che in Sicilia si notano poco, molto poco (basti andare alla Stazione Centrale di Catania per rendersene conto), vorremmo capire come si possa dialogare con chi usa (non teorizzando, ma nella pratica) il verbo “uccidere”.

E’ nel Mediterraneo che attualmente si stanno giocando i destini dell’intero pianeta. In quest’area geografica dove la parola “Pace” ha perduto il suo valore, dove alla tolleranza si è sostituita la più esacerbata intolleranza, dove in nome delle religioni si perpetrano tutte le nefandezze che le religioni stesse condannano, dove il senso di ciò che è umano è stato stravolto, dove sta avendo inizio la Terza Guerra Mondiale.

Si predica l’integrazione: quale integrazione?

Integrazione: (dizionario Sabatini Coletti) “Unificazione, stretta collaborazione tra soggetti diversi; assimilazione, inserimento di individui o gruppi in un ambiente sociale, in una comunità; adeguamento ai modelli socioculturali predominanti specialmente da parte di chi prima li abbia criticati, contestati”. In poche parole: l’integrazione non è mai un fatto unilaterale.

Sottomissione: (dizionario Sabatini Coletti) “Cedere, piegarsi al dominio o alla volontà di altri”; (dizionario Zanichelli) “Ridurre sotto il proprio dominio, assoggettare politicamente, soggiogare”.

Di cosa stiamo parlando? Non certo di religione, ma di azioni di uomini contro uomini, una partita che si gioca che ha per posta un potere assoluto.

Dialogo? Ma quale dialogo?…

Il termine “dialogo” ha perduto il suo reale significato: con chi si dovrebbe dialogare se l’interlocutore persegue finalità non condivisibili o cerca di imporre la propria linea di pensiero e di azione che è estranea allo stesso principio di dialogo?

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