La zona franca del libero caos

Condividi questo articolo?

di Salvo Barbagallo

Pubblicità

 

A Barcellona il 27 e 28 novembre del 1995 venne presentata come “Atto fondatore”, la Dichiarazione di un partenariato globale tra l’Unione Europea e dodici Paesi del Sud del Mediterraneo, con lo scopo di “rendere il Mediterraneo uno spazio comune di pace, stabilità e prosperità, attraverso il rafforzamento del dialogo politico e sulla sicurezza, la cooperazione economica e finanziaria, sociale e culturale”. Gli Stati membri dell’UE e dei dodici Paesi terzi mediterranei (PTM): Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità palestinese si impegnavano a “favorire la nascita di uno spazio comune di pace e di stabilità del Mediterraneo”. Un obiettivo che doveva essere raggiunto grazie al dialogo politico multilaterale, a complemento dei dialoghi bilaterali previsti ai sensi degli accordi euromediterranei di associazione. I Paesi che hanno sottoscritto il Trattato si impegnavano a rispettare:

Pubblicità

* I diritti umani e le libertà fondamentali, attraverso l’applicazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo  e del diritto internazionale, nonché a scambiare informazioni;

* I principi dello Stato di diritto e della democrazia, riconoscendo il diritto di ciascun partecipante di scegliere e sviluppare liberamente il suo sistema politico, socioculturale, economico e giudiziario

* La sovranità degli Stati, l’uguaglianza di diritti dei popoli e il loro diritto all’autodeterminazione

* L’integrità territoriale, il principio di non intervento negli affari interni e la composizione pacifica delle controversie;

* A combattere il terrorismo, la criminalità organizzata e il traffico di droga;

*.A promuovere la sicurezza regionale, eliminare le armi di distruzione di massa, aderire ai regimi di non proliferazione nucleare sia internazionali che regionali, nonché agli accordi sul disarmo e sul controllo degli armamenti.

* A instaurare una zona di libero scambio (ZLS) che deve tradursi con la progressiva eliminazione degli ostacoli doganali (tariffari e non tariffari) agli scambi commerciali dei prodotti manufatti. I partner prevedono altresì una liberalizzazione progressiva degli scambi dei prodotti agricoli e dei servizi.

Nulla di tutto ciò che è stato sottoscritto a Barcellona dieci anni addietro è stato rispettato, a dimostrazione che i Trattati ben poca cosa sono se non esiste la “volontà” di farli rispettare e di onorare le firme dei rappresentanti dei Paesi che li hanno sottoscritti.

Le “avvisaglie”, anzi la “prova” che il Trattato di Barcellona fosse destinato a finire nel cestino della carta straccia si è avuta sei anni addietro, quando si notò che non c’era alcuna intenzione da parte dei Paesi sottoscrittori di applicare l’area di libero scambio nel bacino del Mediterraneo, che doveva prendere l’avvio un anno dopo, nel 2010. Il grido di allarme venne lanciato anche dal nostro giornale, ma cadde nel vuoto. Il disastro previsto ebbe conferma con la guerra e l’eliminazione di Gheddafi in Libia, con lo svilupparsi delle pseudo “primavere arabe”, con la nascita (o creazione) del Califfato jihadista e gli orrori che ne sono seguiti, con il terrorismo che dilaga a tutti i livelli, con le centinaia di migliaia di persone che fuggono dai loro Paesi in guerra e che si riversano sul Mediterraneo per raggiungere le coste italiane e l’Europa.

La condizione attuale in cui l’area del Mediterraneo si trova non può considerarsi di certo positiva. Non occorrono analisti di fama per rendersi conto che il denominatore comune che caratterizza la vita di molti Paesi sia l’instabilità totale: la crisi economica, politica, morale ostacola e mette in ginocchio i pochi tentativi portati avanti per cambiare lo stato delle cose. Non ci sono né leadership, né “guide” credibili in grado di indicare un percorso che possa essere condiviso. Il panorama politico, economico e finanziario continua inesorabilmente nella sua discesa libera, e la Grecia ne costituisce una pesante lezione. Malgrado la palese parzialità delle notizie ovattate e manipolate che vengono regolarmente propinate attraverso i mass media, la realtà si rivela ben più grave di quella che viene mostrata. Ci sono guerre di cui non si parla più, o alle cui vicende comunque ci si è quasi assuefatti, tanto che ormai non fanno più notizia, le “emergenze” si sono moltiplicate, all’orizzonte nessuna soluzione.

Questo stato di cose a quale disegno globale è riconducibile? A chi giova ed a cosa ci porta tale situazione? Verso quale processo ci stiamo avviando? Il pericolo maggiore deriva dalla mancanza di risposte a questi interrogativi.

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.