Terrorismo e antiterrorismo: allerta non-stop

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Iraq_ISIS_Abu_Wahe_2941936bDi Salvo Barbagallo

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Che gli esponenti attuali del “nostro” Governo soffrono del fenomeno “contraddizioni” è cosa nota: è un fenomeno registrato in varie occasioni, quando i ministri avrebbero dovuto avere una linea comune, e invece hanno dimostrato il contrario. Quindi non c’è da meravigliarsi se il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a Londra nei giorni scorsi per il vertice della coalizione anti-Isis, afferma Ci sono di rischi di infiltrazione, anche notevoli, di terroristi dall’immigrazione. Per fortuna i nostri apparati di sicurezza sono allertati e funzionano, ma questo non ci consente di abbassare minimamente il grado di preoccupazione…”, e il giorno dopo il ministro dell’Interno Angelino Alfano smorza la preoccupazione dichiarando “Ripeto quello che ho sempre detto e che non è smentibile: nessuno può escludere infiltrazioni di terroristi tra gli immigrati ma fino a questo momento non ci sono tracce“. Gentiloni non poteva essere ecquivocato, avendo sottolineato che “nessun Paese democratico può avallare alcuna confusione fra fenomeni migratori e terroristici”. D’altra parte diverse inchieste della magistratura (anche a Palermo e Catania) stanno cercando di fare luce su sospetti individui giunti nel Continente mischiati ai migranti.

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Ed è inoltre chiaro che se tutti i migranti fossero stati “terroristi” l’Europa – diciamolo francamente – non esisterebbe più. Basta guardare le cifre: gli sbarchi di stranieri in Italia, nel 2014, sono stati centosessantaseimila, oltre tremila migranti sono arrivati nelle prime settimane del 2015. Per la maggior parte si tratta di siriani e eritrei in fuga dai conflitti dei loro paesi. Le domande di asilo, settantamila. Ciò significa che la maggior parte dei migranti sbarcati in Italia non è stata identificata. Centomila “invisibili” – così sono stati soprannominati – sono (o sono stati) presenti fisicamente sul nostro territorio. Ma non risultano in “banca dati”. Ci sono, ma ufficialmente non esistono. E per questo nessuno sa nulla di loro. Stando alle fonti del Viminale, gli “eventi migratori illegali” registrati nei primi 10 mesi del 2014 sono stati 945. Centotremila sono sbarcati in Sicilia (31 mila nel 2013), quasi tutti partiti dalla Libia (128 mila), 15 mila in Puglia (884 nel 2013), 20 mila in Calabria (3 mila nel 2013). A Lampedusa ne sono arrivati 4 mila contro i 13 mila dell’anno prima. Dei 149 mila, la maggior parte sono siriani (35 mila contro gli 11 mila del 2013) seguiti dagli eritrei (33 mila contro i 10 mila del 2013). Sono cifre che dovrebbero fare riflettere il ministro dell’Interno Angelino Alfano: la circostanza che non ci siano “tracce” non esclude nulla e non rassicura, per quanto attiene il regresso, la nuova circolare a questori e prefetti per prevedere “servizi di rinforzo anche alle frontiere viste le recenti segnalazioni circa un incremento dell’utilizzo fraudolento di documenti e titoli di viaggio”. Il “regresso”, insomma, è quasi un “buco nero”. “In Italia – denuncia Daniele Tissone, segretario Cgil-Silp – non abbiamo ancora un piano nazionale per la gestione dell’emergenza immigrazione. Ciò genera una gestione dell’accoglienza in una situazione di continua emergenza. La prova della mancanza di un piano arriva dai Cie: dei tredici previsti in Italia, ce ne sono in funzione cinque o sei operanti al 50 per cento che ospitano (a fronte di decine di migliaia di “ingressi illegali”) circa 400 stranieri in attesa di identificazione e espulsione. Negli ultimi anni – afferma Tissone – il 60 per cento di tutti i migranti irregolari rintracciati sul nostro territorio, di fatto, è rimasto in Italia.

Uno dei fattori che occorre tenere nel debito nella “ricerca” e “individuazione” di possibili infiltrati fra i disperati che lasciano la loro patria e giungono in Sicilia-Italia è la loro provenienza. Attualmente il punto nevralgico di partenza dei barconi-gommoni dei migranti è la Libia: molte parte del territorio di questo Paese – appunto da dove salpano i migranti – sono quelle controllate dalle milizie jihadiste che hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi. E’ tutto dire: gli scafisti possono permettersi il loro sporco traffico solo perché lo consente l’Isis. In cambio di cosa? Sicuramente non solo dietro compenso monetario. A questo punto c’è da chiedersi: quali sono i reali rapporti Italia-Libia?

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