di Carlo Barbagallo
Il “caso” dei Marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ci spinge a chiederci “Che Paese siamo” allorquando registriamo le dichiarazioni del diplomatico ed ex ministro degli esteri Giulio Terzi che suggerisce di affidare la soluzione della questione alla Croce Rossa Internazionale. Evidente la buona fede di Terzi: costretto a notare come il Governo italiano non si è dimostrato in grado di tutelare i due fucilieri della Marina Militare Italiana ha ritenuto che la Croce Rossa possa avere più possibilità di svolgere un ruolo determinante. Non solo, la Croce Rossa già lo scorso anno aveva dato la sua disponibilità al Governo il quale – a quanto ha dichiarato lo stesso Giulio Terzi all’Agenzia di stampa AdnKronos – non ha dato alcun seguito alla proposta.
Emblematico questo “caso” che ormai si trascina dal 2012, dal giorno in cui, i due fucilieri, imbarcati sulla petroliera italiana Enrica Lexie come nuclei militari di protezione, vennero accusati di aver ucciso due pescatori il 15 febbraio a bordo di un’imbarcazione al largo della costa del Kerala, stato dell’India sud occidentale. Complesso e ovviamente controverso lo svolgersi degli avvenimenti: la “Enrica Lexie” petroliera battente bandiera italiana navigava verso Gibuti, con un equipaggio di 34 persone e con a bordo 6 fucilieri di marina (il capo di 1ª classe Massimiliano Latorre, il secondo capo Salvatore Girone, il sergente Renato Voglino, il sottocapo di 1ª classe Massimo Andronico e i sottocapi di 3ª classe Antonio Fontana e Alessandro Conte[2]) del 2º Reggimento “San Marco” della Marina Militare in missione di protezione della nave mercantile in acque a rischio di pirateria. Poco distante dalla nave italiana si trovava il peschereccio indiano “St. Antony” con un equipaggio di 11 persone. Verso le 16:30, ora locale, la nave italiana incrocia un’imbarcazione e i marò a bordo, convinti di trovarsi sotto attacco pirata, sparano. La “St. Antony” rientrato in porto, dichiara alla guardia costiera del distretto di Kollam di essere stata fatta oggetto di colpi di arma da fuoco da parte di una nave mercantile; colpi che hanno ucciso due membri dell’equipaggio. La guardia costiera indiana contattava via radio la “Enrica Lexie” chiedendo se fosse stata coinvolta in un attacco pirata e, dopo aver ricevuto conferma, richiede al comandante di attraccare al porto di Kochi. Umberto Vitelli, asseconda le richieste della guardia costiera indiana e attracca nel porto indiano. Il 19 febbraio 2012 i due fucilieri di marina (marò) Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono arrestati con l’accusa di omicidio.
L’intera vicenda è più che nota e ripetere tutte le tappe che l’hanno caratterizzata sarebbe come rigirare un coltello nella piaga. L’opinione pubblica si è fatta sentire e in tanti si sono chiesti perché il Governo italiano si sia espresso solo “formalmente” a favore dei due marò avanzando anche la proposta di un arbitrato internazionale nell’ambito della Convenzione dell’Onu sul diritto del mare (Unclos) (poiché l’India è firmataria di tale Convenzione che con l’articolo 287 fornisce metodi di soluzione delle dispute) e non ha messo in campo tutte le prerogative che possiede per porre fine a una situazione paradossale. La Corte Suprema indiana non ha ancora dato seguito a questa richiesta, e intanto fra tre giorni (il 15 luglio) scade l’autorizzazione per Latorre di restare in Italia per seguire terapie legate all’ictus subito il 31 agosto scorso.
Come dare torto al direttore del quotidiano “Il Giornale” Alessandro Sallusti che ha affermato, senza peli sulla lingua “… quando penso ai nostri marò, beh, penso che questo Paese ha ormai perso il senso dell’onore”.