Non sono pochi quelli che ammirano e apprezzano il premier Renzi: perché? “Perché – sostengono in molti – è uno che almeno sta facendo qualcosa”. E noi ci chiediamo: “Ma cosa ha fatto, o sta facendo Renzi?” Risposte fin troppo facili: ha rottamato i suoi leader, ha sfasciato il suo partito, il PD, ha messo a soqquadro la Scuola, non ha risolto le crisi economiche né ha dato lavoro (a giovani e meno giovani), e difende gli indagati della magistratura a spada tratta. Vi pare poco? Non sappiamo se questa marea di cose fatte è dovuta a ispirazioni sovrannaturali che sono calate su Matteo Renzi, o su ispirazioni di più basso profilo: prima o poi – a essere ottimisti – si scoprirà l’arcano.
Oggi siamo costretti a chiederci se un Uomo (non un Essere divino, badiamo bene), un Uomo come Matteo Renzi, che dove si muove rompe tutto, sia in grado di tenere unito un Paese che già presenta pesanti contrapposizioni, un Paese che da tempo affronta in solitario (e male) il problema dei migranti, un Paese che, oltre alle varie crisi, si trova a fare i conti con il terrorismo dopo che le forze dell’ordine sono state bistrattate e demotivate nella loro azione di sicurezza per la collettività.
Dal dopoguerra, probabilmente, questo che attraversiamo è uno dei momenti più contorti e difficili della Repubblica Italiana: chi ci rappresenta – dallo stesso Renzi, alla Boldrini, ad Alfano – fa parte di quella categoria politica che la gente comune rinnega, mostrando (purtroppo) il suo dissenso soltanto con l’abbandono delle urne.
Alfredo Reichlin recentemente (in casa Dem) ha parlato senza peli sulla lingua: “Il nodo politico è pensare alle forze reali, non a quelle che stanno a Montecitorio. Il nostro problema è quali sono queste forze: non sono Matteo Renzi, anche se occupa la scena, ma dietro di lui cosa c’è? Vedo un vuoto politico…”.
Ha proprio ragione Reichlin: c’è il “vuoto” e non solo politico. In queste condizioni come possono risolversi problemi come il terrorismo, l’immigrazione, la crisi economica, la mancanza di lavoro, eccetera eccetera?
Il Califfato dell’Isis ha dichiarato guerra all’Occidente e (era ora!) diversi Paesi europei hanno preso coscienza di questo dato di fatto. L’Italia? Per il governo di Renzi l’unica preoccupazione sembra quella di sistemare i migranti in alberghi a quattro stelle (lasciando marcire i terremotati nei containers) e difendendo a oltranza chi è già nelle mani della magistratura. I servizi segreti mettono in guardia: “La minaccia interessa anche l’Italia, potenziale obiettivo di attacchi pure per la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità evocata, di fatto, dai reiterati richiami alla Conquista di Roma presenti nella propaganda jihadista”. Il terrorismo è qualcosa di viscido che scivola spesso nell’indifferenza generale. Gli ultimi tre attacchi – quello di Sousse, di Lione e di Kuwait City – hanno dimostrato ampiamente quali sono le strategie dello Stato Islamico. Il triplice attentato, infatti, è stato ben organizzato e pianificato. Come ha sostenuto Marco Lombardi, responsabile di Itstime (Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies) dell’Università Cattolica di Milano, “Dietro c’è una grande programmazione e una forte componente simbolica. Ci stanno dicendo che stanno arrivando, o forse che sono già qui. I tre attentati del 26 giugno sono solo il colpo a effetto. Questi attacchi non arrivano in maniera casuale”.
In queste condizioni gli italiani (tutti) sono nelle mani di questo governo, mentre continuano a regnare forze occulte che sovrastano il destino di intere collettività. Avere fiducia in Matteo Renzi?
Si salvi chi può…