In mano all’ISIS anche missili

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Di Salvo Barbagallo

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Brutta sorpresa per l’Egitto: l’ISIS ha in mano missili e sa come usarli: una nave militare per il trasporto truppe è stata colpita davanti le coste del nord Sinai: un’azione che segue ad appena due settimane di distanza la battaglia di terra a Sheick Zuwaid nella quale i jihadisti sono riusciti ad uccidere cento soldati, inclusi 14 ufficiali. Il generale Mohammed Samir, portavoce militare egiziano, parla di “attacco terroristico” senza fornire dettagli sull’entità dei danni subiti, così come delle eventuali vittime. Il missile terra-mare è stato lanciato da circa un miglio di distanza: le immagini dell’impatto dell’ordigno sull’unità militare egiziana sono state diffuse dall’ISIS che ne ha rivendicato l’attacco.

Adesso gli esperti militari (ovviamente non solo egiziani) si chiedono quali tipi di armamenti non conosciuti siano in possesso degli jihadisti del Califfato nero, quale possa esserne l’effettiva consistenza e quale ulteriore minaccia possano rappresentare.

Gianluca Di Feo in un suo recente reportage dalla Libia ha raccontato come le milizie fondamentaliste di Tripoli abbiano trasformato venti autoblindo Puma dell’Iveco (regalate dall’Italia al neogoverno due anni fa, nel febbraio 2013, per contribuire alla rinascita di un apparato statale dopo la fine di Gheddafi) in lanciamissili temibili. Un regalo? No, di certo. Quel “tipo” di mezzi blindati non aveva dato una buona riuscita in Afghanistan, e quindi vennero ritirati dai campi di battaglia. Di Feo afferma: “L’omaggio voleva anche essere lo stimolo per una successiva vendita dei surplus all’armata di Tripoli e per questo abbiamo fornito un pacchetto completo: nel cadeux era compreso l’addestramento degli equipaggi e una scorta di ricambi. Dopo la cerimonia ufficiale di consegna, presenziata dall’allora ministro Giampaolo Di Paola, i militari locali hanno fatto una gran festa al nuovo regalo”.

Una “storia” che ricorda quella della vendita dei carri armati italiani obsoleti venduti a Gheddafi negli Anni Settanta/Ottanta che aprì un contenzioso (mai risolto) Libia-Italia.

Purtroppo armi che possono considerarsi “superate” da quelle con nuove tecnologie possono pur sempre nuocere e, come stanno dimostrando le milizie fondamentaliste libiche, possono essere “adattate” per altri scopi, diversi da quelli originari. Gianluca Di Feo fa notare che a Tripoli “tecnici locali” sui Puma dell’Iveco “hanno installato un lanciatore trinato per missili antiaerei russi Kub: gli stessi che un anno fa si ritiene abbiano abbattuto il Boeing malese sul cielo ucraino, uccidendo 298 persone”.

Ora quest’ultimo episodio dell’ISIS dimostra come in questi scenari di guerra non sia difficile la circolazione di armamenti e dimostra pure (se mai occorresse) che a guadagnarci dai conflitti bellici (locali e meno locali) sono costantemente e principalmente le industrie belliche. Il missile che ha colpito la nave egiziana in qualche parte del mondo è stato fabbricato e poi (chissà come…) è finito nelle mani degli jihadisti.

Il governo di Matteo Renzi in questi giorni ha altro da pensare che non al pericolo dell’ISIS che si trova già alle porte del Paese: il “pericolo” più attuale è quello delle intercettazioni telefoniche che sono piovute sulle sue spalle come un tornado inatteso. Altro che crisi della Grecia!… Quella italiana sembra essere non-stop.

*NdR: nell’immagine, una foto degli autoblindo PUMA trasformati in lanciamissili a corredo del reportage di Gianluca Di Feo.

 

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