Tutti contenti e soddisfatti: Catania sarà la base regionale operativa di “Frontex” sotto il comando nazionale di “Triton”, la cui sede di coordinamento in Italia è a Pratica di Mare e la sede centrale in Polonia. Fabrice Leggeri, direttore esecutivo di Frontex, ha dichiarato all’agenzia di stampa ANSA, che “la base regionale costituisce un progetto pilota, che potrà essere replicato anche in altri Stati membri, e riguarda i cosiddetti hotspot i centri proposti dalla Commissione Ue nella sua Agenda per l’immigrazione”. Con i nuovi fondi che l’Ue ha deciso di stanziare, 26 milioni in più per il 2015 e 45 per il 2016, Leggeri conta di assumere una trentina di persone che saranno destinate “ad attività operative” e in particolare a costituire i “team locali” che sosterranno le autorità italiane nell’accoglienza dei migranti. In Italia Frontex sarà affiancata dai rappresentanti delle altre agenzie europee competenti per l’asilo, le attività investigative e quelle giudiziarie (Easo, Europol ed Eurojust) per gestire assieme alle autorità italiane l’identificazione e il controllo dei migranti in arrivo.
Catania, dunque, protagonista “operativa” nell’accoglienza ai migranti e nella loro identificazione che precede la redistribuzione in Europa di chi ne ha diritto e del rimpatrio di chi non ce l’ha: dal salvataggio in mare al ricollocamento di quanti potranno dimostrare la (?) loro identità.
Le Autorità siciliane (dal governatore Crocetta al sindaco di Catania Enzo Bianco) considerano una “conquista” la scelta del capoluogo etneo come base operativa “Frontex”: la sede sarà l’ex monastero di Santa Chiara, nei locali dell’ex Anagrafe cittadina (trasferita in altro quartiere), i cui restauri (guarda caso) iniziati diversi mesi addietro sono in fase di completamento. Non comprendiamo cosa Catania abbia “conquistato” con questa decisione europea, tenuto conto, fra l’altro e comunque, che questa è una “succursale” della struttura principale collocata in Polonia, un Paese che con il problema immigrazione ha ben poco a che spartire.
Sicuramente c’è il “grande cuore” di Catania, che apre le braccia a tutti, e c’è la vicina, munitissima installazione militare di Sigonella, ai cui americani la Sicilia (e proprio Catania, in particolare) da decenni ha aperto le braccia (e forse qualcos’altro) con tanto di ospitalità ai droni Global Hakws e ad armamenti di ogni tipo Made in USA. Noi restiamo disorientati notando quanta attenzione internazionale ci sia sulla città dell’Elefante e quanta disattenzione da parte dei cittadini verso tematiche che coinvolgono il territorio, senza che si intraveda un ritorno di qualsiasi tipo, se non quello di possibili, nuovi problemi al momento non valutabili nella loro reale dimensione.
Probabilmente una certa progettualità in quanto accade ci sarà: forse si vuole sensibilizzare per tempo l’opinione dei residenti sulla delicata questione dell’immigrazione, e su quanto potrà verificarsi. Il dubbio sorge anche apprendendo degli inviti a rappresentanti dei mass media di volare sugli Atlantic del 41° Stormo dell’Aviazione militare Italiana in missione di perlustrazione nel Mediterraneo per individuare barche, barchette e barconi carichi di disperati provenienti dalla Libia: si vuol dimostrare quanto Catania sia in prima linea? Forse Crocetta e Bianco hanno dimenticato che Catania con Sigonella è in prima linea da decenni. Una prima linea di (prevenzione?) guerre che non si conoscono e delle quali i competenti organismi si guardano bene dall’informare la collettività.