Mass media, libertà di minimizzare

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poliziaDi Salvo Barbagallo

Avete notato come, da un giorno all’altro, scompaiono dalle cronache dei grandi giornali eventi che hanno tenuto desta l’interesse dei lettori? E’ una circostanza alla quale non si fa caso poiché, ovviamente, c’è sempre un argomento “principe” da mettere in risalto, ma ciò non spiega (né giustifica) l’abbandono di quanto è stato seguito prima e del quale poi, per un certo periodo, non si sa più nulla. I meccanismi dell’informazione (ci riferiamo a quella italiana) sono complessi: noi continuiamo a sostenere che ci troviamo in un Paese dove regna la “democrazia”; noi continuiamo a ripeterci che c’è veramente “libertà di stampa”, e pur tuttavia non comprendiamo ciò che “regola” una notizia in prima pagina e la durata con la quale viene seguita.

Alcuni esempi sono visibili a tutti, anche a chi si considera uno sprovveduto.

Da quanti giorni non si parla della questione degli immigrati? Forse che è finito (oppure è stato bloccato) il flusso dei barconi che dalla Libia si dirigono alle coste siciliane? Certamente no, però si ritiene più confacente dare risalto alla Camusso che a Pozzallo ha festeggiato il primo maggio. I migranti – che continuano ad arrivare in Sicilia – sono un aspetto secondario della kermesse dei “lavoratori senza lavoro”.

Da quanto tempo non si parla dell’Isis e del pericolo jihadista? Forse che il Califfato è stato sconfitto e le sue ceneri non destano preoccupazione? No di certo. L’allarme fino a quando il “fenomeno terrorismo” esisterà dovrebbe essere non-stop. E forse lo è, per i Servizi di sicurezza, per i mass media è come se il problema fosse superato.

L’Istat presenta dati allarmanti sulla disoccupazione e sulla precaria occupazione? Ecco che si pone immediatamente in risultato il parere di questo o quell’altro personaggio filogovernativo per affermare i dati Istat sul lavoro non devono allarmare…

polizia2Indubbiamente i mass media hanno registrato a tutto campo la terribile giornata vissuta a Milano nel giorno dell’inaugurazione dell’Expo internazionale: una città messa a soqquadro per poi sentirsi ripetere sino alla nausea che i black bloc  sono “quattro teppistelli figli di papà”? Ma risponde alla realtà questa osservazione del premier Matteo Renzi? E’ realistico affermare che “si è evitato il peggio”, e quindi che si può essere soddisfatti per come è andata a Milano, oppure è più realistica l’accusa di Gianni Tonelli, segretario generale del sindacato di polizia che, senza peli sulla lingua, dichiara: “Il governo ci ha mandato al macello”. Basti guardare una delle tante foto pubblicate dal quotidiano “Il Giornale” per rendersi conto di come siano andate veramente le cose.

A conclusione: l’impressione che si ricava dalla recente lettura dei giornali, dai telegiornali, dai mass media nel loro complesso (in generale parlando, le eccezioni ci sono sempre) scaturisce l’inevitabile impressione che si voglia “minimizzare” qualsiasi argomento che, in un modo o in altro, possa destare “preoccupazione”, se non “allarmismo”. La parola d’ordine (mai espressa da qualcuno, per quanto risulta) sembra essere “m i n i m i z z a r e”. Alla fine, per i mass media, una sorta stravagante di “autocensura”…

RIPORTIAMO L’EDITORIALE DI ALESSANDRO SALLUSTI, PUBBLICATO IERI DOMENICA 3 MAGGIO SU “IL GIORNALE”

La trattativa Stato-black bloc

La verità non la sapremo mai. Perché in questi casi la verità può essere indicibile. C’è stata una trattativa tra Stato e black-bloc per evitare che una tragedia macchiasse in modo indelebile Expo 2015, pregiudicandone il successo? In altre parole: lo Stato ha permesso che una banda di delinquenti mettesse a ferro e fuoco un quartiere di Milano ottenendo in cambio che nessuno si facesse davvero male e che la cosa finisse lì? È molto probabile, direi praticamente certo, riavvolgendo il film degli scontri di venerdì pomeriggio.

Per capirci meglio: le forze dell’ordine eseguono gli ordini alla lettera. Se la disposizione è di menarle di santa ragione loro menano, se l’ordine è di prenderle loro le prendono. Se c’è da arrestarne cento, cento saranno. Se per salvare la faccia basta ammanettarne cinque – dico cinque, come è accaduto venerdì – i primi cinque pirla finiscono in questura e lì finisce. Morale: il ministro degli Interni fa la figura dell’incapace – cosa che gli riesce bene a prescindere – ma salva il posto. Regione e Comune si affrettano a dire che pagheranno i danni a cittadini e commercianti che hanno subito danni: quarantotto ore di bailamme e di sdegno su giornali e tv e poi è tutto dimenticato. Ma soprattutto l’Expo è salvo e, scommetto, per i prossimi sei mesi nulla più accadrà di sconveniente o grave, almeno su questo fronte.

Tecnicamente tutto questo si chiama «ragione di Stato», cioè tutelare un presunto interesse superiore.

Non è un male assoluto, è che questo Stato ha abbassato di molto l’asticella della «ragione». La sindrome G8 di Genova, con tutto quello che ne è derivato, ha indebolito i concetti di diritto e di difesa. Guai se un no global finisce all’ospedale dopo che la polizia italiana è stata bollata come «torturatrice» dalla Corte europea. Meglio rischiare che la testa se la spacchi un poliziotto o un cittadino. Passi per incapace ma non per fascista. Non condivido, ovviamente, ma siamo purtroppo in pochi a pensarla così. Che almeno Alfano, il capo della polizia e il governo che trattano con dei delinquenti abbiano il pudore di non licenziare un poliziotto, Fabio Tortosa (padre di due bambini), che su Internet ha manifestato il suo orgoglio di essere poliziotto e non torturatore. Occhio che dalla ragione di Stato alla vigliaccata di Stato il passo è breve.

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