Cristiani ammazzati, migranti, eccetera…

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LIBIA-22Di Salvo Barbagallo

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E’ un “momento storico” nel quale chi può cerca di togliersi dalle spalle qualsiasi tipo di responsabilità. Lo abbiamo detto in altre circostanze: si preferisce assumere l’atteggiamento delle famosetre scimmie” (io non vedo, io non sento, io non parlo) e sottoporsi alle conseguenziali critiche, anziché esprimere una decisione o una opinione chiara. Al di là di un rammarico di facciata, nulla (a quanto risulta) si fa di concreto per fermare la mattanza di cristiani. Si registrano (forse per onorarne la memoria, forse esclusivamente per una questione “contabile”) solo il numero di vittime, ci si nasconde dietro le parole e, a volte, anche quelle vengono pronunciate per minimizzare l’aspetto della “religione” nelle azioni criminali. In quest’ultimo caso rientrano le affermazioni di un alto prelato, monsignor Giancarlo Perego (direttore della fondazione “Migrantes”) che sostengono in merito all’uccisione dei cristiani lo scorso 14 aprile nelle acque del Mediterraneo (come pubblica il quotidiano “Il Giornale”) che questi esseri viventi siano stati eliminati  per il terribile dramma della disperazione e della miseria umana” e non certo per una questione di religione. Legittimo l’interrogativo che si pone l’autore dell’articolo, Matteo Carmalietto, “Perché un uomo di Chiesa non riesce a guardare più in là dell’umano e vedere oltre alla miseria e alle guerre?”.

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Ancora più esplicito l’intervento  di Nunzia De Girolamo (parlamentare Area Popolare Ncd-Udc) sul quotidiano “Huffington Post”: “A chi fa paura oggi la parola cristiani? I morti non hanno colore, ma quelli del Kenya sì, e non per il colore della pelle, bensì per il fatto che 148 ragazzi che erano in un’università per studiare sono stati massacrati perché si facevano il segno della croce e recitavano il Padre nostro (…). Fosse toccato a militanti di altre fedi che cosa sarebbe accaduto? Marce della pace, appelli degli intellettuali, raccolta firme sui soliti giornali, e poi, perché no, anche un bel talk show con indignazione, hashtag, dibattito sui social e così via. No, i cristiani non hanno colore, né odore, né identità”. Chi, con ragione alla mano, può smentire queste affermazioni?

La Sicilia è la “nuova” frontiera che bisogna attraversare per raggiungere l’Europa. E’ una frontiera colabrodo che può essere superata da chiunque, e gli scafisti-criminali che trasportano i disperati lo sanno bene. I disperati conoscono altrettanto bene i rischi che corrono? Ora l’odio religioso incomincia a esplodere pure fra i migranti diretti verso la Sicilia: a essere accoltellati e scaraventati in mare, come è noto, oltre una quindicina di ghanesi e nigeriani, uccisi da “musulmani” solo perché loro erano “cristiani”. Vengono, dunque, nella disperazione, tirati in ballo Maometto e Dio. Un episodio nuovo, “inedito”, che preoccupa i magistrati: il procuratore di Palermo, Franco Lo Voi, lo definisce uno “squarcio sconcertante”. Le testimonianze raccolte hanno fatto scattare il fermo di quindici africani. Il “fenomeno” si ripeterà? Il Procuratore Lo Voi denuncia la delicatezza della situazione: “E’ un fatto davvero terribile quello che è accaduto nel Canale di Sicilia. Certo, se quello che emerge dalle prime indagini e dai racconti dei superstiti dovesse essere accertato, tutto questo getterebbe una luce nuova, particolare, sulla pericolosità di certi arrivi…”.

Quanti cristiani devono essere ancora assassinati prima che la cosiddetta Comunità internazionale reagisca? Le parole di raccapriccio non costituiscono una soluzione, ma alibi dietro i quali nascondere o l’impotenza o la mancanza di volontà d’intervenire in maniera tangibile.

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